Economia

Carmen Reinhart, economista dell'Università di Harvard: PER TUTTI ADDIO ALLA PENSIONE

Carmen ReinhartParola di Carmen Reinhart, economista dell'Università di Harvard. In una intervista a Der Spiegel: banche centrali si stanno inginocchiando per fare favore ai governi. Il prezzo sarà pagato dai risparmiatori, ogni giorno.

Lei è Carmen Reinhart, economista dell'Università di Harvard. "Nessun dubbio, le nostre pensioni sono distrutte”, dice senza mezzi termini in una intervista rilasciata Der Spiegel.

I governi sono incapaci di ridurre i loro debiti, e le banche centrali si stanno facendo avanti per risolvere la crisi. Alla fine, sentenzia, il prezzo sarà pagato ogni giorno dai risparmiatori.

"Questa crisi non è finita ancora - sottolinea - né negli Stati Uniti né in Europa” e il punto è che “nessuna banca centrale ammetterà di star mantenendo bassi i tassi di interesse per aiutare i governi a uscire dalla crisi dei debiti. Di fatto, (le banche centrali) si stanno inginocchiando per aiutare i governi a finanziare i loro deficit”.

E il punto è che non è neanche una cosa nuova, spiega, se si guarda alla storia. Dopo la Seconda guerra mondiale, tutti i paesi alle prese con alti debiti hanno fatto affidamento alla repressione finanziaria per evitare un default che sarebbe stato inevitabile.

La foresta ecuadoriana è in vendita

Foresta ecuadorianaL'Ecuador sta per mettere all'asta circa tre milioni di ettari di foresta amazzonica, polmone verde della Terra

L'Ecuador sta per mettere all'asta circa tre milioni di ettari di foresta amazzonica, polmone verde della Terra. L'intenzione delle autorità sarebbe quella di venderli alle compagnie petrolifere internazionali, in particolare a quelle cinesi.

Il governo di Quito ha infatti organizzato un tour nelle capitali straniere che potrebbero essere maggiormente interessate all'affare. Lunedì a Pechino i rappresentanti dell'Ecuador hanno quindi illustrato le potenzialità energetiche dei terreni in vendita ai manager delle principali aziende petrolifere cinesi, tra cui la China Petrochemical e la China National Offshore Oil.

L'intenzione delle autorità dell'Ecuador ha provocato la dura protesta di organizzazioni non governative e leader delle tribù locali, che denunciano una “sistematica violazione dei diritti sulle terre ancestrali”.

La vendita della foresta amazzonica aprirebbe infatti la strada a nuove esplorazioni petrolifere e a nuove deportazioni di popolazioni indigene. In particolare, secondo l'organizzazione Amazon Watch, sono sette le popolazioni che rischiano di essere espropriate della loro terra.

“Chiediamo che le compagnie petrolifere pubbliche e private di tutto il mondo non partecipino al processo di gara che viola sistematicamente i diritti di sette nazionalità indigene, imponendo progetti petroliferi nei loro territori ancestrali”, ha scritto un gruppo di associazioni indigene dell'Ecuador in una lettera aperta dello scorso autunno.

Nessuna crisi per il mercato delle armi. La Cina è l'esempio

ProiettiliNell'ultimo quinquennio le esportazioni dell'industria bellica di Pechino sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente, contro una media del 17 per cento. Regno unito superato in classifica. E l'Italia compensa la frenata europea.

La Cina avanza anche nelle armi. Nel corso del quinquennio 2008-2012, le esportazioni di armi convenzionali nel mondo sono cresciute del 17%, una forte espansione cui ha contribuito in modo decisivo l’industria cinese le cui vendite all’estero sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente (2003-07). Una performance che ha consentito a Pechino di superare in classifica il Regno Unito entrando a far parte del club dei primi cinque esportatori di armi del mondo per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda.

Lo ha riferito lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) nel suo ultimo rapporto pubblicato.

A mantenere la leadership nel mercato mondiale sono sempre gli Stati Uniti con una quota pari al 30% dell’export globale. A tallonare Washington c’è ovviamente la Russia (26%) mentre Germania (7%) e Francia (6%), terza e quarta rispettivamente, seguono a debita distanza. La Cina, come si diceva, ha effettuato il balzo decisivo negli ultimi anni arrivando a conquistare quota 5% contro il 2% del quinquennio precedente. Determinante, per il successo delle armi di Pechino, la crescente domanda del Pakistan, come ha confermato il direttore del Sipri Arms Transfers Programme, Paul Holtom, in una nota ufficiale del centro di ricerca svedese. Le forniture cinesi, ha precisato, raggiungerebbero comunque un crescente numero di Stati.

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