Corpo umano

Bastano 2 settimane di riposo per perdere 1/3 della forza muscolare

MuscoliStudio danese ribadisce importanza dell’esercizio fisico. Sedentarietà fa stessi danni su giovani e anziani. Per recuperare occorre un tempo tre volte superiore a quello di inattività

Due settimane di inattività determinano la perdita fino ad un terzo della forza dei potenti muscoli delle gambe. E il fenomeno riguarda allo stesso modo, seppur in misura diversa, giovani e anziani. Lo dice una ricerca condotta dal Center for Healthy Aging e dal dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Copenaghen e pubblicata sulla rivista Journal of Rehabilitation Medicine.

ANALISI SU CAMPIONE DI GIOVANI E ANZIANI: STESSI DANNI

Per valutare quanto in fretta perdiamo la massa muscolare, i ricercatori hanno studiato l’effetto dell’immobilità di una gamba sola sui muscoli di 32 soggetti, di cui 17 giovani di 23 anni e 15 anziani di 68 anni, normalmente mediamente attivi. «I nostri risultati mostrano che l’inattività influisce in modo analogo sulla forza muscolare di giovani e anziani.

Dopo quindici giorni passati con una gamba immobilizzata, i giovani perdono fino ad un terzo della loro forza iniziale, mentre i soggetti più in là con gli anni fino ad un quarto» ha spiegato uno degli autori dello studio, Andreas Vigelsoe dell’Università di Copenaghen.

Nuovi studi sul clampaggio del cordone ombelicale

clampaggio del cordone ombelicaleGRAVIDANZA E DINTORNI – Per molto tempo, la norma in sala parto è stata chiara: il cordone ombelicale si “clampa” (cioè lo si lega per interrompere il flusso di sangue dalla placenta, un’operazione che precede il taglio) subito dopo la nascita.

Questione di una manciata di secondi. Oggi, però, l’atteggiamento è cambiato. Sulla base di un numero crescente di studi, sempre più autorità sanitarie e associazioni scientifiche (dal Royal College of Obstetricians & Gynaecologists all’ Organizzazione mondiale della sanità) suggeriscono di non avere troppa fretta: meglio aspettare 2-3 minuti per i bambini sani nati a termine e comunque non prima di quanto strettamente necessario per i prematuri o i bimbi nati in emergenza.

L’ultimo punto a favore del cosiddetto clampaggio tardivo viene da uno studio svedese che, per la prima volta, mostra l’assenza di rischi a lungo termine per questa pratica. Al contrario, la legatura tardiva del cordone sembra comportare benefici in termini di miglioramento delle abilità motorie fini, soprattutto nei maschi.

Già nel 2011, Ola Andersson e colleghi, dell’Università di Uppsala, avevano pubblicato un primo studio sul confronto a breve termine tra clampaggio precoce (entro 10 secondi dalla nascita) e tardivo (dopo 3 minuti) del cordone, esaminato in un gruppo di 400 bambini.

Nuovo studio sulle modificazioni antropometriche e cognitive

GeneticaNel team internazionale anche ricercatori dell’Università di Verona. Grazie al meltingpot più forti contro le malattie genetiche. Su Nature lo studio condotto su 350.000 individui in tutto il mondo

Pubblicato su Nature lo studio “Directional dominance on stature and cognition in diverse human populations” realizzato da un team internazionale di scienziati che hanno analizzato i dati di circa 350 mila persone per comprendere le modificazioni antropometriche e cognitive delle popolazioni nel corso dei secoli.

Allo studio, coordinato dall’Università di Edimburgo, ha partecipato anche l’Università di Verona grazie al lavoro dei ricercatori Giovanni Malerba, della Genetica di ateneo e Gianluigi Zaza, della Nefrologia che hanno analizzato le caratteristiche cliniche e genetiche di una vasta coorte di individui provenienti da tutto il Veneto attraverso lo “Studio Incipe” condotto nel 2006 dalla Nefrologia di Verona diretta da Antonio Lupo.

Analizzando i modi di trasmissione di alcuni tratti genetici che hanno un impatto su alcune caratteristiche somatiche e su alcune malattie, i ricercatori hanno dimostrato che l’essere umano si è evoluto per essere più intelligente e più alto dei suoi antenati. Questa evoluzione “positiva”, cui non corrisponde una riduzione dei fattori di rischio per alcune malattie, soprattutto in ambito cardiovascolare, gioca invece un ruolo molto importante nello sviluppo delle malattie genetiche rare.

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