In Canton Ticino si parla di patriottismo degli acquisti. Si ma non è proprio come dovrebbe essere

Sergio SavoiaIl presidente della società commercianti luganesi dice di non capire perché i ticinesi facciano la spesa in Italia. Non costerebbe meno, secondo lui. L'affermazione viene da una parte interessata per cui va presa con le pinze. Ma non è questo il punto.

Poretti dice di apprezzare l'iniziativa di liberatv.ch che chiede di fare la spesa in Ticino. Sono d'accordo. Io faccio la spesa qui, credo nel km zero e nell'economia locale, pilastri fondamentali delle politiche verdi.

Devo però fare un'osservazione: lo so sono un rompiballe. Prendiamo la mia città: Bellinzona. E prendiamo un ambito preciso, quello dei negozi di ottici.

Praticamente tutti fanno ricorso pesantissimo ai frontalieri (se è così a Belli, figuriamoci a Mendrisio, Chiasso, Lugano o Locarno). Alcuni, come Belotti, sono delle vere e proprie catene di costosissime boutique con negozi di lusso nei centri storici, per i quali verosimilmente pagano affitti salatissimi.

I soldi quindi li hanno (visto anche i prezzi oltraggiosi che praticano). Ma preferiscono assumere frontalieri.

Dunque: noi consumatori dobbiamo fare la spesa in Ticino. Molti negozianti, che pure si lamentano del turismo degli acquisti, sono prontissimi a fare il turismo delle assunzioni.

Prendono frontalieri, li pagano pochissimo, li licenziano come vogliono. E con la stessa bocca si lamentano perché i ticinesi fanno la spesa in Italia. L'esempio degli ottici vale per molti altri ambiti del commercio e della ristorazione. Io sono uno che compra e spende qui.

Ma quando entro in un negozio "ticinese" e vedo che non c'è un solo residente assunto, mi spiace, mi sento un po' preso per il culo.

Voilà.

Il patriottismo economico deve valere per chi compera, si, ma anche per chi vende. Altrimenti è solo ipocrisia interessata.

Autore: Sergio Savoia / Fonte: blog.savoia.ch