Allarme batteri resistenti agli antibiotici

Allarme batteri resistenti agli antibioticiIl fenomeno dell'antibioticoresistenza, che rende i batteri immuni agli antibiotici e quindi praticamente invincibili, è sempre più diffuso nel mondo, a causa soprattutto dell'errato uso (e abuso) degli antibiotici stessi. Un fenomeno allarmante anche in Italia, che anzi presenta numeri da record che la collocano al di sopra della media europea per la presenza di questi “super-batteri”.

Secondo la sorveglianza dell'antibiotico-resistenza dell'Istituto superiore di sanità (Ar-Iss) coordinata dal Cnesps (Paolo D'Ancona) e dal Mipi (Annalisa Pantosti), in Italia la resistenza agli antibiotici si mantiene purtroppo tra le più elevate in Europa e quasi sempre al di sopra della media europea. Nel quadriennio 2010-2013 nelle specie Gram-negative si è osservato un trend prevalentemente in aumento.

Questo incremento è relativo soprattutto ai fluorochinoloni, cefalosporine di terza generazione e aminoglicosidi in E. coli, K. pneumoniae. L'aumento è stato rilevato per Pseudomonas aeruginosa per piparacillina+tazobactam, ceftazidime, aminoglicosidi. Drammatico è stato l'aumento della resistenza ai carbapenemici in K. pneumoniae che in 6 anni è aumentata da meno dell'1% delle Klebsielle resistenti nel 2008 al 34% nel 2013.

I dati di resistenza per i patogeni Gram positivi sono invece tendenzialmente stabili, ma sempre elevati: in S.pneumoniae la non sensibilità alla penicillina (14% del 2013) è in leggero aumento rispetto gli anni precedenti mentre la resistenza ai macrolidi (25% nel 2013) è in leggero calo rispetto agli anni precedenti; in S.aureus la resistenza alla meticillina (36% nel 2013) è sostanzialmente stabile. La sorveglianza ha confermato, inoltre, che i livelli di resistenza sono più alti al Centro e al Sud rispetto al Nord Italia, dato strettamente in relazione con il maggior consumo di antibiotici registrato in queste aree geografiche.

I cambiamenti nei dati italiani vanno interpretati con cautela a causa della variabilità dei laboratori partecipanti che negli ultimi due anni includono un maggior numero di laboratori del Sud Italia. Molti di questi dati sono contenuti nel rapporto “Antimicrobial resistance surveillance in Europe 2013”, pubblicato a novembre 2014 dallo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc).

Il rapporto fornisce i dati sulla resistenza agli antibiotici di sette patogeni invasivi, di grande importanza per la sanità pubblica (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Streptococcus pneumoniae, Staphylococcus aureus, Acinetobacter ed enterococchi) presentando per il 2013 le informazioni segnalate da 30 Paesi ma anche le analisi dei trend per il periodo 2010-2013.

Di fronte all'aumentata resistenza ai carbapenemi, che sono gli antibiotici di ultima linea per le infezioni da patogeni multiresistenti, sottolineano gli esperti, le alternative terapeutiche sono estremamente scarse. Una possibilità è rappresentata dall'utilizzo di colistina, un vecchio antibiotico con problemi di tossicità, verso il quale, però, i ceppi di K. pneumoniae stanno sviluppando resistenza. Infine, nonostante i dati europei mostrino mostrano una riduzione della percentuale di Mrsa (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) tra il 2010 e il 2013 in tutti i Paesi Ue/See, nel 2013, 7 Paesi su 30 hanno segnalato percentuali di Mrsa superiori al 25% e in Italia questo valore ancora intorno al 36%.

Rezza (Iss), notizia che preoccupa

“Non si tratta di una novità assoluta, ma questo non vuol dire che non sia un caso importante che deve essere trattato con le dovute cautele”. Per Gianni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) il caso della donna colpita negli Stati Uniti è “comunque una notizia che desta una certa preoccupazione - spiega all'AGI - perché la resistenza dimostrata da questo batterio è proprio contro una classe di antibiotici che è considerata come l'ultima frontiera terapeutica”. “Occorre però ricordare - aggiunge Rezza - che casi come quello della donna americana, sono piuttosto rari”. I provvedimenti da adottare per far fronte alla crescente comparsa di focali di batteri resistenti sono sempre gli stessi. “Bisogna aumentare le condizioni di igiene degli ospedali - spiega Rezza - e promuovere un uso sempre più appropriato degli antibiotici. Poi occorre che vengano prodotti nuovi farmaci”.

