Italiani campioni di longevità

L'aspettativa di vita degli italiani è la seconda più alta di tutti i Paesi dell'Unione Europea e i due terzi della popolazione godono di buona salute

Gli italiani sono uno tra i popoli più longevi al mondo

L'aspettativa di vita alla nascita in Italia è la seconda più alta di tutti i Paesi dell'Unione Europea e i due terzi della popolazione godono di buona salute. Stando ai dati diffusi dall'Oms, l'Italia è inoltre tra le migliori nazioni in Europa nel limitare i danni alla popolazione adulta causati da fumo, alcol e obesità.

Secondo l'Istat, i centenari nel Belpaese sono 15.500 (0,26% dell'intera popolazione) e quella sarda è una delle famiglie genetiche più longeve al mondo, con tanto di certificazione ufficiale del Guinness World Record. Un quadro in linea con i dati pubblicati dalla agenzia Bloomberg che valuta lo stato di salute delle popolazioni e che su 163 Paesi, ci vede al primo posto.

“Il concetto di salute sta evolvendo: dalla definizione post bellica, forse un po' utopistica, dell'Oms in cui la salute era considerata uno 'stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo l'assenza di malattia o infermità', più recentemente si parla di salute quale 'condizione di elevato benessere psicofisico e sociale e di una capacità di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive'”, spiega Giorgio Iervasi, direttore dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr. “Si tende inoltre a rafforzare una visione olistica e personalizzata della medicina, riprendendo di fatto l'aforisma di Ippocrate: 'è più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona'”.

La suscettibilità alle malattie e conseguentemente l'aspettativa e la qualità di vita sono dunque la risultante di una complessa, variabile interazione di più fattori.

“Se ormai non c'è dubbio che la genetica svolga un ruolo decisivo nel favorire la longevità di una popolazione, un aspetto importante quando si parla di cibo, salute e longevità è legato non tanto al tipo di alimento quanto piuttosto alla qualità e all'intero ciclo di produzione dei cibi”, prosegue il ricercatore. “Non basta mangiare più frutta, legumi e verdura e meno carne rossa, occorre soprattutto conoscere che tipo di frutta, legume, verdura e carne si consuma per sapere se l'apporto alimentare è veramente sano”.

L'autoproduzione o il rifornimento a chilometro zero degli alimenti sembra garantire alla nostra popolazione superlongeva un consumo quotidiano di cibi più ricchi di nutrienti e di fattori protettivi e più poveri di sostanze chimiche e additivi tossici rispetto agli analoghi prodotti reperibili nei circuiti della grande distribuzione. Un altro determinante della longevità, che spiegherebbe i consistenti nuclei di centenari sardi, potrebbe essere costituito dall'ambiente in cui le persone vivono, “sicuramente salubre e armonico, con un'attività lavorativa spesso all'aperto e in zone a basso inquinamento per scarsità di industrializzazione, oltre che a un tessuto di rapporti sociali meno capace di generare condizioni di conflittualità stressanti, nocive per la salute”, sottolinea il ricercatore.

Infine, altro fattore non trascurabile è rappresentato dal Sistema sanitario nazionale (Ssn), che “riprendendo la definizione di Charles-Edward Amory Winslow, deve sviluppare 'organizzazioni sociali che assicurino a ogni individuo della comunità uno standard di vita adeguato per il mantenimento della salute'. Il nostro Ssn rappresenta ancora oggi un modello da seguire e da salvaguardare, ma a fronte di risorse disponibili limitate e di costi progressivamente crescenti”, conclude Iervasi. “I rischi maggiori per il nostro stato di salute sono rappresentati dalla perdita progressiva della centralità della persona come tale e dalla decrescente relazionalità positiva tra medico e paziente. Un vulnus pericolosissimo per la tanto agognata umanizzazione della medicina”.

Autrice: Grazia Battiato / Fonte: Giorgio Iervasi, Istituto di fisiologia clinica, Pisa, tel. +39 (050) 31520163302, email iervasi(at)ifc.cnr.it