L'impatto sociale dell'apocalisse robotica

RoboticaRobotica e intelligenza artificiale continueranno a progredire – ma senza un vero cambiamento politico, come una tassa, quello che succederà potrà oscillare tra “male e male apocalittico”

I robot devono pagare le tasse?

Può sembrare strano, ma parecchia gente importante recentemente si è fatta questa domanda, per timore, forse, che l’impatto di una crescente automazione, possa richiedere che si introduca una “robot-tax” a tempi brevi.

All’inizio di questo mese, il Parlamento europeo ha preso in considerazione una proposta di Benoît Hamon, del partito socialista francese, candidato presidenziale – spesso assimilato nel suo paese a Bernie Sanders – che ha inserito una robot-tax nel suo programma. Anche Bill Gates recentemente ha appoggiato l’idea.

Le proposte variano, ma condividono una premessa comune. Dato che macchine e algoritmi diventano sempre più intelligenti, presto sostituiranno una fetta sempre più ampia della forza lavoro. Una tassa sui robot potrebbe far aumentare le entrate per riqualificare i lavoratori licenziati, o per fornire loro un reddito di base.

Negli USA i Robot elimineranno il 6% di tutto il lavoro entro il 2021

La buona notizia è che questa apocalisse robotica non è ancora arrivata. Nonostante un flusso costante di titoli allarmanti che parlano di computer intelligenti che inghiottiranno tutto il nostro lavoro, i dati economici dicono che l’automazione non avviene su larga scala. La cattiva notizia è che quando comincerà, si creerà il livello di disuguaglianza che si creerà, farà sembrare al confronto, che l’America di oggi sia una utopia di eguaglianza sociale.

La vera minaccia che rappresentano i robot non è che diventeranno il male che ci ucciderà tutti, ma il problema è quello che non fa dormire Elon Musk – e cioè che i robot faranno aumentare a dismisura le disparità economiche fino ad un punto tale che, letteralmente, la stragrande maggioranza delle persone non potrà più vivere. Una tassa sui robot può o non può essere uno strumento politico che serve per scongiurare questo scenario, ma è un buon punto di partenza per parlarne seriamente. L’automazione di massa presenta un grave problema politico, un problema che richiede una soluzione politica seria.

L’automazione non è cosa nuova. Alla fine del 16° secolo, un inventore inglese sviluppò una macchina per la maglieria nota come stocking frame. A poco a poco, i lavoratori passarono da una media di 100 punti al minuto al telaio ad una media di 1.000 punti al minuto. Questo era il modello di base, ripetuto poi per secoli: quando la tecnologia migliora, si riduce la quantità di lavoro necessario per produrre un certo numero di prodotti.

La vera minaccia … è che – questa volta – aumenteranno le disparità economiche fino ad un punto che la vita diventerà invivibile.

Finora, tuttavia, questo fenomeno non è ancora arrivato a produrre una disoccupazione estrema. Questo perché l’automazione può creare posti di lavoro così come può distruggerli. Un esempio recente sono i cassieri delle banche: i primi sportelli automatici apparvero nel 1970, ma il numero totale degli sportelli è molto cresciuto da allora. Così i bancomat hanno reso più conveniente tenere aperta una filiale e le banche hanno aperto più filiali, portando ad un esubero generale dei cassieri, infatti la loro job description è cambiata e oggi passano più tempo a vendere i servizi finanziari che a distribuire denaro – ma i lavoratori sono ancora lì.

Quello che è diverso questa volta è la possibilità che la tecnologia diventi tanto sofisticata, da non lasciare più nulla che debbano fare degli esseri umani. Cosa succederà se lo sportello ATM potrà, non solo, darvi qualche centinaio di dollari, ma se potrà anche vendervi un mutuo a tasso variabile? Mentre si parla tanto di intelligenza artificiale, ci sono stati progressi importanti negli ultimi anni e non è escluso che siano all’orizzonte scoperte molto più grandi. Invece di limitarsi a trasformare il lavoro, la tecnologia potrebbe cominciare ad eliminarlo. Invece di rendere possibile creare più ricchezza con meno lavoro, l’automazione potrebbe rendere possibile la creazione di più ricchezza senza nessun lavoro.

Che cosa c’è di male in una ricchezza prodotta senza lavoro? Dipende da chi entrerà in possesso di questa ricchezza. Sotto il capitalismo, i salari corrispondono ad una parte di quanto viene prodotto con il lavoro. La parte è sempre stata piccola, rispetto al quanto scivola in tasca ai proprietari del capitale. E nel corso degli ultimi decenni, questa parte è diventata ancora più piccola: la quota di reddito nazionale che va ai salari è in costante contrazione, mentre la quota che va al capitale è costante in crescita. La tecnologia ha reso i lavoratori più produttivi, ma i maggiori profitti vanno verso l’alto, non verso il basso. La produttività è aumentata del + 80,4% tra il 1973 e il 2011, ma la vera retribuzione oraria del lavoratore medio è salita solo del + 10,7%.

