Biologia

Le tinte della pelle dei macachi giapponesi

Le tinte della pelle dei macachi giapponesi

La colorazione della pelle dei macachi giapponesi non è correlata alla fertilità, come si pensava in precedenza.

Dai pavoni alle farfalle e ai pesci betta, madre natura non delude mai quando colora i maschi di una specie. Il che ha senso nelle specie con ruoli sessuali tradizionali. I maschi sono più coinvolti nella competizione per la conquista delle loro compagne. Un atteggiamento che porta le partners ad essere più ambite nella loro selezione. Di conseguenza, i maschi si concitano per mostrare ornamenti ancora più vistosi e attraenti.

Questi cambiamenti cromatici avvengono anche in altre specie di primati. I macachi giapponesi, di entrambi i sessi, esibiscono una pelle con una tinta di color rosso. Una nuova ricerca, pubblicata su Behavioral Ecology and Sociobiology, (1) condotta da una squadra del Primate Research Institute dell'università di Kyoto, suggerisce che il colore rosso della pelle delle femmine di macaco agisce come una sorta di “distintivo” del loro status sociale e non - come si pensava in precedenza – per enfatizzare la loro fertilità.

Studi precedenti su altri primati come i macachi rhesus e i mandrilli hanno mostrato un legame tra la variazione del colore della pelle rossa e l'ovulazione o la fertilità. È stato anche osservato che i musi delle femmine di macaco giapponese acquisiscono una tonalità di color rosso, associata alla variazione dei livelli di ormoni sessuali, portando i ricercatori ad ipotizzare che i musi con una tonalità di color rosso scuro siano un segno della disponibilità di accoppiamento nella specie.

Una popolazione di Koala senza clamidia

Una popolazione di Koala senza clamidia

L'ultima grande popolazione di koala sani senza clamidia in Australia potrebbe essere stata identificata sull'isola di Kangaroo.

Questa è l'ipotesi avanzata dai ricercatori finanziati dalla Morris Animal Foundation all'Università di Adelaide.

La clamidia rappresenta una seria minaccia per la specie. Essa contribuisce a una drastica riduzione della popolazione e il team spera che i koala dell'isola del canguro (Kangaroo Island - KI) possano rappresentare una garanzia contro ulteriori perdite e persino l'estinzione. Il team ha pubblicato questa scoperta nella rivista scientifica Nature Reports. (1)

La dottoressa Natasha Speight, studiosa dei koala e docente presso la Scuola di Scienze animali e veterinarie dell'Università di Adelaide, suggerisce: “questo è un risultato molto importante se si calcola le elevate proporzioni di diffusione della malattia da clamidia. Gli sforzi per combatterla finora non hanno avuto successo.”

La Chlamydia pecorum è un'infezione batterica dei koala che viene trasmessa principalmente a livello sessuale, ma può anche essere diffusa a stretto contatto, anche dalle madri ai piccoli di koala. Si sviluppa come congiuntivite che può portare alla cecità e infezioni del tratto urinario. L'infezione può propagarsi ai reni e al tratto riproduttivo, causando infertilità. La clamidia è una malattia che porta alla morte.

La dottoressa Jessica Fabijan, (2) autrice principale e ricercatrice presso l'Università di Adelaide, dice: “l'impatto della clamidia sulle popolazioni di koala in parti dell'Australia è devastante, con alti livelli di grave diffusione, decessi e infertilità. Quest'ultima popolazione libera dalla clamidia rappresenta una garanzia per il futuro della specie. Potremmo aver bisogno dei nostri koala della Kangaroo Island (KI), situata al largo dell'Australia Meridionale, a sud-ovest di Adelaide, per ripopolare altre popolazioni in declino.”

Inventario della vita microbica del Pacifico

Inventario della vita microbica del Pacifico

Gli scienziati hanno fatto un inventario della vita microbica nella regione oceanica più remota del mondo, la Gyre del Pacifico Meridionale.

Il South Pacific Gyre è un deserto oceanico. Tuttavia, a causa delle sue enormi dimensioni, gli abitanti microbici del Gyre del Pacifico meridionale contribuiscono in modo significativo ai cicli biogeochimici globali. In un'inchiesta senza precedenti, gli scienziati dell'Istituto Max Planck per la microbiologia marina a Brema, in Germania, hanno ora realizzato un inventario completo della comunità microbica del Gyre del Pacifico meridionale. Questo progetto è stato attuato grazie lo sviluppo di un nuovo strumento che consente l'analisi a bordo degli abitanti più piccoli dell'oceano.

Nel centro del Pacifico meridionale l'irraggiamento solare è pericolosamente alto: raggiunge un indice UV etichettato come “estremo”. Non ci sono particelle di polvere o afflussi dalla terra e, di conseguenza, queste acque hanno concentrazioni di nutrienti estremamente basse e quindi sono definite “ultra-oligotrofiche”. Il fitoplancton contenente clorofilla (alghe minute) si trova solo a profondità superiori a cento metri, rendendo le acque superficiali del Pacifico meridionale le più chiare al mondo. A causa della sua lontananza e delle sue enormi dimensioni, la guglia del Pacifico meridionale copre 37 milioni di km2 (per confronto, gli Stati Uniti coprono meno di 10 milioni di km2), ma è anche una delle regioni meno studiate del nostro pianeta.

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