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Un dato sconcertante pubblicato da autorevoli riviste scientifiche americane, dove si legge che dei malati di tumore trattati esclusivamente con la chemioterapia, solo il 2,5% di essi raggiunge i 5 anni di vita.
Aspettative di vita di molto superiori invece con il Metodo Di Bella, ma guai a chi pubblica i risultati su questa cura!
Nel 2014 sono stati pubblicati da Neuroendocrinology Letters, rivista scientifica recensita dalla massima banca dati scientifica mondiale www.pubmed.gov, due studi clinici sull’impiego del Metodo Di Bella (MDB) nei tumori della prostata e della mammella. Con questi, i casi di varie neoplasie complessivamente e favorevolmente trattate col Metodo di Bella salgono a 774.
Il progresso rilevante e il dato innovativo, senza precedenti nella ricerca oncologica e nella terapia del cancro, è costituito dal fatto di aver ottenuto, su tumori solidi, la completa e stabile remissione senza ricovero ospedaliero, senza intervento chirurgico, né radioterapia, né chemioterapia, ma unicamente mediante il Metodo Di Bella:
Evaluation of the safety and efficacy of the first-line treatment with somatostatin combined with melatonin, retinoids, vitamin D3, and low doses of cyclophosphamide in 20 cases of breast cancer: a preliminary report.
Di Bella G, Mascia F, Ricchi A, Colori B.
Neuro Endocrinol Lett. 2013;34(7):660-8.
The Di Bella Method (DBM) in the treatment of prostate cancer: a preliminary retrospective study of 16 patients and a review of the literature.
Di Bella G, Mascia F, Colori B.
Neuro Endocrinol Lett. 2013;34(6):523-8. Review.
Mentre l’informazione in Italia (anche se portata a conoscenza con documentazione dettagliata esauriente e completa) si è affrettata a censurare accuratamente ed ermeticamente quest’unico reale e documentato progresso nella terapia dei tumori solidi, (ottenuto senza chiedere e ottenere nulla per la ricerca scientifica, senza questue, sceneggiate televisive “giornate della vita” o vendite di arance verdure e ortaggi vari), le istituzioni sanitarie, e la cosiddetta autodefinita “comunità scientifica nazionale” non si sono interessate alle pubblicazioni per prendere atto di un risultato di per sé rilevante, né per esaminarne il razionale, i meccanismi biochimici e molecolari, le ampie conferme bibliografiche, che hanno consentito questo risultato.
C’è stata, al contrario, una mobilitazione generale, hanno scagliato anatemi e lanciato scomuniche contro il MDB, si sono scomodate società scientifiche, istituzioni sanitarie e comitati etici, per cercare ogni cavillo, ogni appiglio, ogni pretesto, ogni espediente, ogni scusa, per delegittimare, non il risultato, non le guarigioni, non l’essenza del problema, non le verità documentate e verificabili, (per cui non hanno assolutamente manifestato il benché minimo interesse, e che non potrebbero contestare), non la sostanza. Dalle irraggiungibili altezze siderali della loro onniscienza hanno sprezzantemente criticato la forma, la procedura, la metodologia delle pubblicazioni, il livello di valutazione della rivista che ha pubblicato gli studi (c.d. “Impact factor”).
Ma cos’è l’Impact Factor?
È una sorta di punteggio che viene assegnato ad ogni singola rivista, sulla base di una apposita selezione. La selezione delle riviste è svolta a totale discrezione di Thomson Reuters seguendo un approccio quali-quantitativo; le caratteristiche principali che consentono ad una rivista scientifica di essere presa in considerazione per la misura dell’IF sono:
- la puntualità nella pubblicazione dei fascicoli;
- l’applicazione di un processo di valutazione editoriale degli articoli basato sulla peer review;
- la presenza di un abstract e di informazioni bibliografiche in inglese;
- l’internazionalità degli autori;
- l’interesse per il contenuto scientifico in relazione anche alla attuale copertura della specifica categoria tematica o alla trattazione di argomenti emergenti;
- la presenza di dati citazionali sulla rivista (o sugli autori che vi scrivono) nel database di citazioni delle riviste già censite da Thomson Reuters.
E chi è Thomson Reuters?
Thomson Reuters, società nata il 17 aprile 2008, dalla fusione del colosso dell’informazione finanziaria canadese Thomson e la Reuters. L’accordo, raggiunto per 12,7 miliardi di euro, ha dato vita ad una delle più potenti e importanti società nel campo dell’informazione economico-finanziaria: il nuovo gruppo controllerà infatti il 34% del mercato, con il 33% detenuto da Bloomberg.
Probabilmente a questi eccelsi luminari è sfuggito l’ormai noto e da più parti denunciato meccanismo con cui vengono manipolati dalle multinazionali sia l’impact factor, che l’intera cosiddetta “Comunità scientifica”. È sufficiente leggere le dichiarazioni del Premio Nobel per la medicina Randy Scheckman che si ribella alle riviste scientifiche ai primissimi posti dall’Impact Factor, (come Science, Nature e Cell) e ammette che la ricerca in campo scientifico non è affatto libera ma in mano ad una “cerchia ristretta” (c.d. comunità scientifica). Dunque la ricerca scientifica, per il premio Nobel, “…sarebbe tutt’altro che indipendente” questa è l’accusa di Randy Sheckman che incalza sostenendo che “…ormai le riviste scientifiche non pubblicano contenuti in base alle ricerche ma in base all’interesse legato alle vendite…”.
