Ricercatori rivelano i cambiamenti di fase indotti dalla luce

Per i ricercatori i risultati sono importanti per la fisica della materia condensata e la loro ricerca di nuovi materiali

I ricercatori sostengono che il modo in cui i materiali ordinari subiscono un cambiamento di fase, come la fusione o il congelamento, è stato studiato nei minimi dettagli.

Ora, un team di scienziati ha osservato che quando attivano un cambiamento di fase utilizzando impulsi intensi di luce laser, invece di cambiare la temperatura, il processo avviene in modo molto diverso. Gli scienziati avevano a lungo sospettato che questa poteva essere la dinamica, ma il processo solo ora è stato osservato e confermato. Con questa nuova comprensione, i ricercatori potrebbero essere in grado di sfruttare questo meccanismo per l'uso in nuovi tipi di dispositivi optoelettronici.

I risultati della ricerca sono stati pubbicati sulla rivista Nature Physics.(1) Il team è stato guidato da Nuh Gedik,(2) professore di fisica al Massachusetts Institute of Technology, con lo studente Alfred Zong e il post-dottorato Anshul Kogar. In questa ricerca hanno collaborato altri 16 membri del MIT, della Stanford University e del Skolkovo Institute of Science and Technology (Skoltech) in Russia.

Per questo studio, invece di usare un cristallo reale come il ghiaccio, il team ha usato un analogo elettronico chiamato onda di densità di carica - una modulazione di densità di elettroni congelata all'interno di un solido - che imita da vicino le caratteristiche di un solido cristallino.

Mentre il tipico comportamento di fusione in un materiale come il ghiaccio procede in modo relativamente uniforme attraverso il materiale stesso, quando la fusione viene indotta nell'onda di densità di carica da impulsi laser ultraveloci, il funzionamento del processo manifesta una diversa funzione. I ricercatori hanno scoperto che durante la fusione otticamente indotta, il cambiamento di fase procede generando molte singolarità nel materiale, note come difetti topologici, e questi a loro volta influenzano la dinamica conseguente degli elettroni e degli atomi di reticolo nel materiale.

Le teorie quantistiche dei sistemi biologici

I ricercatori stanno studiando in maniera più profonda ed articolata le descrizioni inerenti alle teorie quantistiche dei sistemi biologici

Cercare di capire a fondo le basi quantistiche dei sistemi biologici ed analizzarla dal punto di vista fisico-matematico sono una delle attuali sfide della scienza.

Nel passato i sistemi biologici sono stati spesso visti come troppo complessi per essere penetrabili con metodi di natura fisico-matematica. La realtà “essere vivente” era considerata troppo articolata per poter essere analizzata da insiemi di equazioni differenziali e principi fisici.

All’inizio del XX secolo, con l’avvento di tecniche e strumenti più potenti e sofisticati, i ricercatori hanno iniziato a studiare in maniera più profonda ed articolata le possibili descrizioni fisiche e matematiche dei sistemi biologici microscopici. Tra i possibili vari esempi ricordiamo i modelli di Turing, che si avvalgono della potenza della computazione quantistica, la morfogenesi, ossia il processo che porta allo sviluppo della forma e della struttura di un organismo, i lavori di Schrödinger, da cui vennero previste molte delle caratteristiche funzionali del DNA.

Attualmente i progressi in questo campo sono rapidi e molti rami della fisica e della matematica hanno trovato applicazioni in biologia, come ad esempio i metodi statistici utilizzati in bioinformatica. A queste scale di lunghezza la fisica classica cede il passo a quella quantistica, che non può essere evitata, poiché ogni processo chimico si basa di fatto sulla fisica quantistica.

Allora esistono sistemi biologici che utilizzano la fisica quantistica per eseguire compiti che non possono essere realizzati da un punto di vista classico? E grazie alla fisica quantistica possono essere realizzati in maniera più efficiente di quanto possa avvenire anche con il migliore equivalente classico? La risposta sembra ad oggi essere affermativa. Negli ultimi dieci anni una serie di esperimenti ha riscontrato diversi casi in cui la Natura si avvale della fisica quantistica per ottenere vantaggi biologici, sfruttando in particolare “sovrapposizioni coerenti di stati” per assistere o migliorare una funzione biologica.

L’euro è veramente una moneta unica?

L’euro non è una moneta unica in quanto, secondo il Tfue, i diversi Paesi europei possono coniare monete diverse da quelle valide nell’eurozona

L’euro viene definita moneta unica, ma è tale solo in linea teorica perché, a ben guardare, gli Stati dell’UE non hanno perso la loro sovranità monetaria

Dall’anno del suo debutto, il lontano 2002, siamo abituati a considerare l’euro una moneta unica, o almeno così l’hanno definita durante il lungo periodo che ha preceduto la sua introduzione. All’atto pratico, però, l’euro non è affatto una moneta unica in quanto, secondo il Tfue – Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea – i diversi Paesi europei possono coniare monete diverse da quelle valide nell’eurozona; solo le monete da 1, 2, 5, 10, 20, 50 centesimi e 1 e 2 euro sono fissate dalla Bce. Lo dimostra il fatto che il Belgio ha potuto coniare una moneta – seppur commemorativa – da 2,5 euro senza violare alcuna legge.

Perché l’euro non può considerarsi “moneta unica”

L’euro non è una moneta unica: con il termine “euro” si identificano le varie monete nazionali – tutte diverse fra loro – coniate dai Paesi che fanno parte dell’Ue. Queste hanno in comune solo la medesima unità di misura e un rapporto di cambio fisso; ciò significa, ad esempio, che il valore di 1 euro spagnolo è uguale a quello di 1 euro italiano. Tale valore, inoltre, rimane immutato nel tempo.

Oltre al Belgio, anche altre nazioni hanno coniato fin dal 2002 monete commemorative di valori diversi rispetto a quelli fissati dalla Bce.

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