Salute

Mangiare al fast food: uno studio rivela i rischi nel contrarre malattie al sistema respiratorio

Mangiare al fast food, oltre ai già accertati rischi di sviluppare diabete e obesità, aumenta il rischio di provocare malattie al sistema respiratorio.

Una ricerca dell’università del Sichuan (Cina), l’accoppiata hamburger, patate fritte, salse e bibite gassate aumenta in misura importante il rischio di provocare malattie al sistema respiratorio

Il fast food toglie il fiato. Letteralmente. Secondo un recente studio condotto dai ricercatori dell’università del Sichuan (Cina), l’accoppiata hamburger, patate fritte, salse e bibite gassate aumenta in misura importante il rischio di provocare danni al sistema respiratorio. Che si sommano ai già accertati rischi di sviluppare diabete e obesità.

La premessa

Secondo gli studiosi, la prevalenza di asma e malattie atopiche come eczema (dermatite atopica), rinite allergica (febbre di polline) e rinocongiuntivite è drasticamente aumentata negli ultimi decenni. I fattori che ne hanno determinato l’aumento rimangono poco chiari. Ma ciò che è cambiato è l’introduzione anche in Asia di cibi prettamente americani: quelli da fast food, carichi di carboidrati raffinati, sodio, zuccheri, colesterolo, additivi come conservanti e coloranti, con alte concentrazioni di grassi saturi.

Mai tre volte a settimana

I ricercatori hanno analizzato 16 studi svolti in precedenza su questo tema arrivando a una conclusione: mangiare tre volte a settimana cibi carichi di grassi nocivi e zuccheri aumenti i casi di asma, respiro sibilante e molte altre malattie allergiche come l’eczema e la rino-congiuntivite. I risultati(1) sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Respirology.

Per la prima volta un robot esegue una chirurgia oculistica assistita nell'uomo

Chirurgia oculistica eseguita da un robotLa medicina, una delle aree in cui l'area della robotica ha avuto importanti progressi, ha appena segnato un nuovo passo nell'evoluzione tecnologica grazie a un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford(1) che ha annunciato la prima procedura di successo in una operazione chirurgica alla retina assistita da un robot. Questo studio è stato pubblicata da Nature.(2)

Il metodo, eseguito dopo due anni di test e che ha coinvolto 12 pazienti assegnati metà alla chirurgia convenzionale e l'altra metà al robot, aveva lo scopo di rimuovere una membrana dalla parte posteriore dell'occhio. Quindi, usando il robot, il chirurgo è stato in grado di eseguire la procedura con efficacia uguale o migliore rispetto all'approccio manuale tradizionale. Già nella seconda fase dello studio, il team ha utilizzato il robot per inserire un ago sottile sotto la retina per dissolvere il sangue in tre pazienti con degenerazione maculare legata all'età. Di conseguenza tutti hanno sperimentato un miglioramento della loro visione.

CNR: studio sugli effetti dannosi per la salute causati dal particolato atmosferico

osservatorio Climatico-Ambientale di Isac-Cnr a LecceUn gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr di Lecce ha pubblicato uno studio sui potenziali effetti dannosi causati a livello cellulare dal particolato atmosferico. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università del Salento, dimostra che il potenziale ossidativo dipende dalla composizione chimica del particolato più che dalla sua concentrazione

Che il particolato atmosferico – l’insieme di polveri o particelle solido-liquide sospese nell’aria - abbia effetti dannosi per la salute umana è cosa nota: per questo motivo, nella comunità scientifica internazionale, il potenziale ossidativo è sempre più studiato come indicatore di rischio.

Ora uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Lecce dimostra come il potenziale stress ossidativo vari a seconda della composizione chimico-fisica e delle sorgenti del particolato stesso: la tossicità per la salute umana dipenderebbe sensibilmente, quindi, dalla ‘qualità’ del particolato più che dalla sua concentrazione. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università del Salento, è pubblicato su Atmospheric Environment.

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