Rio+20, l'obesità alle stelle dei Paesi ricchi devasta il pianeta

ObesitàDivorare le risorse della Terra con voracità e fame insaziabile. Lo fanno, più di altri, i Paesi industrializzati in cui il tasso di popolazione obesa è alle stelle. L’obesità dilaga ed il maggiore indice medio di massa corporea della popolazione corrisponde ad un maggior impatto ambientale, tassi più alti di inquinamento, un maggior consumismo.

Lo rivela uno studio presentato in occasione di Rio+20, pubblicato su BMC Public Health, a cura della London School of Hygiene & Tropical Medicine. Il peso della popolazione adulta mondiale è di quasi 287 milioni di tonnellate, di cui 15 milioni dovuti al sovrappeso e 3,5 milioni all’obesità.

Non sorprende affatto che la popolazione con il tasso più alto di obesità si concentri nei Paesi ricchi. Sul banco degli imputati una cattiva alimentazione, la sedentarietà, lo stress, stili di vita scorretti, fattori genetici ed ambientali, la mancanza di vita all’aria aperta e del contatto diretto con la natura.

Rio+20: l'ennesimo fallimento

Rio+20Alla Conferenza di Rio sul clima saltano fuori tutte le contraddizioni politiche del presente. Il vuoto di potere globale ed i soliti interessi in gioco di magnati e petrolieri fanno presagire un ennesimo fallimento

Obama, Cameron e la Merkel hanno deciso di disertare la Conferenza sul Clima in programma a Rio de Janeiro. Ognuno è preso dalle sue storie politiche personali ed è poco interessato a dare anche solo un segnale di interesse verso i cambiamenti climatici e la progettazione del futuro.

All'apertura degli incontri del Convegno si respira un'aria pesante di sfiducia.
Ieri sera intanto è saltato anche l'accordo per gli Oceani. USA, Russia, Canada e Venezuela hanno affondato l’ultima speranza per un accordo mondiale per la protezione delle acque internazionali. Duro il commento di Greenpeace: "L’Ocean Rescue Plan for the High Seas è stato affondato da chi vuole sfruttare fino all’esaurimento le risorse ittiche e i minerali del fondo marino, compreso il petrolio. Il nostro ministro “tecnico” Passera, che vuol riaprire alle trivelle i mari italiani, ringrazia commosso.

L’Ocean Rescue Plan era l’ultima cosa seria sul tavolo del vertice Rio+20, gettate a mare le ambizioni sulla Green Economy, sulla governance delle questioni ambientali, sull'accesso al cibo, i lavori dignitosi e troppo altro.

Cosa c’entra tutto questo con il futuro migliore che ci hanno promesso? Che c’entra con la Green Economy che dovrebbe garantire la compatibilità tra le nostre economie e un Pianeta con risorse limitate e sempre più prossime all’esaurimento? Forse qualcuno ha scambiato la green economy con la greenwashing economy, la sostenibilità con l’opportunità di ricoprire le vergogne di chi è responsabile dei danni inferti al Pianeta con qualche velo sottile".

Gaza, uno dei più grandi lager a cielo aperto del mondo

Bimbo di GazaGaza, terra lacerata. Terra in cui i conflitti dei grandi ricadono – secondo un copione tristemente sempre uguale a se stesso – sulle spalle dei più piccoli: sono i bambini a subire le conseguenze più della precaria situazione sociale e politica, quelle conseguenze che hanno a che vedere con la vita di tutti i giorni come mangiare, bere, lavarsi.

È il rapporto “Gaza’s Children: falling behind” diffuso da Save the Children insieme all’organizzazione Medical Aid for Palestinians (MAP) a denunciare le drastiche condizioni igienico-sanitarie in cui è costretta a vivere la popolazione di Gaza, messa in ginocchio dall’embargo iniziato cinque anni fa.

Acqua negata.

La difficoltà principale è l’accesso all’acqua per una larga fetta della popolazione. Sovraffollamento, infrastrutture danneggiate, blocco al transito di merci e persone: queste le problematiche che rendono l’accesso all’acqua potabile e corrente a Gaza non solo difficoltoso, ma anche pericoloso. Secondo il rapporto, infatti, l’unica fonte di acqua corrente disponibile sul territorio sarebbe contaminata da concimi e scorie umane, a causa del sovraffollamento (1.700.000 persone circa) in un’area decisamente ridotta, pari a 365 chilometri quadrati: area in cui vivono più di 800.000 bambini il cui stato di salute è particolarmente a rischio.

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