- In:
- Posted By: Redazione
- Commenti: 0
Mercoledì 5 dicembre 2012 alle ore 17, presso l’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 (1° piano), si terrà una seduta congiunta dell’Accademia di Medicina di Torino con l'Accademia delle Scienze e l'Accademia di Agricoltura dal titolo “Alcool e alcool dipendenze”. Relatori saranno il professor Alessandro Cavalli (Dipartimento di Studi politici e sociali dell'Università di Pavia) su “Giovani, alcool e altre dipendenze”, il professor Vittorio Gallo (Medicina Interna 4 dell'ospedale Molinette di Torino) su “Alcool: patologia e vulnerabilità di genere” ed il professor Vincenzo Gerbi (docente di Enologia ed Ordinario di Scienza e Tecnologia degli alimenti del Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Torino) su “Non c'è solo alcool nel vino: considerazioni sulla composizione dei vini e sulla loro diversità”.
Le sedute sono pubbliche. Info: accademiadimedicina.unito.it.
L'abuso di bevande alcooliche è una delle cause più rilevanti di malattia e mortalità nei paesi occidentali. Inoltre gli studi epidemiologici degli ultimi anni hanno evidenziato un netto incremento del consumo di alcool nel sesso femminile, con un impatto di ordine clinico più rilevante e precoce rispetto a quanto accade nei maschi.
I motivi della variabilità degli effetti dell'alcool tra gli appartenenti a generi diversi sono legati alle differenze costituzionali tra i due sessi in relazione alla diversa struttura fisica, alla differente distribuzione delle sostanze esogene nel contesto dell'organismo, all'assetto ormonale e, non ultimo, al corredo enzimatico, che costituisce al momento attuale, un interessante motivo di approfondimento delle tematiche di cui si sta discorrendo. A lato di tutto ciò si pone l'aspetto sociale del problema.
In Italia circa il 67% delle donne attualmente consuma bevande alcoliche, a fronte del 43% degli anni ’80. L’incremento riguarda sia le giovani generazioni di donne, che iniziano a bere alcool ad un'età sempre più precoce, sia donne più mature, prive di un’educazione formale sulla “cultura dell'alcool”. L’effetto sulla salute della donna si evidenzia dunque attraverso l’incremento netto delle patologie alcool-correlate con 24.000 ricoveri / anno per cause totalmente attribuibili all’alcool, e circa 30.000 decessi / anno in soggetti al di sopra dei 20 anni per cause alcool-correlate. A questi è da aggiungere il numero crescente di giovani che muore al di sotto dei 20 anni a causa di incidenti stradali dovuti all’alcool, prima causa di morte tra i giovani italiani. Questi dati sono sufficienti per farci riconsiderare il problema non solo dal punto di vista epidemiologico, clinico ed etico, ma anche in relazione alle fisiologiche differenze biologiche "di partenza" esistenti tra maschi e femmine.
L’opinione pubblica viene periodicamente investita da correnti di allarme in riferimento alle “stragi del sabato notte”, imputabili ad abuso nel consumo di alcolici e di altre sostanze psico-attive, da parte dei giovani che frequentano le discoteche. L’allarme è solo in parte giustificato. E’ vero che il consumo di alcolici è in crescita nella popolazione giovanile, ma l’abuso che genera dipendenza resta, fortunatamente, abbastanza contenuto. Vi sono vari studi sul consumo giovanile di alcool e di diversi tipi di sostanze, molto rari invece gli studi che si interrogano sulla possibile connessione tra consumo di droghe e di alcool.
Tra i due insiemi (“alcolisti” e “drogati”) vi è sicuramente un’area di sovrapposizione, dove l’abuso di bevande alcoliche si accompagna all’uso o all’abuso di sostanze psico-attive. E’ incerta l’estensione di quest’area di sovrapposizione che certamente rappresenta un’area di rischio particolarmente elevato. I fattori che accentuano il rischio sono infatti, in parte, gli stessi per i due tipi di consumo: genere maschile, lontananza da pratiche religiose, frequentazione abituale di bar e pub, attenuato controllo familiare su uscite serali e amicizie, propensione al rischio (guida pericolosa). Sull’uso di droghe (ma non di alcool) incide la classe sociale e il livello culturale dei genitori, la residenza in una grande città, l’appartenenza a una regione del Nord. Il consumo di alcool non presenta significative differenze per livello socio-culturale della famiglia d’origine e non è neppure legato all’ambiente della grande città.
Ovviamente diversi sono i canali di distribuzione delle sostanze e quindi la loro accessibilità. Si può avanzare l’ipotesi che i due tipi di consumo siano due modi parzialmente alternativi di rispondere a forme diverse di disagio giovanile in situazioni in cui sono deboli i fattori protettivi della famiglia, della scuola, della partecipazione sociale e ripiegati sul presente gli orizzonti temporali.
Fonte: salutedomani.com