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- Posted By: Bruno Chastonay
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Con il rialzo dei tassi d’interesse chi ci guadagna?
In primis le banche, per l’aumento dello spread, ovvero il differenziale tra gli interessi corrisposti sui depositi e sulle altre forme di raccolta e su quelli lucrati sulle operazioni di credito attive (mutui, altri prestiti, crediti al consumo ed altro). I vantaggi economici in genere si manifestano anche a favore degli altri intermediari creditizi, così come per i settori produttivi dei macchinari (tecnologici) e delle costruzioni.
Ma il problema di base, che è stato creato dal:
lungo periodo di tassi “zero o negativi”,
con l’iniezione di una super ampia liquidità nei mercati finanziari (si veda una nostra precedente rubrica su questa Review),
deve in qualche modo essere superato, poiché connesso a:
misure di politica monetaria di natura straordinaria, attuate per sostenere la ripresa economica globale; azioni concertate da tutte le Banche Centrali e Governi dei principali paesi, dal 2008 in poi.
L’obiettivo primario resta sempre quello di un target d’inflazione prossimo al 2pc.
- Target sempre in auge per Giappone, Europa, Inghilterra, non essendo stato ancora raggiunto: i recenti dati confermerebbero che siamo ancora in una fase deflazionistica, non ostante il balzo del prezzo del petrolio dai 20/30 dollari al barile agli attuali 70 dollari.
- Un altro fallimento o mancato target è da rinvenire nell’assenza di un concreto aumento dei consumi, che avrebbero dovuto trainare la ripresa.
- Inoltre si registra una generale situazione di stagnazione salariale, con ampia diffusione di atteggiamenti di dumping, non ostante la conclamata riduzione del tasso di disoccupazione, a dire il vero assai poco credibile a dispetto delle statistiche ufficiali, le quali presentano nei sistemi di rilevazione dei dati di mercato marcate inefficienze.
Gli effetti collaterali di queste misure straordinarie di politica monetaria si sono principalmente manifestati nel settore immobiliare, dei crediti al consumo, e dei debiti privati in genere (imprese e famiglie); primo fra tutti un sensibile incremento dell’indebitamento, dovuto anche in ragione di un costo medio dei debiti (finanziamenti) ai record minimi storici.
Questo ha portato al record storico massimo dei leverage (indebitamento), sia privati che statali, ponendo le premesse per la presenza di forti rischi di tenuta finanziaria del sistema nel caso di un rialzo marcato dei tassi di interesse.
Quest’ultima circostanza (rialzo dei tassi) potrebbe non essere imputabile alla ripresa economica, poco probabile a realmente concretizzarsi in modo sensibile e per il vantaggio di tutti i cittadini, ma ad un deterioramento della qualità del credito erogato dagli intermediari di ogni ordine e grado, in primis dalle banche commerciali.
Quindi le circostanze descritte possono ben rappresentare le motivazioni che portano
- alla fase conclusiva delle operazioni di QE (quantitative easing) ovvero di acquisti di assets (titoli obbligazionari, pubblici e privati) da parte delle Banche Centrali, e
- ad un prossimo aumento della necessità di capitali di proprietà (patrimonio) da parte delle banche commerciali, per il pareggio di un più consistente leverage (indebitamento) e per presidiare maggiori rischi presenti e futuri.
I principali fattori a rischio in questo anno sono evidenziati dal marcato deterioramento della situazione politica internazionale, dovuto alle continue tensioni già presenti tra varie nazioni, e dalla nuova politica internazionale degli USA da parte dell’amministrazione Trump.
Con l’introduzione di dazi e sanzioni è stata nei fatti dichiarata una guerra commerciale.
Gli Stati Uniti contro tutti (o quasi); con la conseguenza di una sensibile modificazione di tutti i precedenti accordi, trattati, relazioni.
Un nuovo equilibrio, di cui non conosciamo ancora l’esito.
In questa fase globale, molto delicata, nella quale la dichiarata ripresa economica stenta a confermarsi, anche se in una misura nettamente inferiore alle aspettative, abbiamo dei segnali poco confortanti:
- crescita dei prezzi,
- calo dei salari,
- aumento dei debiti.
Una situazione rischiosa, considerato che le imprese devono confrontarsi con un aumento dei costi per:
- energia,
- trasporti,
- coperture rischi e assicurativi,
- sociali,
- doganali,
- burocrazia,
- licenze,
- sanzioni,
in un mercato meno ricettivo all’acquisto di beni e servizi.
A ciò si aggiunga il tentativo delle Banche Centrali di rientrare dalla situazione di amplissima liquidità immessa nei mercati: è la classica condizione di “un elefante che si muove in una cristalleria”, al quale viene richiesto per giunta “di operare come un chirurgo”.
Quindi, il contesto generale si caratterizza per un elevato livello di incertezze, con timori alternati a momenti di euforia; questi ultimi spesso indotti dai consistenti utili delle imprese, il più delle volte derivanti da politiche aziendali di:
- taglio dei costi,
- riorganizzazione,
- ristrutturazione investimenti,
- fusioni e acquisizioni,
- riacquisto dei propri titoli;
in alcuni casi incoraggiati da consistenti riduzioni degli oneri fiscali, com’è il caso degli Stati Uniti d’America.
Come risultato:
- Le attività di composizione dei portafogli e di trading dovrebbero posizionarsi entro fasce ampie di medio termine, a volte di ampiezza alterna, con frequenti fasi correttive per riduzione esposizioni, ricerca maggiori rendimenti, e con attività molto “coperta” dai rischi tramite acquisto protezioni (strumenti derivati).
- Sotto tono i valori rifugio, quali oro, CHF, bonds primari; sotto tono anche le commodity (materie prime) con eccezione del petrolio. Attività più ampia e speculativa su titoli del settore alimentari, metalli industriali (vedi ferro, acciaio, alluminio). Ampi disinvestimenti nei paesi emergenti, messi a rischio dal rialzo del dollaro e dei tassi USA (vedi Turchia, Argentina, Indonesia).
- La qualità dei titoli premia singolarmente e settorialmente i vari mercati, come SEK, NOK, Energia ed i settori con basso indebitamento.
Foto di pixabay.com / Autore: Dr. Bruno Chastonay. Valente professionista del settore finanziario, ha svolto attività in alcune principali banche elvetiche nei settori della tesoreria, dei metalli e dei derivati. È esperto nella gestione professionale del risparmio su base personalizzata ed è fiduciario finanziario, ai sensi della legislazione elvetica. Ha collaborato con le Università di Bari e Pescara. Attualmente svolge l’attività di analista finanziario globale. Vive e lavora a Lugano.