(Per questo riviste indipendenti come Neuroendocrinology Letters , che hanno il coraggio di pubblicare le scomodissime verità scientifiche del Metodo Di Bella pagano la loro grande onestà morale con una grave penalizzazione dell’Impact factor).
“… In questo modo si crea un circolo vizioso perché anche i ricercatori sono spinti a modificare i risultati ottenuti e il loro lavoro per vedere pubblicate le loro ricerche…” Per questo Scheckman è convinto che questa sorta di “supervisore” (l’Impact factor) debba essere eliminato soprattutto per il bene della ricerca scientifica.
La Prof.ssa Marcia Angell, per 20 anni direttrice scientifica editoriale di una delle massime testate medico – scientifiche mondiali, New England Journal, nel suo volume “ The truth about Drug Companies” (La verità sulle case farmaceutiche), conferma e condivide in pieno la denuncia di Sheckman e fa riferimento ad ulteriori gravi denunce di altri autori (tra i quali Melody Petersen), lodandone l’impegno civile e l’approfondita indagine.
Segnaliamo tre libri-inchiesta: “Melody Petersen: Dacci oggi le nostre medicine quotidiane: venditori senza scrupoli, medici corrotti e malati immaginari” – “Ray Moynihan e Alan Cassels: Farmaci che ammalano: …le case farmaceutiche che ci trasformano in pazienti” – “Sauveur Boukris: Quelle medicine che ci fanno ammalare“. Ben Goldacre, medico ricercatore inglese nel suo libro: “La cattiva scienza” ( Bad science) denuncia il sistema della “comunità scientifica” dalle dinamiche perverse e poco trasparenti in cui sono coinvolti“ ”… soggetti dalla dubbia integrità morale…” “assecondano e diffondono il giudizio positivo su un determinato farmaco, basandosi su dati falsati dalle aziende farmaceutiche. Molto spesso, infatti, l’efficacia dei medicinali viene verificata in test clinici malamente progettati, condotti su un numero ridotto di pazienti poco rappresentativi e analizzati con tecniche che ne enfatizzano solo gli effetti positivi. Quando emergono dati negativi, la legge consente all’azienda di tenerli nascosti”.
Ormai le denunce documentate sono sempre più autorevoli, e numerose, es: -Uno studio sul British medical journal rivela che l’87% dei ricercatori che diede parere favorevole al farmaco per il diabete Avandia, prodotto dalla GlaxoSmithKline, sospettato di provocare infarti, avevano ricevuto denaro dai produttori del farmaco. Nel caso dell’Avandia la corruzione emerse anche fra i membri della commissione della Food and Drug Administration chiamata a valutare. Se consideriamo la manipolazione e l’asservimento della ricerca al profitto denunciate da autorevoli personalità, comprendiamo pienamente la desolante impotenza e la grave tossicità nei tumori solidi delle attuali terapie del cancro.
I dati scientifici oncologici, quelli veri, non quelli degli imbonitori dell’informazione di regime, smentiscono i trionfali successi dei ”farmaci antineoplastici di provata efficacia” magnificati dalle istituzioni sanitarie, documentandone un’inaccettabile percentuale di mortalità denunciata da un’agenzia della Reuters Healt [Wesport,CT]: “Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen…” (“Non ci si aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici…”).
Il dato è confermato dalla pubblicazione di Gerrard [Br.J. Cancer 1998 Jun 77(12) 281-5] con l’undici per cento di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da chemioterapia. Viene documentata una mortalità del 17% nella pubblicazione di Ghesquières H, Ferlay C e AA sulla rivista Ann Oncol. 2010 Apr;21(4):842-50. Epub 2009 Nov 13.dal titolo: Long-term follow-up of an age-adapted C5R protocol followed by radiotherapy in 99 newly diagnosed primary CNS lymphomas: a prospective multicentric phase II study of the Groupe d’Etude des Lymphomes de l’Adulte.
La sopravvivenza dei malati di tumore, quella vera, delle verifiche scientifiche, non giornalistico-televisive, è essenzialmente dovuta alla chirurgia, molto meno alla radioterapia, e per il 2,5% con chemio, e si riduce, nei pazienti operati, ad un 29% di sopravvivenza a 5 anni (Richards,BMJ2000;320:895–898). Del 29% pertanto solo il 2,5% era dovuto alla chemio, come pubblicato da Morgan G. e AA “The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5- year survival in adult malignancies”, sulla prestigiosa rivista oncologica Clin. Oncol [2004 Dec.16(8):549-60].
