Nanostrutture

Nanocubi per individuare malattie neurodegenerative

Nanocubi per individuare malattie neurodegenerativeIl metodo innovativo utilizza nanocristalli d’argento che, attivati con luce laser, consentono di individuare anche minime tracce molecolari di malattie neurodegenerative. Lo ha messo a punto un team, guidato dall’Ifac-Cnr di Firenze, e formato da ricercatori dell’Imm-Cnr di Catania, dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università di Saratov (Russia). Lo studio è stato pubblicato su Acs Nano

Grazie a una tecnica innovativa è possibile identificare l’‘impronta digitale’ di proteine e biomarcatori quando sono ancora presenti in minime tracce, riuscendo così a effettuare una diagnosi precoce di malattie neurodegenerative, quali l’Alzheimer e il Parkinson.

A metterla a punto, un team di ricercatori dell’Istituto di fisica applicata (Ifac-Cnr), in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr), del Dipartimento di chimica e scienze geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università statale di Saratov (Russia). La ricerca è stata pubblicata su Acs Nano.

“La metodologia si basa sull’attivazione laser di nanocristalli (cristalli che hanno dimensioni dell'ordine del nanometro, unità di misura equivalente a un miliardesimo di metro) d’argento a forma di cubo; attivazione che consente di identificare molecole precursori della malattia presenti nei fluidi biologici (sangue, urina, fluido cerebrospinale)”, spiega Paolo Matteini dell’Ifac-Cnr, primo autore del lavoro e coordinatore del team.

Dispositivo che genera figure olografiche fotorealistiche

OlogrammaRicercatori dell’Università Nazionale Australiana, sono stati in grado di sviluppare un dispositivo “ologramma” che crea immagini di altissima qualità fino ad oggi mai realizzate.

Secondo lo studio, il dispositivo compatto è costituito da milioni di pilastri di silicio molto piccoli, che sono fino a 500 volte più sottili di capelli umani.

Gli Ologrammi sono un fiore all’occhiello di quasi tutti i film di fantascienza come ad esempio Star Wars o Star Trek. Ora, grazie ai ricercatori della Australian National University (ANU), ci può essere un passo in avanti verso il raggiungimento di questa tecnologia che consente di creare ologrammi, di inviarli anche come quelli di Obi Wan Kenobi in Star Wars.

Il team di ANU è stato in grado di sviluppare un dispositivo ologramma che crea le immagini di altissima qualità. “Da bambino, ho imparato a conoscere il concetto di immagine olografica dai film di Star Wars. E ‘davvero bello essere al lavoro su una invenzione che utilizza i principi di olografia raffigurati in quei film”, ha detto il ricercatore Lei Want, dalla Scuola di Ricerca di ANU di Fisica e Ingegneria. Il team ha pubblicato la loro ricerca sul giornale scientifico Journal Optica.

Il dispositivo di Wang è in grado di creare immagini olografiche di alta qualità a infrarossi, l’utilizzo di “metaholograms” trasparenti basati sulla metasurfaces di silicio, permettono di creare immagini ad alta risoluzione in scala di grigi da codificare.

Progettate pile 10 volte più potenti simulando la struttura della melagrana

Presso l’Università di Stanford degli ingegnosi studiosi, in collaborazione con il National Accelerator Laboratory del DOE, hanno progettato un elettrodo che, simulando la struttura della melagrana, è capace di immagazzinare fino a dieci volte l’energia che le pile riescono normalmente ad accumulare.

Il professor Yi Cui, associato all’Università di Stanford e capo del team di ricerca, spiega così questa invenzione: “Abbiamo di fronte ancora un paio di sfide, ma questo design ci porta ad un passo dall’utilizzare anodi di silicio in piccole batterie, più leggere e più potenti di quelle attuali, per prodotti come telefoni cellulari, tablet e macchine elettriche. Gli esperimenti hanno mostrato il nostro anodo a melograno funziona ad una capacità del 97 per cento anche dopo 1000 cicli di carica e scarica, collocandosi così ben all’interno della gamma desiderata per operazione commerciale”.

Gli anodi in silicio possono arrivare a memorizzare una carica pari a quasi 10 volte quella della grafite presente nelle tradizionali batterie agli ioni di litio e per ricavare il silicio per il momento si sta valutando di estrarlo dal residuo dell’involucro dei chicchi di riso che sono composti per ben il 20% dalla sostanza organica costituita da diossido di silicio.

Il silicio è fragile e dunque rischia di deformarsi o addirittura deteriorarsi durante la carica della batteria.

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