Le bugie: il lunguaggio del corpo le smaschera

BugieSorriso, tono della voce, contrazione dei muscoli: ci sono diversi segnali che il corpo invia per decifrare il vero pensiero del nostro interlocutore; attenzione però ai nostri pregiudizi.

Tutti abbiamo paura di essere “presi in giro” e, quindi, delle bugie altrui. Così il nostro cervello si è dovuto, per forza, inventare una serie di filtri per comprendere il linguaggio di comunicazione e distinguere ciò che di vero c’è nelle parole di chi ci sta davanti da ciò che è falso.

Esistono però degli appositi studi, quelli sulla “Comunicazione Non Verbale”, che hanno, tra i vari obiettivi, quello dell’analisi della credibilità di ciò che afferma un interlocutore.

Il “sogno” di poter leggere e distinguere le menzogne dalla verità esiste da secoli e oggi sembra diventare un obiettivo concreto.

Ma c’è sempre un nemico in agguato: i cosiddetti “falsi positivi”, ossia i segnali emessi dal corpo che sembrerebbero indicativi di “bugia”, ma che invece, per altri motivi (a volte banali), ci sviano e ci fanno cadere in errore: sono una sorta di “rumore di disturbo”.

Un’analisi attenta non può prescindere dal distinguere ed eliminare proprio questi “rumori”!

Per cimentarci in modo però più pratico, partiamo da uno dei segnali più semplici ed immediati da “studiare”: l’analisi del sorriso.

Come riconoscere un “sorriso falso”?

Spesso ci si lascia ingannare dal sorriso falso. Riconosciuto come una delle armi più frequenti per mascherare altri sentimenti, controbilancia tutte le emozioni negative e soprattutto, è la cosa più “facile” da fare.

Il sorriso sincero, tramite una contrazione spontanea, coinvolge non solo – come spesso si pensa – i muscoli della bocca che contribuiscono a sollevare gli angoli della stessa verso gli zigomi, ma anche gli occhi. Se l’azione è forte si creano delle piccole “rughe” ai lati degli occhi e si produce un lieve abbassamento delle sopracciglia, elementi che aiutano a determinare il sorriso sincero.

Solo la contrazione del muscolo, infatti, è associata a vere sensazioni di piacere, come ha dimostrato P. Ekman misurando l’attività celebrale di soggetti sorridenti.

In un esperimento condotto dallo studioso, a seguito di un’intervista successiva all’aver mostrato dei video a delle infermiere, alternativamente piacevoli e orripilanti, vennero presi come indicatori di menzogna (quindi di sorriso falso): “la mancata partecipazione dei muscoli intorno agli occhi e la presenza di segni di disgusto (naso arricciato) o disprezzo (angoli della bocca stretti). I risultati sono stati esattamente quelli previsti”. Ciò che stupisce riguarda il fatto che nessuno si concentra su questi indizi per giudicare la sincerità o meno del suo interlocutore e allo stesso tempo, come funzionino bene gli indizi di inganno.

Sembra che vi siano decine e decine di “sorrisi”, ognuno dei quali porta con sé aspetti e messaggi differenti.

Non bisogna ingenuamente convincersi che il sorriso sia solo espressione di gioia (indipendentemente dalla volontà di utilizzarlo per nascondere qualcos’altro). Esiste, per citarne uno tra tanti, il sorriso di paura che coinvolge differenti muscoli facciali che tirano gli angoli della bocca verso le orecchie.

Il “sorriso autentico” dura a lungo

Il sorriso falso è l’unico che mente.

Un sorriso triste dimostra che non si prova nessun piacere.

Un sorriso falso vuole nascondere qualcosa, come un’emozione negativa, per esempio, facendo credere l’opposto al proprio interlocutore.

Il sorriso falso è spesso più asimmetrico, non è caratterizzato dalle tipicità riferite prima (come le “rughe” attorno agli occhi) presenti nel sorriso autentico. A tal proposito Ekman riferisce: “Se il sorriso falso è più ampio, l’azione stessa del muscolo zigomatico maggiore avrà l’effetto di sollevare le guance, raccogliere la pelle sotto gli occhi e produrre le zampe di gallina. Ma non abbassa il sopracciglio. Se vi mettete davanti lo specchio e fate lentamente un sorriso sempre più accentuato, noterete che pian piano le guance si solleveranno e le zampe di gallina compariranno; ma le sopracciglia non si abbasseranno, a meno che mettiate in azione i muscoli intorno all’occhio. La mancata partecipazione delle sopracciglia è un indizio sottile ma cruciale per distinguere il sorriso autentico da quello falso, quando è molto largo” (1).

Inoltre, i tempi sono diversi. Un sorriso autentico dura a lungo mentre un sorriso falso può mostrarsi e scomparire bruscamente.

Il tono della voce

Un tono più acuto e stridulo, e spesso un tono di voce più alto rispetto a quelli consoni del nostro interlocutore, possono essere un ulteriore indizio di menzogna. L’eloquio può risultare più rapido, accorciando le pause tra le parole.

Caccia alle streghe

Nonostante tutti gli indici possibili di cui si è parlato, non bisogna dimenticare l’importanza delle differenze individuali.

La necessità, prima di saltare a conclusioni affrettate, di comprendere la modalità comunicativa del nostro interlocutore che, per esempio, potrebbe continuamente giocare con un oggetto portando magari lo sguardo su di esso, mentre parla con noi, senza per questo poter essere certi che stia mentendo (come spesso si ritiene). Potrebbe essere, invece, proprio una sua caratteristica.

Un altro problema di rilevante importanza da considerare, riguarda quello che Ekman definisce come “Errore di Otello”: “questo errore capita quando l’inquisitore non tiene conto del fatto che l’inquisito sotto stress, anche se è sincero, può sembrare che menta” (1).

Un innocente che sa di essere sospettato può aver paura di non riuscire a dimostrare la propria innocenza, quindi di non essere creduto e la sua paura potrebbe essere confusa, per esempio, con la preoccupazione che prova il bugiardo di essere scoperto.

Una grande varietà di emozioni, scaturite da ragioni differenti, naturalmente, può essere provata sia dal bugiardo che dall’innocente.

L’errore di Otello, che nella tragedia shakespeariana uccide Desdemona perché la ritiene colpevole di tradimento, ignorando le sue giustificazioni, senza capire che le sue reazioni non dimostrano nulla, ma sono solo dettate dalla paura che la donna prova dell’eventualità di essere uccisa, è un esempio di come i preconcetti possono distorcere il giudizio (2).

Sarebbe quindi auspicabile che chi desidera comprendere se il suo interlocutore stia mentendo, tenga conto dei propri preconcetti.

Un innocente accusato può naturalmente provare delle emozioni legate al suo essere sospettato che non sono necessariamente indizio di menzogna.

Come dice Shopenhauer: “Se avete ragione di sospettare che una persona vi stia dicendo una menzogna, cercate di apparire come se credeste ad ogni parola che ha detto. Ciò gli darà il coraggio di continuare; diventerà più energico nelle sue affermazioni e finirà per tradirsi”.

Concludiamo con una frase dei Pink Floyd in “Wish You Were Here”: “Can you tell….A smile from a veil?”

Riferimenti:

(1) Ekman, 2009.

(2) Per approfondimenti alla tragedia vedere: William Shakespeare, Otello atto V scena II.

Fonte: laleggepertutti.it