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- Posted By: Bruno Chastonay
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Un argomento sempre di elevata attualità, ma di difficile approccio, in quanto molto etico, è quello della:
remunerazione del lavoro,
potere di acquisto,
capacità di consumo e
crescita.
Fattore sempre più di attualità in un mondo globalizzato, che tende come riflesso:
ad orientare verso il basso i redditi individuali delle masse, e ad aumentare la ricchezza delle classi super agiate, che trovano molte occasioni per gestire ed approfittare di queste disparità, o meglio opportunità, presenti nel mondo.
Vero è che grazie alla maggiore possibilità di muoversi, trasferirsi, diventa facile viaggiare, emigrare, in relazione ai bassi costi ed alle maggiori informazioni, grazie anche all’aumento dell’offerta di posti lavoro.
A questo si aggiunge un processo di delocalizzazione delle produzioni che richiede una notevole quantità di forze lavoro, con bassi salari, e se possibile, con costi sociali al minimo.
Nel caso contrario alla delocalizzazione, il motto è: vieni, lavora, e torna a casa tua; possibilmente arriva da solo e senza famiglia, con già delle conoscenze professionali sufficienti, e un minimo di conoscenza dell’idioma locale.
Non è cosa nuova.
Molti Paesi Europei fornivano elevata mano d’opera al Nord America già nel 1600-1700, in qualità di servitori a contratto (indentured servants).
Cioè mediante un contratto che li impegnava a lavorare per 3-5 anni, fino a “ripagare” le spese del viaggio nel Nuovo Mondo.
E per le donne, in caso di gravidanza, con una proroga di ulteriori 2 anni, dovuta ai maggiori costi ed in genere alla minore efficienza nel lavoro.
Tra gli Inglesi che emigrarono verso le Americhe nel 1770, ben il 55pc erano servitori a contratto.
Nel 1792 gli USA valutarono l’opportunità di costruire la nuova capitale federale proprio utilizzando questa tipologia di lavoratori: servi a contratto, fatti giungere principalmente dalla Germania.
Nella storia più recente, si può osservare questo tipo di rapporto economico tra EU ed EST-EU; la prima ha usufruito dei bassi costi salariali della mano d’opera proveniente, prima da Est Germania e poi da Ungheria, Polonia, Slovenia, Romania, Lituania. Attualmente, visto il rialzo marcato del costo lavoro negli ultimi 10 anni, sono di moda Ucraina e Serbia dove il costo del lavoro è del 60pc inferiore.
Tale fenomeno ha anche comportato una migrazione elevata di aziende (delocalizzazione), in cerca:
- di riduzione dei costi, burocrazia, fiscalità,
- di assenza di leggi anti-inquinamento o degli obblighi pensionistici, sociali (welfare state), assicurativi e sindacali.
Si determina in tal modo un forte assorbimento di forza lavoro, ma l’esperienza è soggetta a concludersi in caso di aumento dei costi, con successive delocalizzazioni in nuovi contesti territoriali.
Le aziende sono rappresentate da multinazionali, holdings, partnership varie, colossi industriali, che possono sfruttare i vantaggi offerti dal mondo globalizzato, potendo cosi:
- contenere i costi produttivi,
- accrescere i margini di profitto,
- battere la concorrenza.
Senza dover prendere in considerazione “impegni” in termini di costo, quali:
- protezione ambiente
- lotta contro l’inquinamento,
- protezione sociale ed assicurativa dei dipendenti,
- fiscalità ed altro.
Il quadro ideale di riferimento per il grande capitale industriale e di avere un alto livello dei consumi nei paesi “ricchi” e produrre i beni nei paesi “poveri”, massimizzando il valore aggiunto, cosa che compensa largamente i maggiori rischi.
E grazie alla politica dei marchi si conferisce un’identificazione geografica al prodotto, ingannando i consumatori sulla loro reale provenienza, aggiungendo un valore aggiunto – come moda o simbolo di qualità.
L’evoluzione dei mercati ha determinato un passaggio dalla fase concorrenziale a quella di una vera guerra commerciale, causata:
- dalla riduzione dei margini di profitto,
- dall’aumento dei costi
- produttivi,
- di trasporto,
- di copertura dei rischi,
- di finanziamento,
in un mercato meno “consumatore” per via di una riduzione della capacità di spesa, e con livelli di indebitamento elevati e con aumento delle tensioni sociali e politiche.
Vedi:
- Problema Immigrazione e finanziario tra paesi.
- Modifiche tassazione multinazionali EU-USA (Google ed altri).
- Guerra sui dazi per le merci importate.
- Sanzioni.
- Uso burocrazia, leggi doganali.
Ed i mercati finanziari, con indici, titoli e obbligazioni che soffrono per la tenuta dei valori, ne risentono, con aumento dei rischi e delle incertezze, in un momento dove tutto l’ottimismo si è già manifestato e le prospettive positive che lo hanno alimentato già tutte conosciute ed assorbite nei corsi in quotazione.
Alcune brevi riflessioni:
Un’ora di lavoro costa in ITALIA € 28.20 mentre in Bulgaria € 4.90.
Ed il costo di uno “stufato di fagioli” nel mondo, in percentuale sui salari incide per il:
Foto di pixabay.com / Autore: Dr. Bruno Chastonay. Valente professionista del settore finanziario, ha svolto attività in alcune principali banche elvetiche nei settori della tesoreria, dei metalli e dei derivati. È esperto nella gestione professionale del risparmio su base personalizzata ed è fiduciario finanziario, ai sensi della legislazione elvetica. Ha collaborato con le Università di Bari e Pescara. Attualmente svolge l’attività di analista finanziario globale. Vive e lavora a Lugano.