Biodiversità

Sulla Terra, un quarto dei vertebrati muore a causa degli umani

Secondo una ricerca, gli esseri umani causano più di un quarto delle morti tra le oltre 35mila specie di vertebrati terrestri esistenti in tutto il mondo

Secondo un recente studio, oltre il 25 per cento delle morti, tra i vertebrati in tutto il mondo, sono causate dalle attività degli uomini.

Gli esseri umani hanno un effetto molto negativo sulle altre specie di vertebrati che condividono la superficie della Terra. Un team di scienziati del SUNY College of Environmental Science and Forestry (ESF) di Syracuse, New York, e il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti ha analizzato le cause di morte di 42.755 animali che sono stati segnalati in 1114 studi pubblicati. Hanno scoperto che il 28% delle morti degli animali sono state causate direttamente dall'uomo.

Lo studio è stato pubblicato lo scorso mese di gennaio (2019) dalla rivista journal Global Ecology and Biogeography. (1)

“Secondo i nostri calcoli, gli esseri umani causano più di un quarto delle morti tra le oltre 35mila specie di vertebrati terrestri esistenti in tutto il mondo”. Spiega il dottor Jerrold L. Belant, (2) professore del Camp Fire Conservation Fund dell'ESF. “E queste sono solo cause dirette: quando si considera anche la crescita urbana e altri cambiamenti nell'uso del suolo che riducono l'habitat, diventa chiaro che gli umani hanno un effetto negativamente sproporzionato su altri vertebrati terrestri”.

il professor Jerrold L. Belant ha condotto lo studio con Jacob E. Hill, un altro membro della facoltà dell'ESF, e Travis L. DeVault del Servizio di ispezione sanitaria per animali e piante dell'USDA.

Lo studio comprendeva mammiferi, uccelli, rettili e anfibi morti nel Nord e Sud America, Europa, Asia, Africa e Oceania tra il 1970 e il 2018. Tutti erano stati etichettati come parte di progetti di ricerca.

Gli autori dello studio hanno analizzato le morti accertate di 120.657 singoli animali provenienti da 305 specie di vertebrati. Circa 42.000 erano deceduti di morte naturale. Complessivamente, il 28 per cento dei decessi era stato causato direttamente dall'uomo; l'altro 72 percento era stato causato da fonti naturali. Predazione (55%) e raccolta legale (17%) sono risultate le principali fonti di mortalità.

Le dighe nelle foreste tropicali alterano la biodiversità e gli ecosistemi

Le dighe non vanno costruite nella foresta tropicale delle pianure come il bacino amazzonico a causa degli impatti sulla biodiversità acquatica e terrestre

Le dighe non dovrebbero essere costruite nelle regioni di foresta tropicale di pianure a causa della minaccia che rappresentano per la biodiversità e gli ecosistemi, secondo gli esperti dell'Università di Stirling.

La raccomandazione - pubblicata nel Journal of Applied Ecology (1) - viene da un nuovo studio che si concentra sul sistema idroelettrico di Balbina nell'Amazzonia brasiliana. Come molti sistemi idroelettrici nella regione, la diga di Balbina ha causato un'estesa frammentazione delle foreste, con vaste aree di terra allagate una volta chiusa la diga, trasformando in isolette la cime delle colline, oramai sommerse.

L'area delle isole forestali createsi nell'invaso della diga non è stata presa in considerazione nella valutazione dell'impatto ambientale e nel processo di rilascio delle licenze delle dighe. Gli esperti hanno scoperto che le comunità arboree sulle isole di Balbina sono "instabili", con alcune specie rare che si estinguono a causa dell'isolamento e della densità degli alberi. Questo potrebbe portare a future perdite nella biodiversità e nel funzionamento degli ecosistemi, come lo stoccaggio del carbonio, attraverso le 3.500 riserve di Balbina.

La dott.ssa Isabel Jones, ecologa della Facoltà di Scienze Naturali di Stirling che ha condotto la ricerca, ha dichiarato: "Idealmente, raccomandiamo di non costruire dighe nelle regioni di foresta tropicale delle pianure come il bacino amazzonico, a causa degli impatti di vasta portata sulla biodiversità acquatica e terrestre".

Le alluvioni associate alla costruzione di mega-dighe nelle regioni di foresta tropicale pianeggiante possono influire negativamente sulla biodiversità attraverso la perdita di habitat terrestri e acquatici. In tutto il mondo, le dighe hanno spostato tra i 40 e gli 80 milioni di persone portando a impatti sociali significativi.

Inoltre, i bacini artificiali nelle regioni tropicali come il bacino amazzonico possono emettere quantità significative di gas serra, incluso il metano, che può rendere le dighe tropicali molto meno "verdi" rispetto ad altre fonti rinnovabili. Nonostante questo, la costruzione di dighe in Amazzonia è in aumento, con oltre 280 nuove dighe pianificate o già in costruzione, mettendo ia rischio di impatti una regione critica per l'equilibrio climatico globale e per la biodiversità.

Il surriscaldamento causerà la femminilizzazione delle tartarughe verdi

Il sesso delle tartarughe appena nate è determinato dalla temperatura, e attualmente circa il 52 per cento delle tartarughe verdi da cova sono femmine

Fino al 93 per cento dei piccoli di tartarughe verdi potrebbe essere di sesso femminile entro il 2100, poiché i cambiamenti climatici causano la “femminilizzazione” della specie.

Il sesso delle tartarughe appena nate è determinato dalla temperatura e attualmente circa il 52% delle tartarughe verdi da cova - una delle sette specie di tartarughe marine - sono femmine.

Uno studio dell'Università di Exeter e del Centro per le Scienze Marine ed Ambientali(1) (Portogallo) suggerisce che nelle temperature più calde, previste dalle stime dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il 76-93% dei nascituri di tartaruga verde sarà di sesso femminile. Le cifre stimate si riferiscono alla ricerca fatta in Guinea-Bissau e in Africa occidentale, ma i ricercatori si aspettano un quadro simile a livello globale.

Secondo gli studiosi l'incremento della proporzione porterebbe inizialmente a un numero maggiore di nidificazioni di femmine con un conseguente aumento della popolazione per poi arrivare a un repentino declino poiché le temperature di incubazione raggiungerebbero livelli considerati letali. Inoltre, l'innalzamento del livello del mare sommergerà il 33-43% delle attuali aree di nidificazione utilizzate dalle tartarughe verdi sulle spiagge in cui è stato effettuato lo studio.

la dottoressa Rita Patricio,(2) del Center for Ecology and Conservation dell'Università di Exeter's Penryn Campus in Cornovaglia, (Centre for Ecology and Conservation in Cornwall)(3) spiega: “le tartarughe verdi dovranno affrontare seri problemi in futuro a causa della perdita di habitat e dell'aumento delle temperature. I nostri risultati suggeriscono che la popolazione nidificante delle tartarughe verdi dell'Arcipelago di Bijagós, in Guinea-Bissau, farà fronte agli effetti del cambiamento climatico fino al 2100.

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