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Riflessioni sul fenomeno immigrazionista

ImmigrazioneE’ in atto una trasformazione epocale, in cui la nostra società così come l’abbiamo conosciuta finora, potrebbe presto scomparire grazie ad una globalizzazione che sta proseguendo spedita, assieme all’attacco finale contro gli stati nazionali.

Essi sono per definizione costituiti da popolo, territorio e sovranità, tre elementi ormai in via di profonda modificazione, se non di estinzione. Una sovranità ormai completamente sostituita da un virulento potere finanziario, da interessi stranieri e da istituzioni sovranazionali spesso non elette da nessuno. Un territorio che non appartiene più al suo popolo ma è diventato libera terra di conquista, vendita e installazione di teste di ponte straniere. Rimane da estirpare il primo punto, ovvero il popolo autoctono, e lo si sta facendo tramite l’immigrazione di massa.

Qui di seguito sono riassunte le armi che ancora rimangono per combattere questa deriva, utili in primo luogo a mettere in luce i danni e le contraddizioni dell’ideologia immigrazionista. Fatene buon uso!

1) “Gli immigrati sono una risorsa”

Qualsiasi persona che decida di trasferirsi in un altro Paese deve mantenersi, e può farlo solo in tre modi:

Spettro povertà ed esclusione sociale per 17,5 mln di italiani

Povertàl dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014, ma peggiorano le condizioni delle famiglie con almeno 5 componenti

La fotografia scattata dall'istat sulla povertà in Italia è impietosa: oltre uno su quattro è a rischio, con dati drammatici al Sud del Paese, dove la percentuale si avvicina a metà della popolazione. Di più, la diseguaglianza tra i redditi dei ricchi e dei poveri è tra le maggiori in Europa. Il 'metro' per misurare la situazione è la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020, ovvero deve verificarsi almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro.

I DATI - Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale. La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).

Si rilevano segnali di peggioramento tra chi vive in famiglie con almeno cinque componenti (dal 40,2% al 43,7%) e, in particolare, tra chi vive in coppia con almeno tre figli (da 39,4% a 48,3%, pari a circa 2.200.000 individui). Tale peggioramento è associato ad un incremento sia del rischio di povertà (+7,1%) sia della grave deprivazione materiale (+3%). Per gli stessi individui si osserva, invece, un miglioramento per la bassa intensità lavorativa (che passa dal 14,6% al 12,4% tra gli individui delle famiglie numerose e dal 14,1% all'11,4% tra le coppie con almeno tre figli).

L'Italia dell'economia sommersa

Economia sommersaL'unica economia che non smette mai di crescere è quella del sommerso e delle attività illegali: vale 211 miliardi di euro nel 2014 secondo i nuovi dati Istat, che segnalano una evidente accelerazione del fenomeno rispetto al 2014: dal 12,4% al 13% del Pil, cioè 8 miliardi di euro in più.

La parte del leone la fa l'economia sommersa, con 194 miliardi e il 12% del Pil, mentre l'economia illegale vale l'1% del Pil (17 miliardi).

Se è vero che le attività illecite e criminose dipendono in buona misura anche da condizioni storiche di sottosviluppo, la rapida e costante crescita dell'economia sommersa è un segnale evidente di cattivo governo. Va detto, infatti, che non tutta l'evasione fiscale e il lavoro nero sono figli di logiche disoneste, ma spesso e volentieri, in periodi prolungati di crisi e di alta pressione fiscale (che il Bomba ha mantenuto ben oltre il 40%) ad alimentare sono la necessità di non fallire, proteggendo l'impresa, magari a conduzione famigliare, e i lavoratori, che diversamente andrebbero a gravare sulla casse dello Stato attraverso spesa per sussidi di varia natura.

Non a caso il 46,9% dell'economia invisibile proviene da sotto-dichiarazioni da parte degli operatori economici e il 36,5% da impieghi irregolari, mentre il contributo dell'economia illegale si limita all'8%.

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