Economia

George Soros non crede più nell'Europa e riduce quasi tutte le sue esposizioni legate all'euro

George SorosIl finanziere ha già ridotto drasticamente tutte le esposizioni legate all'euro. Le regole dell'Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l'Italia), contro la loro volontà, in una lunga depressione”.

Ormai sono settimane se non quasi mesi che i leader europei vogliono convincerci che il peggio è passato, che l'Europa ce la sta facendo, che la ripresa, sebbene lenta, è in corso. Questo, nonostante la carrellata di dati macroeconomici negativi che in Italia, giusto per fare un esempio, confermano soltanto le spinte recessive attive nell'economia. Altro che ripresa.

L'investiore miliardario George Soros non ci casca, anzi, lancia nuovi alert come ha fatto in passato. E conferma uno degli allarmi sicuramente più spaventosi: “l'euro potrebbere distruggere l'Unione europea”. Dando motivazioni di carattere politico.

I suoi timori sono tali che il finanziere ha già preso la decisione di ridurre drasticamente tutte le esposizioni legate all'euro presenti nel suo portafoglio: e questo dopo che qualche settimana fa, in occasione del World economic forum, era stato proprio lui a esprimere un cauto ottimismo sul futuro dell'Europa.

Ma ora ha fatto dietrofront, scrivendo nel suo Open Europe Blog che "esiste il pericolo reale che la soluzione (dell'Eurozona) propinata ai problemi finanziari creerà un profondo problema di natura politica".

I paesi ricchi depredano i paesi poveri

Economia mondiale"Land grabbing". Ecco una nuova forma di colonialismo. L'espressione è stata creata nel 2011 dall'International Land Coalition, un'organizzazione fondata nel 1995 in Belgio. Terreni fertili, risorse comprese, acquisiti o presi in affitto dai Paesi ricchi in quelli poveri.

Con l'aggravante che un ettaro di terreno può costare solo uno o due dollari all'anno. Meno di un trancio di pizza. Intere regioni del mondo cedute così a prezzi ridicoli.

Ne ha parlato nei giorni scorsi il “Corriere della sera" citando una ricerca pubblicata da Pnas alla quale ha collaborato anche Cristina Rulli, docente del Politecnico di Milano.

Lo studio si occupa per la prima volta di questa questione dal punto di vista agro-idrologico, calcolando cioè il rapporto tra i terreni acquisiti e la quantità d'acqua indispensabile per la coltivazione estensiva.

I risultati? Tutt'altro che positivi. Ma partiamo dall'inizio: ormai da una decina d'anni, la domanda nel mondo di cibo e di biocarburanti è in aumento. E gli Stati con le tasche piene, ma che per svariate ragioni non hanno a disposizioni adeguate estensioni di terreno, vanno all'estero per acquistare o affittare terra da sfruttare per la produzione di cibo. Nel mirino è finito, ad esempio, il Madagascar, la cui metà dei terreni agricoli (1.300.000 ettari) è stata comprata dalla Corea del Sud, e verrà usata per le coltura di mais e palme da olio.

Ma anche Cina, Giappone e Arabia Saudita stanno allargando, per così dire, i loro confini. Arriviamo al dunque: per comprare un terreno, però, non si chiama in causa la gente che ci abita.

In Italia le banche beneficiano dell'immunità fiscale

UnicreditLa sentenza, c’è da scommetterci, farà discutere. Secondo la Corte di Cassazione per le banche e le grandi società “ben può parlarsi di una vera e propria impunità fiscale” dato che “l'attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari" è “inefficace e evidenzia una disparità di trattamento in riferimento alla previsione della confisca”.

I magistrati, insomma, non avrebbero armi per sottrarre a banche e società i frutti dell’evasione fiscale. Tutto è partito dalla vicenda Brontos, l’operazione di swap in lire turche fatta da Unicredit con Barclays e che secondo i magistrati avrebbe comportato un evasione fiscale di 245 milioni di euro.

La banca, all’epoca guidata da Alessandro Profumo, ha patteggiato con il Fisco versando 260 milioni circa per chiudere tutte le pendenze con l’Agenzia delle Entrate. Ma processo penale e processo tributario in Italia, hanno strade parallele ma separate. Dunque chiudere i conti con il Fisco non significa mettersi a posto anche con i magistrati.

La procura di Milano aveva sequestrato ad Unicredit 245 milioni di euro “per equivalente”. Una norma cautelare (un po' come la carcerazione preventiva, ma che a differenza di questa non ha scadenze) che permette di congelare il presunto provento dell’illecito. La somma era stata liberata dal riesame, ma la procura aveva fatto ricorso in Cassazione. Che ha respinto la richiesta. Ma a sorprendere sono le motivazioni depositate oggi.

Pagine