Scienza

Ecco dove si trova il calamaro gigante

Calamaro giganteI primi avvistamenti leggendari del calamaro gigante risalgono ad Aristotele, nel 500 a.c., quelli storici vanno dal 1639 nei mari della Norvegia, al 2015 in Giappone. Oggi, grazie alle nuove tecniche di archiviazione ed elaborazione dati dell’Isti-Cnr, la prima mappa del calamaro è pubblicata su Ecological Modelling e una timeline ne racconta la storia. I ricercatori hanno inoltre realizzato mappe digitali per 406 specie marine dai cetacei ai coralli, al fine di monitorare la perdita di habitat a causa dei cambiamenti climatici

La storia del calamaro gigante (genere Architeuthis) va dal Mar della Cina, alle leggende del Nord Europa fino all’Oceano Atlantico, gli avvistamenti reali, presunti e immaginari hanno popolato libri e ispirato film. Le prime notizie sulla probabile esistenza del mollusco risalgono alla ‘Storia degli animali’ di Aristotele, le ultime, arrivano dai pescatori del mar del Giappone nel 2015.

Un’indagine scientifica realizzata dall’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione ‘A. Faedo’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Isti-Cnr) di Pisa ha prodotto una mappa di avvistamenti del calamaro e la prima timeline su questo gigantesco mollusco, ossia una rappresentazione cronologica della sua presenza nelle acque di tutto il mondo mediante l’utilizzo dei Big data, del Cloud computing (elaborazioni di archivi on-line) e delle Infrastrutture digitali (reti informatiche collaborative). La mappa è pubblicata sulla rivista Ecological Modelling.

“Il primo spiaggiamento certificato del cefalopode risale al 1639, ritrovato sulle rive della Norvegia dal naturalista Japetus Steenstrup.

Per orientarsi pure i ciechi hanno un sonar biologico chiamato ecolocazione

CiecoL’ecolocazione è un sistema per vedere attraverso i suoni (lo stesso di Daredevil). I non vedenti riescono a individuare la presenza di un oggetto che si trova davanti o lateralmente quasi nella totalità dei casi tramite questo meccanismo biologico.

Anche i ciechi sono abilissimi nel rilevare la presenza di oggetti presenti nello spazio circostante.

Come? Attraverso un sistema del tutto naturale, un sonar biologico, chiamato ecolocazione (sì, quasi il superpotere di Daredevil dei fumetti e delle serie tv della Marvel Comics). Questo sistema si basa sull’emissione di piccoli suoni vocali, che rimbalzano, tramite echi, quando sono presenti ostacoli, come oggetti o altri animali, la cui presenza e la distanza vengono prontamente identificate. Già si sapeva che questa particolare abilità accomuna l’essere umano con il pipistrello.

Ed oggi, uno studio inglese della Durham University(1) (2) conferma questo dato e dimostra che le persone non vedenti sono particolarmente capaci nell’ecolocazione. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Proceedings of the Royal Society B. Ecco cosa hanno visto i ricercatori.

In pratica, i pipistrelli e gli esseri umani (ma probabilmente anche altri animali) emettono dei piccoli suoni, che rimbalzano dagli oggetti circostanti tramite echi, permettendo così di delineare una mappa mentale dell’ambiente esterno.

I meccanismi di comunicazione chimica in ambiente acquatico

GamberettoUn recente studio dell’Icb-Cnr sui meccanismi di comunicazione chimica in ambiente acquatico mette in crisi la tradizionale distinzione tra i sensi, olfatto e gusto, basata su criteri spaziali. Il lavoro pubblicato su Pnas

Tradizionalmente, l’olfatto è considerato un senso ‘a distanza’ mentre il gusto è trattato come un senso ‘per contatto’. Si tratta però di una distinzione basata prevalentemente sulle percezioni umane e che è stata sottoposta a forte critica in un articolo pubblicato nel 2014 sulla rivista Frontiers in Chemistry.

Secondo questa nuova prospettiva, in ambiente acquatico si può osservare un’inversione nella portata a distanza dell’olfatto quando i segnali olfattivi sono veicolati da molecole insolubili in acqua, ma che essendo volatili, possono diffondersi nell’aria e arrivare al nostro naso.

Su tale premessa si fonda il lavoro sperimentale guidato da Ernesto Mollo, ricercatore dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Icb-Cnr), recentemente pubblicato sulla rivista Pnas. Lo studio, svolto nell’ambito di una collaborazione multidisciplinare tra l’Icb-Cnr e varie istituzioni di ricerca italiane e straniere, sfida l'attuale letteratura sulla chemio-recezione in ambiente acquatico, secondo cui il mondo olfattivo di crostacei e pesci è limitato alla sola percezione a distanza di sostanze solubili in acqua.

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