Edoardo Capuano

Direttore e fondatore della testata ECplanet.

In Africa orientale il Serengeti-Mara è in crisi

Alcune aree in Africa hanno visto nell'ultimo decennio un aumento del 400% della popolazione umana e una riduzione degli animali di oltre il 75%

In Africa nell'ultimo decennio la popolazione umana è aumentata fino al 400%

Uno studio internazionale ha suggerito che l'aumento dell'attività umana intorno a uno degli ecosistemi più iconici dell'Africa implica: un restringimento considerevole delle aree dedicate alla fauna selvatica; il danneggiamento dell'habitat; l'alterazione e anche l'interruzione delle rotte migratorie di gnu, zebre e gazzelle.

Lo studio, condotto dall'università di Groningen con l'ausilio di collaboratori appartenenti a 11 istituzioni internazionali, dopo aver esaminato 40 anni di dati, ha rivelato che alcune aree di confine hanno visto un aumento del 400% della popolazione umana nell'ultimo decennio, mentre le popolazioni di specie selvatiche più numerose in aree chiave (la parte keniota) sono state ridotte di oltre il 75%.

I risultati sono stati recentemente pubblicati dalla rivista scientifica Science (1) dal dottor Michiel Veldhuis, autore principale dello studio dell'Università di Groningen: “Questa scoperta altera il nostro punto di vista su ciò che è necessario per proteggere la biodiversità.”

L'ecosistema Serengeti-Mara è uno degli ecosistemi più grandi e protetti della Terra, che si estende per 40.000 chilometri quadrati e ospita il Parco Nazionale del Serengeti e la Riserva Nazionale del Maasai Mara nell'Africa orientale. Ogni anno un milione di gnu, mezzo milione di gazzelle e 200.000 zebre compiono il pericoloso viaggio dal Parco del Serengeti in Tanzania verso la riserva di Maasai Mara in Kenya alla ricerca di acqua e pascoli.

Ora, un team internazionale di scienziati ha scoperto che l'aumento dell'attività umana lungo i confini sta avendo un impatto negativo su piante, animali e suoli. Lo studio rivela come la crescita della popolazione e l'afflusso di bestiame nelle zone adiacenti ai parchi hanno ristretto l'area disponibile per la migrazione di gnu, zebre e gazzelle, facendoli trascorrere più tempo a pascolare erbe meno nutrienti di quanto non fossero in passato. Ciò ha ridotto la frequenza degli incendi naturali, modificando la vegetazione e alterando le opportunità di pascolo per gli altri animali selvatici nelle aree centrali.

Le nuvole influenzano i cambiamenti climatici

Uno studio ha scoperto che le nuvole stanno modificando il riscaldamento creato dai cambiamenti climatici causati dall'uomo in alcune zone dela Terra

Un nuovo studio ha rivelato come le nuvole stanno modificando il riscaldamento creato dai cambiamenti climatici causati dall'uomo in alcune parti del mondo.

Guidati dal Tree Ring Research Group dell'Università di Swansea, ricercatori svedesi, finlandesi e norvegesi hanno analizzato le informazioni contenute negli anelli di alberi di pino antico della Scandinavia settentrionale per rivelare come le nuvole hanno ridotto l'impatto delle fasi naturali di calore in passato, e lo stanno facendo di nuovo, per moderare il riscaldamento causato dai cambiamenti climatici antropogenici.

Anche se la Scandinavia settentrionale dovrebbe essere fortemente influenzata dal riscaldamento globale, l'area ha subito un piccolo riscaldamento estivo negli ultimi decenni, in netto contrasto con la tendenza emisferica del riscaldamento delle temperature, che è fortemente legata all'aumento delle emissioni di gas serra. Secondo lo studio, le variazioni di temperatura sono state accompagnate da un aumento delle nuvole sulla Scandinavia settentrionale che hanno ridotto l'impatto del riscaldamento.

Mary Gagen, (1) professoressa di geografia all'Università di Swansea, ha dichiarato: “Il riscaldamento della superficie, causato dall'aumento dei gas serra, è modificato da una moltitudine di complessi processi. Questo significa che, in un momento particolare, si concretizzano grandi variazioni geografiche nella temperatura di un particolare luogo. Con l'aumento della temperatura media globale una delle dinamiche più importanti e più scarsamente comprensibili è il rapporto tra temperatura e nuvole. A questo punto, potremmo semplicemente pensare che quando è nuvoloso la temperatura è più fresca, mentre quando il sole splende nel cielo fa più caldo, ma non è sempre così.”

Batterio sociale con abitudini versatili

Gli scienziati hanno usato il batterio cooperativo Myxococcus xanthus come organismo modello per studiare lo sviluppo e la cooperazione microbica

Un batterio cooperativo è stato utilizzato dagli scienziati come organismo modello per studiare lo sviluppo e la cooperazione microbica.

Molti sistemi viventi condividono una capacità fondamentale di cooperazione. Le piante e gli animali sono costituiti da miliardi di cellule che comunicano tra loro, svolgono compiti specifici e condividono le loro risorse. Molti microrganismi monocellulari cooperano in modi altrettanto versatili: formano comunità e scambiano tra loro geni e risorse utili.

Il microbo Myxococcus xanthus è particolarmente cooperativo. Individuato nei terreni di tutto il mondo, è stato utilizzato dagli scienziati come organismo modello per studiare lo sviluppo e la cooperazione microbica. Le cellule di questo batterio predatore formano gruppi cooperativi che si organizzano per cacciare insieme altri microrganismi all'interno del suolo. Per spostarsi come gruppo, secernono sostanze lubrificanti e gettano appendici che si attaccano alla superficie circostante e ad altre cellule, spostandole in avanti mentre ritraggono queste appendici. Quando scarseggia il cibo, migliaia di questi batteri si aggregano e si trasformano in spore riposanti. Questo stratagemma consente loro di sopportare la fame e la siccità.

In passato gli scienziati teorizzavano che i gruppi di microbi cooperativi in natura potessero essere socialmente omogenei perché ciò avrebbe impedito il conflitto tra le cellule e quindi di minare la cooperazione. È stato dimostrato che individui geneticamente distinti appartenenti a gruppi diversi spesso evitano, ostacolano e si combattono a vicenda. “La nostra conoscenza della composizione genetica all'interno di gruppi cooperativi di questi batteri sociali in natura era molto limitata”, afferma Sébastien Wielgoss, (1) docente nel gruppo di ricerca del professor Gregory Velicer, (2) Istituto per la biologia integrativa, ETH di Zurigo.

In uno studio recentemente pubblicato su Science, (3) i ricercatori hanno utilizzato analisi genetiche per dimostrare che, mentre i gruppi cooperativi del batterio del suolo Myxococcus xanthus consistono in cellule strettamente correlate, il numero di tipi genetici e varietà di comportamento sociale, riscontrati all'interno dei singoli gruppi di corpi fruttiferi, sono inaspettatamente alti. I ricercatori hanno dedotto che queste collezioni di linee cellulari diversificate possono rimanere intatte per centinaia di generazioni.

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