Il kiwi è ricco di nutrienti come la vitamina C

Esistono ben 54 specie e 21 varietà botaniche di kiwi, della famiglia delle Actinidiaceae, tra cui la versione gialla, dal bouquet ancora più esotico

Ex frutto esotico, l'ormai italianissimo kiwi è ricco di nutrienti come la vitamina C.

Il più comune è a polpa verde, ma esistono ben 54 specie e 21 varietà botaniche tra cui la versione gialla, dal bouquet ancora più esotico. È un protagonista indiscusso sulle tavole di tutto il mondo. Della famiglia delle Actinidiaceae, genere Actinidia, proviene dalla Cina e lì inizia la sua domesticazione intorno alla metà del VIII secolo.

All'inizio del secolo scorso approda in Nuova Zelanda per poi espandersi a livello planetario negli anni '60 e '70, spingendo i produttori a puntare sulla varietà Hayward a polpa verde, i frutti a cui tutti siamo abituati.

“Da molti anni l'Italia si contende con la Nuova Zelanda il primato di produttore e protagonista sui mercati internazionali (dati Faostat)”, afferma Alberto Battistelli, ricercatore dell'Istituto di biologia agro-ambientale e forestale (Ibaf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). E sebbene la Cina sia il primo Paese per produzione e mercato interno, con oltre due milioni di tonnellate prodotte, circa quattro volte quelle dell'Italia, nel 2017 il valore delle nostre esportazioni è stato di quasi mezzo miliardo di euro, il terzo tra le specie da frutto, dietro solo all'uva da tavola e alle mele. L'esportazione è in continua evoluzione: se l'Unione Europea è ancora un importante acquirente del prodotto italiano, insieme a Stati Uniti e Canada, ottime prospettive sembrano nascere nei mercati orientali”.

Per il 2018 si stima che in Italia la produzione di kiwi a polpa verde sarà di circa 373mila tonnellate, 13% in più rispetto al 2017 ma 16% in meno rispetto alla media produttiva dei quattro anni precedenti, per problemi legati ad aspetti climatici, cui vanno aggiunte 60mila tonnellate a polpa gialla, circa l'8% del totale dei paesi analizzati dell'emisfero nord.

A dirlo, l'annuale convegno Iko (International Kiwifruit Organization), giunto alla 37ma edizione, che si è tenuta quest'anno a Bordeaux in Francia. “Importanti contributi alla produzione nazionale provengono da Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Calabria e Basilicata, ma ad avere il primato indiscusso è il Lazio, in particolare l'area di Latina, grazie alle sue condizioni pedoclimatiche ottimali per produttività e qualità del prodotto”, aggiunge Battistelli. “Qui nel 2004 è stata anche riconosciuta l'indicazione geografica protetta Igp Kiwi Latina di cui i ricercatori Cnr, tramite il progetto Cesia, hanno recentemente scoperto un alto contenuto del peptide kissper, una sostanza con importanti effetti salutistici”.

La ricerca in Italia ha contribuito in modo sostanziale a rendere la coltivazione dell'actinidia una delle più remunerative in frutticoltura. “Definire gli aspetti fondamentali del metabolismo primario del frutto, studiare le variabili qualitative come la pezzatura, il contenuto di carboidrati, di vitamina C, di composti antiossidanti e nutraceutici sono stati alcuni degli step degli studi di Cnr-Ibaf e del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari ed ambientali dell'Università di Perugia”, prosegue il ricercatore. “La coltivazione del kiwi, essendo una specie 'aliena' per il nostro sistema bio-agricolo, non ha richiesto interventi con antiparassitari fino a quando la batteriosi causata dal batterio Pseudomonas syringae pv. Actinidae (Psa), non ha colpito drammaticamente i frutteti a polpa gialla, più sensibili, causando perdite anche su quelli tradizionali e costringendo gli agricoltori ad adottare tecniche di contenimento”.

Ad arrivare in soccorso, la grande variabilità del genere Actinidia con il suo serbatoio di caratteri utili sia per i produttori sia per i consumatori. “Diversificare i calendari produttivi, introdurre resistenze ai patogeni e agli stress ambientali, ridurre le esigenze idriche delle piantagioni, avere frutti di diverse dimensioni, colori, aroma, sapore e consistenza sono strategie in atto in particolare in Cina e in Nuova Zelanda”, continua Battistelli. “In Italia si sta cercando di fare lo stesso, in modo non sempre sistematico. Dalla sua, la Cina ha il vantaggio di essere il Paese di origine del genere e quindi ha una vastissima variabilità genetica a disposizione, oltre a costi di produzione inferiori. La Nuova Zelanda invece, ha da tempo consolidato una posizione di leadership nell'innovazione del prodotto con cui si è garantita il controllo della commercializzazione fuori dai propri confini nazionali”.

I consumatori di tutto il mondo sono interessati a prodotti di alto valore nutrizionale e il kiwi, anche da questo punto di vista, ha ancora molto da offrire. “Se la Cina può sfruttare l'immenso germoplasma di cui dispone e la Nuova Zelanda il suo potere commerciale, in Italia bisogna puntare sempre di più sulla ricerca per trovare soluzioni alle emergenze fitosanitarie e per lavorare sulla diversificazione del prodotto, sfruttando al meglio le caratteristiche peculiari del territorio nazionale”, conclude il ricercatore.

Autore: Silvia Mattoni / Fonte: Alberto Battistelli, Istituto di biologia agro-ambientale e forestale, Porano, tel. +39 (0763)374910