Per quanto siano preoccupanti questi dati, l’automazione di massa rischia di essere molto peggio. Se si pensa che la disuguaglianza è già un problema, provate ad immaginare un mondo dove i ricchi possono diventare ancora più ricchi da soli. Una volta che il Capitale che si libera dal lavoro (che serve per produrlo) sarà la fine non solo per il lavoro, ma sarà la fine anche del salario. E senza il salario, i lavoratori perdono il loro unico accesso alla ricchezza – o per meglio dire al loro unico mezzo di sopravvivenza – e perderebbero anche la loro fonte primaria di potere sociale. Finché saranno i lavoratori a controllare i luoghi di produzione, potranno bloccarli. Lo sciopero è ancora, per i lavoratori, l’arma più efficace di cui dispongono, anche se ormai la usano sempre più raramente. Una economia completamente automatizzata li renderebbe non solo ridondanti – esuberi – ma impotenti.

Se si pensa che la disuguaglianza sia un problema ora, immaginiamoci un mondo dove i ricchi possono diventare più ricchi da soli.

Nel frattempo, un capitale-robotico permetterebbe ad una élite dei ricchi di staccarsi completamente dal resto della società. I ricchi che vivono tra jet privati e isole private, già dedicano una gran parte del loro tempo ad isolarsi dalle altre persone. Ma anche il miglior bunker di lusso fortificato deve avere dei legami con il mondo esterno, per il fatto che il capitale ha ancora bisogno del lavoro (umano) per riprodursi. L’automazione di massa permetterebbe di recidere questo nodo. Appena i ricchi avranno a disposizione una infinita ricchezza prodotta senza lavoro umano, le élite potrebbero rinchiudersi in un paradiso dorato, lasciando le masse di disoccupati a marcire fuori.

Se questo scenario non appare abbastanza desolante, allora pensiamo alla possibilità che l’automazione di massa potrebbe portare non solo all’impoverimento di chi lavora, ma anche al loro annientamento. Peter Frase, nel suo libro Four Futures, ipotizza che le orde di gente economicamente ridondante – gli esuberi – che stanno fuori dai cancelli, sarebbero tollerati solo per un certo tempo. Dopo tutto, potrebbero non stancarsi di restarsene lì (fuori dai cancelli) – e questo potrebbe provocare un sacco di fastidi. “Che cosa succederebbe se le masse diventassero pericolose ma, non essendo più classe operaia, non avessero anche perso qualsiasi valore per chi governa?” – Scrive Frase: ”A qualcuno potrebbe venire l’idea che forse sarebbe meglio sbarazzarsene – Frase dà a questa ipotesi-di-futuro un nome, appropriato e spaventoso: “exterminism” – un mondo caratterizzato da una guerra genocida dei ricchi contro i poveri”.

Queste distopie possono sembrare fantascienza, ma sono perfettamente plausibili data la nostra attuale prospettiva. La tecnologia della robotica e dell’intelligenza artificiale continuerà a migliorare – ma senza un cambiamento politico sostanziale, il risultato potrà variare da negativo ad apocalittico per la maggior parte delle persone. Ecco perché vale la pena prendere sul serio i recenti rumors su una robot-tax, che oggi può rappresentare una opportunità per sviluppare una risposta politica all’automazione di massa, prima che sia troppo tardi.

Quando chiesi a Matt Bruenig, uno dei massimi pensatori della sinistra, qual era il suo pensiero, mi spiegò che qualsiasi cosa facciamo, non dovremmo cercare di scoraggiare l’automazione. “Il problema con i robot, non è la produzione ed il loro utilizzo per la produzione – cosa che effettivamente è un bene per la produttività.” mi ha detto. “Il problema è che i robot sono di proprietà dei ricchi, il che significa che il reddito che producono resta quasi completamente in mano alla gente ricca”.

I robot che ammazzano il lavoro sono una cosa buona, in altre parole, lo sono se la prosperità che producono viene distribuita a tutta la popolazione. Un report di Oxfam uscito all’inizio di quest’anno ha rivelato che gli otto uomini più ricchi del mondo possiedono più ricchezza di metà della razza umana. Immaginate a che livello potranno arrivare queste cifre se l’automazione accelererà ancora questa discriminazione. Ad un certo punto, una piccola manciata di miliardari potrà controllare quasi al 100% di tutta la ricchezza della società.

Poi, forse, l’idea che la ricchezza deve essere proprietà di molti, e non monopolizzata da pochi, non sembrerà più così radicale, e quindi non sarebbe sbagliato, fin da adesso, assicurarci che si cominci con un po’ di dolorosamente necessaria redistribuzione – prima che il capitalismo-dei-robot ci uccida tutti noi.

Autore: Ben Tarnoff / Articolo originale: theguardian.com / Fonte: comedonchisciotte.org Traduzione a cura di: Bosque Primario