Nanotecnologie

Prodotti diamanti nanometrici in un bicchiere d’acqua

DiamantiIl diamante naturale è una forma allotropica del carbonio ed è costituito da un reticolo cristallino di atomi disposti in una struttura tetraedrica creato attraverso un processo di natura geologica.

I diamanti sintetici sono invece un prodotto tecnologico che l’uomo ha tentato di riprodurre in laboratorio fin dal diciannovesimo secolo.

Tuttavia solo a partire dal 1940, negli Stati Uniti, in Svezia e nell'Unione sovietica, usando i processi di sintesi a deposizione chimica da vapore (Chemical Vapor Deposition - CVD) e di sintesi ad elevata pressione e temperatura (High - Pressure High - Temperature - HPHO) ha avuto inizio una vera e propria ricerca sistematica.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento (Laboratorio IdEA del Dipartimento di Fisica) in collaborazione con il Centro di Neuroscienze e Sistemi Cognitivi dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto (CNCS - IIT) coordinato da Angelo Bifone ha condotto una ricerca, pubblicata su Scientific Reports, sulla produzione di diamanti di dimensione nanometrica attraverso l’emissione di impulsi molto intensi di luce ultravioletta verso della grafite contenuta in un bicchiere d’acqua.

Gli antichi romani utilizzavano ‘nanotecnologie’ per creazioni artistiche

I romani sapevano come fare e come utilizzare le nanoparticelle per creazioni artistiche. Non è la prima volta che la tecnologia romana sorprende i ricercatori moderni, superando il livello attuale di conoscenza.

Il meraviglioso calice che vedete nella foto (sopra) possiede una intrigante caratteristica: quando è illuminato da una fonte diretta, esso appare di color verde-giada, mentre se la fonte di luce è posta dietro l’oggetto, esso apparirà di colore rosso sangue.

Si tratta di un calice di vetro, conosciuto come ‘La Coppa di Licurgo’, poiché riporta una scena che coinvolge il re Licurgo di Tracia, importante personaggio della mitologia greca.

Acquistato nel 1950 dal British Museum, l’enigmatica proprietà del calice ha sconcertato gli scienziati per decenni. Una prima risposta arrivò solo nel 1990, quando un team di ricercatori inglesi, esaminando alcuni frammenti del calice al microscopio, scoprirono che gli artigiani romani furono pionieri nell’utilizzo di nanotecnologie.

La tecnica consisteva nell’impregnare il vetro con una miscela di particelle di argento e oro, fino a farle raggiungere le dimensioni di 50 nanometri di diametro, meno di un millesimo delle dimensioni di un granello di sale.