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- Posted By: Redazione
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Tutti, di solito, inorridiscono per le centinaia di milioni di bambine “mancanti” in Cina e in India, a causa degli aborti sesso-selettivi. Ora la barbara pratica ha luogo nella “civile” Inghilterra, nell’indifferenza dell’autorità giudiziaria
In Gran Bretagna ha suscitato molto scalpore la vicenda che vede coinvolto Keir Starmer, direttore della Procura Generale del paese, il quale ha deciso di non perseguire penalmente due medici, al centro di un’inchiesta del “Daily Telegraph”, accusati di aver procurato aborti solamente perché il feto nascituro era femmina.
Il caso si è sviluppato in seguito ad un reportage investigativo del “Daily Telegraph”, durato diciannove mesi, nel quale è stata fatta luce su una pratica diffusa, all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche e private del Regno Unito, nelle quali i medici britannici falsificavano i documenti per far abortire le donne sulla base del sesso del feto.
L’inchiesta, condotta attraverso un reporter in incognito, ha coinvolto nove cliniche facendo emergere come i medici inglesi siano disposti a far abortire una donna “insoddisfatta del sesso del bambino”.
Il procuratore inglese Starmer, di fronte al vespaio di polemiche levatesi a seguito della sua decisione, si è giustificato, limitando il discusso operato dei medici a una semplice cattiva condotta professionale e precisando come le donne al centro dell’inchiesta abbiano addotto più di un elemento a motivo della loro scelta di abortire, cosicché non è stato possibile isolare il fattore “sesso”.
A supporto della sua tesi, Starmer si è appellato, inoltre, al parere della “British Medical Association” la quale ha subito rivendicato la legittimità dell’aborto sesso-selettivo sostenendo: “Non è etico terminare una gravidanza sulla base del sesso del feto. (…) Tuttavia si deve prendere in considerazione l’effetto sulla situazione della madre. In alcune circostanze i medici possono arrivare alla conclusione che il sesso del bimbo abbia conseguenze per la madre così gravi da fornire giustificazione etica e legale per la fine della gravidanza”. Sulla stessa linea, Ann Furedi, a capo di “Bpas”, una charity che si occupa di più di un quarto degli aborti effettuati nel Regno Unito e nel Galles, la quale ha affermato che «la legge non impedisce alle donne di scegliere l’aborto per motivi di “genere”» ed ha aggiunto, «se i dottori reputano che andare avanti con la gravidanza possa comportare dei danni psicologici alla madre, l’aborto è legale».
Una cinquantina di parlamentari di entrambi gli schieramenti politici hanno manifestato il loro aperto disappunto riguardo la decisione del «Crown Prosecution Service».
Il Tory David Burrowes, ha affermato: «La decisione del CPS di non perseguire penalmente i medici è stata una mancanza di dovere, (…) sarei estremamente deluso se il CPS cercasse di sostituirsi ai politici e al Parlamento facendo passare l’idea che ciò è una violazione che non debba essere perseguita». Dello stesso parere Andrea Williams, direttore del «Christian Legal Centre», il quale ha dichiarato: “Questo è contrario alla legge. Il Parlamento fa le leggi e il CPS dovrebbe renderle effettive.(…) Noi crediamo nel ruolo della legge e che le bambine non debbano essere abortite solamente perché si vogliono dei bambini“. Infine il Tory Julian Brazier ha sottolineato come tale provvedimento sia «la conferma che abbiamo l’aborto su richiesta. La legge sull’aborto non fornisce alcun quadro normativo.
È triste costatare che la Gran Bretagna è l’unico paese occidentale in cui si può legalmente abortire per motivi di “genere”».
L’inquietante vicenda inglese svela l’ipocrisia e l’arbitrio ideologico che si cela dietro alle leggi abortiste e mette il paese britannico sulla scia della Cina e dell’India dove l’orrenda pratica dell’aborto selettivo è da secoli una prassi diffusa.
Autore: Rodolfo de Mattei / Fonte: prolifenews.it