Allarme batteri, boom resistenza ad antibiotici

Ormai gli allarmi lanciati per la scoperta di batteri sempre più resistenti agli antibiotici non fanno che ripetersi. Quelle che in queste ore arriva dagli Stati Uniti, dove una donna in Pennsylvania è stata infettata da un ceppo di escherichia coli super resistente è infatti solo l'ultimo episodio salito agli allori delle cronache internazionali. Dietro al singolo caso si nasconde in realtà un fenomeno che sta letteralmente tenendo col fiato sospeso le strutture sanitarie internazionali. “L'era post-antibiotici, nella quale infezioni comuni e lievi ferite possono diventare mortali, ormai lontana dall'essere considerata una fantasia apocalittica, è diventata invece una reale possibilità del XXI secolo”. Così Keiji Fukuda Vicedirettore per la Sicurezza Sanitaria dell'Oms apriva la prefazione al primo Rapporto Globale sulla resistenza antimicrobica (AMR). Era la fine di aprile del 2014, due anni fa. Da allora i bollettini epidemiologici di tutto il mondo non hanno fatto altro che registrare l'insorgere di focolai di infezione di batteri resistenti a questo o a quel tipo di antibiotico.

Sia i Centers For Disease and Control (CDC) Americani che i loro omologhi europei hanno infatti attivato sistemi di sorveglianza molto accurati sulla diffusione dei superbugs. È proprio da queste resti di sorveglianza che arrivano le notizie di una diffusione crescente di queste infezioni non solo negli uomini, ma anche negli animali. Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, ha affermato: “Ogni anno nell'UE le infezioni causate da batteri antimicrobico-resistenti causano circa 25 000 decessi, e la minaccia non è confinata alla sola Europa. Si tratta di un problema mondiale che richiede una soluzione mondiale. In Nigeria, ad esempio, alcuni studi suggeriscono che circa l'88 per cento di infezioni da Staphylococcus aureus non possono essere trattate con meticillina - una volta considerata una potente arma contro questo tipo di batterio”.

Questo problema sembra essere particolarmente sentito, secondo i dati pubblicati dal Rapporto dell'OMS, nei paesi delle cosiddette economie emergenti: i paesi del “BRIC”: Brasile, Russia, India e Cina. In Italia la resistenza alla meticillina supera il 38 per cento, si tratta di un'emergenza non trascurabile, è stato stimato che le persone affette da MRSA (methicillin-resistant Staphylococcus aureus) hanno il 64 per cento di probabilità di morte in più rispetto alle persone che non hanno sviluppato un'infezione resistente ai farmaci.

Allarme 'super batterio' negli Usa

È un “super batterio”, resistente a tutte le classi di antibiotici finora a disposizione. Praticamente invincibile. è allarme negli Stati Uniti per la scoperta dell'infezione di un batterio capace di resistere anche agli antibiotici con colistina, usati di norma come ultima istanza, grazie al gene Mcr-1 che lo rende immune a tutti gli attacchi antibiotici. L'infezione ha colpito una donna di 48 anni della Pennsylvania, sulla quale nessun antibiotico ha fatto effetto.

Il caso è stato pubblicato sulla rivista 'Antimicrobial Agents and Chemotherapy' dell'American Society for Microbiology. Secondo gli esperti si tratta di una notizia allarmante: la colistina è considerata appunto “l'ultima spiaggia” degli antibiotici, e se un batterio riesce a sopravvivere anche a questa, è pressoché impossibile fermarlo. Potrebbe essere, scrivono i media americani, “la fine della strada” per gli antibiotici. solo pochi mesi fa in Cina era stato scoperto il primo batterio capace di resistere alla colistina, ma si sperava fosse un caso isolato.

Oggi la stessa scoperta in America, e si teme che batteri simili possano svilupparsi anche in Europa e in Asia. Anche perché il Dna del “Super batterio”, con il gene Mcr-1, può diffondersi rapidamente tra le specie. Secondo Thomas Frieden, direttore dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Usa, “la preoccupazione è alta. Possiamo dire che già oggi per alcuni pazienti l'armadietto dei medicinali è vuoto. Può essere la fine per gli antibiotici, se non agiamo con urgenza”.

L'allarme è stato lanciato anche dall'Economist, che dedica l'ultima copertina proprio ai super batteri e affronta l'argomento nel più ampio contesto delle case farmaceutiche e delle strategie che dovrebbero essere prese a livello governativo per informare i cittadini sul funzionamento degli antibiotici e su come poter intervenire per fermare la diffusione della resistenza. La politica può anche incoraggiare “nuovi modelli commerciali” per far sì che le case farmaceutiche collaborino per trovare una soluzione comune al problema. Perché la resistenza anti-microbica non ha un'unica soluzione e deve essere combattuta su diversi fronti. A cominciare proprio dal consumo e dall'uso su vasta scala che degli antibiotici si fa.

Fonte: agi.it