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- Posted By: Redazione
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Valori di diossina a Taranto mai registrati prima in Italia. Concentrazioni altissime rilevate tra l’agosto del 2013 e il febbraio del 2015, in piena amministrazione statale dello stabilimento Ilva.
È di ieri, 26 febbraio 2016, la richiesta da parte di Peacelink al Ministero dell’Ambiente di conoscere urgentemente i rapporti sulle deposizioni della diossina, analisi che l’Ilva avrebbe già effettuato e che non sono mai state rese pubbliche. Il problema era ed è di capire perché quei dati non sono mai stati divulgati. Da essi, dal loro valore dipende la salute della popolazione di Taranto.
La questione diossina a Taranto, infatti, è uno spettro antico e drammatico, che ha già messo in ginocchio la città e fatto partire il Processo Ilva ‘Ambiente Svenduto’. E la paura, costante, rimane.
In questi mesi, sono stati numerosi i filmati di animali al pascolo intorno allo stabilimento, dove il divieto di pascolo libero interessa un raggio di 20 chilometri dallo stesso stabilimento. Un raggio entro cui vivono migliaia persone.
Arpa Puglia, contattata da Peacelink, aveva già risposto il 10 febbraio scorso che essa stessa era ancora in attesa di ricevere i dati riguardanti i valori della diossina. Li attendeva dall’Ilva.
È inconcepibile, inquietante, che la struttura commissariale di uno stabilimento di tale portata e con tali problemi ambientali possa prendersi il lusso di non comunicare tempestivamente dati così essenziali per la salute umana, in un contesto così delicato e martoriato come quello di Taranto.
Sembra che a riscontrare picchi fino a 790 picogrammi al metro quadrato, a fronte di una soglia di riferimento di 21 picogrammi al metro quadro (soglia limite di riferimento di Arpa), siano stati due laboratori terzi per conto della stessa Ilva.
I dati sarebbero contenuti in una relazione stilata dal Politecnico di Torino il 23 dicembre 2015, che l’azienda avrebbe inviato al Ministero dell’Ambiente e che il Ministero avrebbe omesso di divulgare.
Anche il dato di febbraio 2015, di 212 picogrammi, è estremamente allarmante; così come lo è il valore medio dei 19 mesi presi in esame, di 56 picogrammi al metro quadro.
Dati mai resi pubblici. Analisi che Ilva avrebbe comunicato alle Autorità e che non hanno fatto scattare nessun allarme.
I valori registrati a Taranto, da quanto si legge, sarebbero superiori a qualunque altro valore di cui si è a conoscenza in Italia, un record assoluto.
Un dato sconvolgente. Da sterminio. La cui gravità, se confermato il nesso con le attività Ilva, dovrebbe portare alla sbarra un’intera classe politica e di governo e far chiudere l’impianto con effetto immediato.
Peacelink ha inviato ieri una lettera sull’argomento al Commissario Europeo per la Concorrenza, Margarethe Vestager, che segue la questione Ilva per la parte aiuti di stato ma che si è mostrata molto attenta al profilo ambientale e sanitario dell’affaire Ilva.
Solo pochi giorni fa, Peacelink aveva tenuto un incontro presso il Parlamento Europeo aggiornando l’Aula sulla questione Taranto. E incontrando resistenze da parte dei rappresentanti del Governo, che si erano affrettati a definire migliorata la situazione ambientale e, di conseguenza, sanitaria.
Dopo i dati diffusi oggi non servono commenti.
Appare più che evidente che, se tali dati fossero confermati, sarebbero già state condannate numerose generazioni di tarantini.
Le responsabilità del governo sarebbero immense.
Ci si chiede come sia possibile che il Primo Ministro ed il Ministro dell’Ambiente abbiano potuto continuare in tutti questi mesi a discutere della questione Ilva, di politiche industriali, strategie, banalizzando il problema ambientale e addirittura accusando la Commissione Europea, con le associazioni, di voler bloccare azioni a protezione dei bambini di Taranto. Il tutto mentre essi stessi sarebbero stati a conoscenza di una tale terribile verità.
Il governo ha gestito la questione Ilva, e continua a farlo, cercando di vendere lo stabilimento, con grandissima leggerezza a fronte di queste drammatiche informazioni. C’è da rabbrividire al solo pensarci, perché non è concepibile che informazioni di questo tipo siano state taciute alla popolazione. E se lo si è fatto, un motivo ben preciso ci deve pur essere.
Il 1 febbraio è diventato legge un ddl che sposta alla primavera del 2017 il completamento delle minimali misure di messa a norma dello stabilimento.
E addirittura ieri il Commissario Ilva Laghi, durante un’audizione presso la Commissione attività produttive della Camera, ha dichiarato che dall’inizio degli investimenti ambientali c’è stata una riduzione delle emissioni di polveri di oltre il 55% e che grazie agli investimenti promossi a livello ambientale, è stato completato il 93% delle prescrizioni ambientali.
Se tutto fosse confermato, saremmo in una situazione di vero e proprio genocidio. E molti, moltissimi dovevano sapere.
Autore: Antonia Battaglia / Fonte: temi.repubblica.it