Curiosità

Barbara Negri: i terrestri sono il prodotto di una creazione aliena

L’homo sapiens sarebbe un prodotto genetico ( creazione) ricavato dalla clonazione degli ominidi, su cui sarebbe stato innestato il Dna dei misteriosi Elohim

Non siamo soli, nello spazio? Contro-domanda: e come potremmo esserlo, se fossimo noi stessi il prodotto di una creazione aliena, cioè di un esperimento di “vita forming”?

Lo ha affermato, clamorosamente, una scienziata come Barbara Negri, dirigente dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana. Secondo Mauro Biglino, che ha tradotto 19 libri biblici per le Edizioni San Paolo, la Genesi lo racconterebbe chiaramente: l’homo sapiens sarebbe un prodotto genetico ricavato dalla clonazione degli ominidi, su cui sarebbe stato innestato il Dna dei misteriosi Elohim, gli individui come Yahvè (la Bibbia ne cita una ventina, chiamandoli per nome) che “fabbricarono” gli adamiti nel Gan, centro sperimentale per l’agricoltura e l’allevamento impiantato nella regione di Eden, fra la Turchia e il Mar Caspio.

Da dove venivano, gli Elohim come Yahvè? «Ci sono forme di vita intelligenti, là fuori. E dobbiamo essere cauti nel riferirne, se non altro fino a quando non ne sapremo di più». Lo disse nientemeno che Stephen Hawking, cioè il fisico teorico, cosmologo, fisico matematico e astrofisico più importante dell’ultimo secolo. Si moltiplicano segnali inquietanti, come per prepararci a qualcosa che ricorda i fantascientifici “incontri ravvicinati”: non esiteremmo a battezzare gli eventuali “fratelli dello spazio”, dicono i gesuiti, che gestiscono sul Mount Graham in Arizona un potente centro di osservazione astronomica vocato all’indagine sull’esobiologia, cioè la vita extraterrestre.

«Tra le varie tesi per spiegare l’origine e la provenienza degli Ufo, nel caso in cui si accertasse in modo inequivocabile la loro matrice extraterrestre intelligente e tecnologica», scrive “Blasting News”, (1) gli ufologi hanno da sempre sostenuto che la specie umana «sia stata creata da creature provenienti da “altrove”, in grado di manipolare il Dna e capaci di “giocare” facilmente con la genetica, sperimentando nuove specie intelligenti e, quanto meno, simili ai loro “creatori”».

Lo scopo, da parte di questi esseri ipoteticamente extraterrestri, sarebbe quello di «produrre manovalanza su vari corpi celesti, con obiettivi al momento ignoti».

In Brasile una megalopoli costruita dalle termiti

Nella foresta brasiliana di Caatinga le termiti hanno costruito grandi e complessi edifici a forma di torri con intricati sistemi di tunnel sotterranei

Le termiti hanno costruito grandi e complesse megalopoli composte da catene di tunnel sotterranei in un'area di circa 233.000 km quadrati

La più grande e complessa megalopoli terrestre non è stata costruita dall'uomo, ma neppure dagli extraterrestri: i suoi costruttori sono le termiti.

Un team di scienziati ha appena calcolato, con l'aiuto di immagini satellitari, la reale estensione della distesa dei tumuli di terra innalzati dalle termiti nella foresta di Caatinga, nel nord-est del Brasile. Hanno scoperto che è formata da circa 200 milioni di coni di terra alti fino a 2,5 metri e larghi fino a 9, che insieme ricoprono un'area di circa 233.000 km quadrati: più o meno quanto la Gran Bretagna.

Roy Funch (Universidade Estadual de Feira de Santana, Brasile) conosce queste sofisticate opere architettoniche dagli anni '80, ma è solo negli ultimi tempi che la deforestazione ha reso riconoscibili i blocchi di terra accatastati dalle termiti.

Questi insetti sociali sono conosciuti per la loro capacità di costruire complessi edifici a forma di torri con intricati sistemi di tunnel. I tumuli, però, sono qualcosa di diverso: non si tratta di nidi abitati, ma di cumuli di terra di riporto mentre questi animali lavorano a catene di tunnel sotterranei, sepolti tra un cono e l'altro e al sotto di essi. In migliaia di anni, la terra messa da parte si accatasta in queste strutture a forma di cono prive di strutture interne.

In Canada visita al museo come terapia

La visita di una mostra, il contatto con l’arte, la cultura, è una terapia per chi soffre di disturbi psicologici ma anche a chi ha una malattia

Il progetto si chiama “The Art Hive” e rappresenta un passo decisivo per quella che è chiamata arte-terapia, secondo la quale la visita di una mostra, il contatto con l’arte, la cultura aiuta chi sta combattendo vere e proprie battaglie fisiche contro una malattia

E poi ci vengono a dire che con l’arte non si campa. La nuova frontiera della medicina proviene dal Canada e parrebbe sovvertire totalmente il significato letterale della suddetta affermazione. Dal primo novembre ogni dottore avrà la possibilità non di consigliare ma di prescrivere ai propri pazienti una bella visita al museo. Si chiamerà “The Art Hive”(1) e rappresenterà un passo decisivo per quella che è chiamata arte-terapia, secondo la quale la visita di una mostra, il contatto con l’arte, la cultura, non sarebbe solo utile a chi soffre di disturbi psicologici ma anche a chi sta combattendo vere e proprie battaglie fisiche contro una malattia.

Un esperimento che durerà un anno

Come scrive la rivista online specializzata positizie.it(2) “Ovviamente la prescrizione, ovvero la visita al museo, sarà totalmente gratuita per i pazienti e per il loro accompagnatore, più due minori di 17 anni, quindi un’intera famiglia, ogni medico avrà a disposizione 50 visite per altrettanti pazienti che ne potrebbero trarre beneficio”. Ancora si parla di un esperimento, il primo del genere al mondo, che sarà messo in atto per un intero anno; subito dopo aver analizzato i feedback da parte dei pazienti si deciderà se continuare o meno.

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