Filosofia

Il sonno ci collega col mondo astrale

Quando alla sera voi andate a dormite vi recate a scuola nel mondo astrale. Ciò che imparate di notte viene poi applicato durante il giorno.

Prima di andare a letto alla sera, passate dieci o quindici minuti esaminando come avete passato la giornata e osservando gli sbagli che avete commesso.

Riparate quindi mentalmente ai vostri errori, in­spirate profondamente un paio di volte e quando vi sarete calmati, andate a letto. Il sonno sarà buono e rivitalizzante. Se riuscite a prendere l’abitudine di andare a letto presto, sarete capaci di dare al vostro corpo la quantità di prana necessaria, per restare in ottima salute.

Quando voi dormite andate a scuola nel mondo astrale. Ciò che imparate di notte viene poi applicato durante il giorno, perciò prima di andare a letto, potreste dire a voi stessi: “Ora vado a scuola nel mondo astrale, per imparare qualcosa di nuovo che applicherò poi sulla terra”. Vi è un numero sempre maggiore di persone, le quali riescono a percepire in questa fase di sonno, il richiamo degli Angeli: tutti questi uomini e donne vengono radunati da ogni angolo della Terra, nelle “Aule Notturne di Apprendi­mento” per essere istruite occultamente.

Quasi nessuno al risveglio ricorda ciò che ha appreso nella notte, perché questa è la regola, tuttavia con la mente libera da condizionamenti o ricordi, ciascuno può lavorare al Piano divino concepito per l’evoluzione della Terra, con i propri mezzi, piccoli o grandi che siano. La selezione in “classi di apprendimento” viene effettuata su tutto il pianeta, fra uomini e donne di ogni età, dai bambini agli anziani. Non viene tenuto conto del livello culturale, né tanto meno, ovviamente, della condizione sociale. Viene piuttosto esaminata l’aura degli individui, scegliendo quelli predisposti al servizio attivo.

Dall’alto ci osservano e ci valutano, perché quasi tutti siamo utili per gli imperscrutabili disegni umanitari dei Maestri.

La fisica quantistica conferma l'esistenza dell'anima

Secondo 2 fisici quantistici l'anima sarebbe inserita all’interno di microstrutture contenute all’interno delle nostre cellule cerebrali.

Una teoria rivoluzionaria sostiene che l’ anima umana è una delle strutture fondamentali dell’Universo e che la sua esistenza è dimostrabile grazie al funzionamento delle leggi della fisica quantistica.

Con la morte fisica, le informazioni quantistiche che formano l’anima non vengono distrutte, ma lasciano il sistema nervoso per essere riconsegnate all’Universo.

Due fisici quantistici di fama mondiale, l’americano dott. Stuart Hameroff e l’inglese Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che potrebbe dimostrare definitivamente l’esistenza dell’anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite all’interno di microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all’interno delle nostre cellule cerebrali (neuroni).

L’anima sarebbe composta da prodotti chimici quantistici, che nel momento della morte fuggono dal sistema nervoso per entrare nell’universo.

La loro idea nasce dal concetto del cervello visto come un computer biologico.

La coscienza sarebbe una sorta di programma per contenuti quantistici nel cervello, che persiste nel mondo dopo la morte di una persona.

Sognare come un bambino

I sogni sono la dimensione dello stupore e dell’entusiasmo e l’intuizione dell’infinito che accompagna la scoperta del mondo da parte del bambino

Tutti gli esseri umani, al di là di ciò in cui dicono di credere e delle formule con le quali sono soliti ammantarsi, possono essere divisi in due sole, grandi categorie antropologiche: quella di quanti hanno saputo conservare i propri sogni, come un bambino, e quella di coloro che li hanno seppelliti.

Questa ripartizione equivale, in sostanza, a quella solo apparentemente più drastica, tra quanti sono realmente “vivi”, con l’anima desta e pronta ad accogliere fervidamente il reale, e quanti sono, in realtà, “morti”: morti spiritualmente, morti dentro; anche se magari, non se ne rendono conto e riempiono il cimitero della loro vita con una quantità di parole e di azioni.

Un proverbio degli aborigeni australiani afferma che colui che perde i suoi sogni, perde sé stesso; e questo perchè la mitologia di quel popolo è tutta pervasa dalla nozione del “tempo del sogno” (dreamtime), percepito come la vera dimensione della realtà, anteriore a quella storica e materiale; più precisamente, il “tempo del sogno” corrisponde all’epoca antecedente alla creazione del mondo, quando le creature sognanti cantavano tutto il creato, per cui il mondo altro non è che la risultante di un tessuto musicale fatto, come direbbe lo “Shakespeare” della “Tempesta”, della stessa sostanza dei sogni.

Vi è una saggezza ancestrale in questa concezione del mondo, antica decine di migliaia di anni; faremmo bene, noi uomini moderni e “civilizzati”, a non sottovalutarla e a non respingerla sdegnosamente, solo perchè “non razionale” e “non scientifica”: infatti esiste una verità che sta al di là e al di sopra della ragione, e per la quale il nostro sapere scientifico non è che la descrizione puramente esteriore delle cose e dei fenomeni.

Che cos’è un uomo senza i suoi sogni? Un vuoto simulacro; un contenitore privo di contenuto; un grumo di ambizioni, paure, desideri, calcoli e astuzie; “un essere-per-la-morte” che è già morto da un pezzo, cosa di cui gli altri si accorgono, ma non lui, aggrappato alle sue illusioni, al suo mezzo sapere, al suo banale sopravvivere quotidiano.

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