Salute

Non assumete zucchero prima di una gara

Niente zucchero prima di una competizioneNon tutti conosciamo ancora a pieno gli effetti dell'assunzione di zucchero da parte di atleti prima di una prestazione sportiva, ma è bene sapere che al contrario di ciò che si possa credere introdurre zucchero prima di una gara non porta benefici negli sportivi al contrario limita le loro prestazioni e influisce negativamente sulla resistenza e le prestazioni generali, scopriamo il perché.

Gli Effetti dello zucchero sull'atleta prima di una competizione

A quanti di noi, da bambini, l’allenatore ci dava da succhiare qualche zolletta di zucchero prima della partita?

Ancora me lo ricordo. Sono passati molti anni, ma aimè la cattiva abitudine di dare zuccheri poco prima della gara non è del tutto tramontata. Sono nate variarti altrettanto scorrette come somministrare bevande strapiene di zucchero.

È vero che lo zucchero fornisce calorie, ma è altrettanto vero che se ingerito un ‘ora prima dell’attività sportiva anziché darci la “carica” contribuisce a farci stancare prima e abbassa le nostre performance. Vediamo perché e con cosa, eventualmente, sostituirlo.

L’attaccamento sociale e dell’amore nell'ambito neurologico

Neurologia del sentimentoSono numerosi gli studi inerenti la relazione d’amore da un punto di vista neurobiologico, alcuni si sono soffermati esclusivamente sugli aspetti legati alla risposta neuroendocrina della relazione, altri sugli aspetti più strettamente legati alla risposta dell’encefalo.

Un esempio di studio focalizzato sulla risposta neuroendocrina è quello di Sue Carter (1998). Obiettivo del suo studio era quello di indagare la risposta comportamentale e neuroendocrina dell’attaccamento sociale e dell’amore.

Classicamente, il comportamento di relazione con i genitori e il comportamento sessuale sono associati al concetto di amore. Secondo questa autrice, che si è occupata di fare una revisione e rilettura dei principali studi su questo argomento, c’è una relazione significativa tra l’attività dell’asse ipotalamo-cortico-surrene (HPA; hypothalamic-pituarity, adrenal) e la successiva espressione dei comportamenti sociali e di comportamenti relazionali e di attaccamento.

In particolare è stato riscontrato che c’è una riduzione dell’attività dell’asse HPA nel caso in cui si stiano verificando relazioni di tipo positivo, mentre c’è un aumento dell’attività dell’asse HPA nel caso in cui la relazione sia negativa.

Le cure che i medici non accetterebbero mai per se stessi

Medico criticoEcco il parere di alcuni medici esperti e ricercatori quali cure loro eviterebbero, e molto spesso si tratta di andare contro il modo di vedere più consolidato.

Uno Psichiatra che non assumerebbe mai antidepressivi

La Dott.ssa Joanna Moncrieff è senior lecturer in psichiatria presso il London University College ed autrice di «The Myth Of The Chemical Cure » [Il mito delle cure chimiche]. «Esercito nel campo della psichiatria da oltre 20 anni, e per la mia esperienza gli antidepressivi non fanno nulla di buono.

Non li assumerei in nessuna circostanza, nemmeno se fossi a rischio di suicidio. Tutti gli studi mostrano che – nel migliore dei casi – gli antidepressivi ti fanno sentire un po’ meglio di quanto non farebbe un placebo, il che non significa che curino la depressione. Dopo anni di scannerizzazione del cervello, non abbiamo una sola prova che la depressione sia collegata ad un qualche squilibrio chimico cerebrale, dunque è discutibile l’idea in sé di trattarla con sostanze chimiche.

Ritengo la depressione una reazione estrema alle circostanze, ed il modo migliore per uscirne è di eliminare le cause, il che a volte vuol dire psicoterapia, a volte modificare la situazione trovando un nuovo lavoro o risolvere i problemi relazionali. Naturalmente esistono alcune persone che sono depresse senza un apparente motivo, ma ugualmente non abbiamo ancora alcuna prova né che soffrano di un disturbo cerebrale né che gli antidepressivi siano loro di aiuto. La cosa migliore rimane cercare e trovare delle novità che spezzino i circoli viziosi nel pensiero e nel comportamento. Gli antidepressivi sono delle sostanze psicoattive, che alterano la mente come fanno l’alcool o la cannabis ed io ho sempre pensato che se fossi stata depressa avrei voluto conservare tutta la mia lucidità e le mie facoltà per venir fuori dal pantano e non il ritrovarmi immersa in una nebbia farmacologica della quale non avrei nemmeno capito gli effetti».

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