Mappato dal Mit di Boston il "dark web"

dark webNel “lato oscuro” di Internet 25mila pagine, ma solo 7mila sono connesse tra loro. Lo dimostra uno studio realizzato al Mit di Boston e guidato dall'taliano Carlo Ratti

UN GRUPPO di ricerca guidato dall'italiano Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab al Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, ha messo a punto la prima mappa del "dark web", la parte più inaccessibile e nascosta della rete Internet.

Secondo lo studio, pubblicato in via preliminare online su arXiv, sarebbe in realtà improprio definire il dark web come una rete, perché le connessioni che legano i suoi siti sono in numero molto inferiore a quelle del web “aperto”.

La gran parte del world wide web è invisibile: sotto la sua “superficie”, accessibile attraverso i motori di ricerca, esiste infatti un mondo nascosto, detto deep web, che si stima essere 500 volte più grande.

Il deep web rappresenta la vera impalcatura invisibile della rete, con contenuti di ogni tipo, dalle reti aziendali alle pagine Facebook, che per motivi diversi non possono essere visualizzati liberamente.

In questo lato nascosto, ma “pulito”, esiste però una piccola area “oscura” accessibile solo attraverso speciali software, che permettono di mantenere il più assoluto anonimato: è questo il dark web. Una realtà piccola ma sfuggente che ospita siti di ogni tipo, dai forum di hacker a portali di compravendita di armi e droghe.

I ricercatori hanno passato al vaglio e analizzato le connessioni di tutte le pagine presenti in questa rete, che ricade sotto il dominio “.onion”, creandone per la prima volta una mappa. I dati mostrano che solo 7mila delle 25mila pagine contenute nel dark web sono connesse tra loro, mentre l'87% dei siti non ha connessioni con altri portali.

Secondo i ricercatori, questo aspetto è legato alle particolari necessità degli utenti del dark web, che sono molto meno “social” rispetto a quelli della rete visibile. Per questo motivo, è in realtà abbastanza improprio chiamare questa realtà come “rete”, o “web”.

Fonte: repubblica.it