Edoardo Capuano

Direttore e fondatore della testata ECplanet.

Le cellule cablano le loro reti di comunicazione

Le cellule cablano le loro reti di comunicazione

Le cellule del corpo sono cablate come chip di computer per dirigere segnali che istruiscono il loro funzionamento.

Secondo a una ricerca, finanziata dalla British Heart Foundation e pubblicata su Nature Communications, (1) è emerso che: a differenza di un circuito fisso, le cellule del corpo possono cablare rapidamente le loro reti di comunicazione per cambiare il loro comportamento. La scoperta di questa rete cellulare fornisce una più ampia comprensione delle dinamiche di diffusione delle istruzioni indirizzate a una cellula.

Si pensava che i vari organi e strutture all'interno di una cella fluttuassero nel citoplasma.

I ricercatori dell'Università di Edimburgo hanno trovato informazioni veicolate attraverso una rete di fili guida che trasmettono segnali su distanze minuscole e su scala nanometrica. È il movimento di molecole cariche attraverso queste minuscole distanze che trasmettono informazioni, proprio come in un microprocessore informatico, affermano gli scienziati.

Questi segnali localizzati sono responsabili di orchestrare le attività della cellula, come istruire le cellule muscolari per rilassarsi o contrarsi. Quando questi segnali raggiungono il materiale genetico nel cuore della cellula, chiamato nucleo, istruiscono piccoli cambiamenti nella struttura che rilasciano geni specifici in modo che possano essere espressi. Questi cambiamenti nell'espressione genica alterano ulteriormente il comportamento della cellula. Quando, per esempio, la cellula si sposta da uno stato stazionario a una fase di crescita, il sistema viene completamente riconfigurato per trasmettere segnali che attivano i geni necessari per la crescita.

I ricercatori asseriscono che comprendere il codice che controlla questo sistema di cablaggio potrebbe aiutare a capire lo sviluppo di patologie come l'ipertensione polmonare e il cancro. Questa comprensione potrebbe un giorno permettere di scoprire nuove terapie.

Svelati i trucchi mimetici dei granchi

Svelati i trucchi mimetici dei granchi

I granchi di una singola specie si affidano a diversi trucchi per mimetizzarsi a seconda dell'habitat in cui vivono.

Gli scienziati dell'università di Exeter hanno confrontato i modelli di colore dei granchi comuni (Carcinus maenas) (1) che vivono nelle insenature rocciose con quelli che vivono sui fondali piani e fangosi.

I ricercatori hanno constatato che i granchi delle distese fangose si erano mimetizzati perfettamente con l'habitat sabbioso, mentre i granchi che vivevano negli habitat rocciosi non erano ben mimetizzati con le rocce pur facendo affidamento sulla “colorazione dirompente” - l'uso di schemi ad alto contrasto per rompere l'aspetto del contorno del corpo.

I granchi di riva sono i più comuni sulle coste della Gran Bretagna, familiari a tutti coloro che praticano la pesca con la retina scrutando i bassi fondali rocciosi durante la bassa marea. I granchi oggetto di questo studio provenivano da sei diverse locazioni situate in Cornovaglia.

Il professor Martin Stevens, (2), del Center for Ecology and Conservation dell'Università di Exeter nel Penryn Campus in Cornovaglia, spiega: “I granchi sono molto variabili nel colore e nel disegno e sono spesso estremamente difficili da vedere. Abbiamo utilizzato l'analisi delle immagini per simulare la visione di predatori (uccelli e pesci) per testare come si mimetizzano i granchi di mare. Come avevamo previsto, gli esemplari in habitat rocciosi riescono a mascherare più efficacemente il contorno del corpo nei complessi fondali rocciosi in cui spesso non è possibile abbinare il colore dell'ambiente. Al contrario, i granchi delle piane fangose si sono perfettamente mimetizzati con il fango in termini di colore, luminosità e disegno, ma mancano di marcature dirompenti ad alto contrasto che possono dar loro un migliore mimetismo nell'uniforme ambiente fangoso.”

Basso tasso evolutivo del genoma nelle marmotte alpine

Basso tasso evolutivo del genoma nelle marmotte alpine

Le marmotte alpine sono riuscite a sopravvivere per migliaia di anni nonostante la loro bassa diversità genetica.

Quali effetti ha il cambiamento climatico sulla diversità genetica degli organismi viventi? In uno studio condotto da Charité - Universitätsmedizin Berlin, un team internazionale di ricercatori ha analizzato il genoma della marmotta alpina, un superstite dell'era glaciale che ora vive in gran numero nelle zone alpine situate ad alta quota.

I risultati sono stati inaspettati: La marmotta alpina ha perso la sua diversità genetica durante gli eventi climatici legati all'era glaciale e da allora non è stata in grado di recuperarla. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology. (1)

Siccome la bassa diversità genetica della marmotta alpina non può essere spiegata dalle sue abitudini di vita, i ricercatori hanno usato l'analisi computerizzata per ricostruire il passato genetico della marmotta. Dopo aver combinato i risultati di analisi genetiche complete con i dati provenienti dalla documentazione di reperti fossili, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la marmotta alpina ha perso la sua diversità genetica a causa di molteplici adattamenti climatici durante l'ultima era glaciale.

Uno di questi adattamenti si è verificato durante la colonizzazione animale della steppa del Pleistocene (2) all'inizio dell'ultima era glaciale (tra 110.000 e 115.000 anni fa). Un secondo adattamento accadde quando la steppa del Pleistocene scomparve di nuovo verso la fine dell'era glaciale (tra 10.000 e 15.000 anni fa). Da allora, le marmotte hanno popolato le praterie d'alta quota delle Alpi, dove le temperature sono simili a quelle dell'habitat della steppa del Pleistocene.

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