Questa fondamentale pubblicazione si basa su 14 anni di osservazione, 225.000 pazienti, 22 varietà tumorali, per accertare il reale contributo della chemio al raggiungimento dei 5 anni di sopravvivenza. L’avvilente risultato è questo: su cento ammalati la chemioterapia consente solo al 2,5% di raggiungere i 5 anni, dopo i quali, Lopez nello studio clinico “Long–term results…Experience at the 20 th…” GacMed Mex [1998 mar. Apr,134(2):145-5] ha accertato che metà dei pazienti sopravvissuti a cinque anni, nel lungo termine muore per tumore.
Il dato di fatto che, senza alcuna delle note, gravi e non raramente mortali, complicazioni tossiche della chemio, il MDB abbia documentato nella massima banca dati mondiale www.pubmed.gov risposte obiettive rilevanti e complete, anche in stadi avanzati di carcinomi della mammella in cui l’oncologia ammette notoriamente e chiaramente di essere impotente a ottenere simili risultati, per la “comunità scientifica”, è irrilevante.
Motivo ?
La rivista che ha pubblicato i risultati del MDB ha un basso impact factor, il Dr. Di Bella fa parte del comitato editoriale e il lavoro non segue (secondo loro), la corretta prassi metodologica. Pertanto un risultato scientifico e clinico di questa portata non conta assolutamente niente. La logica del ragionamento è ovviamente perfetta e ineccepibile, degna delle più eccelse e codificate procedure metodologiche, di impeccabili raccolte dati, di un’ortodossia sancita in quintali di inutili pubblicazioni metodologicamente perfette che hanno portato al nulla, al fallimento noto, conclamato e tragico precedentemente riportato, della cura del cancro che porta a uccidere con chemio dall’undici al diciassette per cento di pazienti in alcune neoplasie, e a 5 anni, a ottenere col la chemio ( in assenza di chirurgia ) il 97,5 % di ammalati neoplastici morti.
A fronte di questi noti e certificati risultati delle attuali terapie oncologiche istituzionali “di provata efficacia” è etico, razionalmente scientifico, morale, disprezzare e interdire terapie come il MDB che non provocano mortalità e neppure la rilevante tossicità della chemio, conseguono percentuali nettamente più elevate di miglioramenti in tutti gli stadi, fino alla documentata e stabile remissione (sconosciuta all’oncologia) in carcinomi prostatici e della mammella, senza intervento chemio e radio, con abbattimento evidente ed elevatissimo delle spese sanitarie e conseguente crollo del fatturato delle multinazionali.
Sollevare col MDB da drammatiche sofferenze, prolungare esistenze più dignitose e accettabili, salvare vite, documentare il tutto sulla banca dati scientifica mondiale ufficiale www.pubmed.gov, non serve assolutamente a nulla, non viene degnato della minima attenzione, non merita alcuna considerazione ma solo la sprezzante scomunica di questa cosiddetta “comunità scientifica”.
Fonte: informarexresistere.fr
Anonimo
Avete letto la ricerca?
Il 2% è un dato altamente fasullo, vero se analizzato fine a se stesso e non si vuole capire ma solo contestare le case farmaceutiche, oggi quando si viene curati dal cancro, si usa la chemioterapia , ma praticamente mai da sola, è sempre abbinata ad operazioni o radioterapia o altro.
In quella ricerca hanno analizzato solo persone che hanno subito solo ed esclusivamente chemioteraoia, senza nessun altro tipo di trattamento, NESSUNO.
La chemio da sola fa più fatica a distruggere le cellule cancerogene, ma fatta dopo o durante una radioterapia ha molta più efficacia. Quindi chi e quanit campioni hanno analizzato in quella ricerca? Pochi campioni visti i numeri indicati e persone che per varia natura hanno subito un trattamento anticancro parziale (cancro poco conosciuto, poco curabili o terminali)
Sempre nella ricerca si dice che oggi il 60% delle persone guarisce dal cancro, tutti i tipi di cancro (sempre riferimento a 5 anni dalla diagnosi) questo 60% come viene curato? Sempre e solo con chemioterapia, abbinata ad altri trattamenti.
Scusate l'esempio banale e magari un po' stupido, ma gli spermatozoi se messi in un bicchiere non generano bambini, ma se abbinati nel modo giusto creano la vita.
Anonimo
I componenti velenosissimi della chemio
Quando, esaudendo le sue ultime volontà, ho proceduto alla cremazione del corpo di mia madre, ho dovuto firmare un documento in cui dichiaravo che ella non era stata curata con la chemio (pur non essendo mai stata malata né morta di cancro).
Ecco: se i componenti della chemio rimangono così tossici e cancerogeni perfino dopo una combustione ad alte temperature (credo a poco meno di 900°C), credo di poter escludere la probabilità che possano curare qualcuno da una qualsiasi malattia.
Per tanto, la pur ristretta percentuale di vantati successi della chemio credo sia in realtà ascrivibile a due fattori ad essa estranei: una determinata percentuale di falsi positivi in diagnosi (molto elevata soprattutto per i siti seno femminile e prostata) e l’inevitabile effetto placebo indotto dalla fiducia del paziente nella terapia, quindi nella naturale capacità di auto guarigione del suo organismo oltretutto supportata da uno stile di vita forzatamente meno tossico – medicine escluse - che si adotta istintivamente in caso di malattia. Non altro.
Paso, itruffatori.blogspot.it