Biologia

Scoperti i neuroni specchio

Neuroni specchioI neuroni specchio sono una delle più importanti scoperte scientifiche dgli ultimi vent'anni, una scoperta che ha cambiato il nostro modo di comprendere l'interazione tra gli essere umani (e tra gli animali), e che in un certo senso ha provato scientificamente il passo del poeta John Donne “nessun uomo è un isola”...

Ma come funzionano? Che implicazioni hanno per la nostra vita quotidiana? E per la nostra vita interiore?

I neuroni specchio sono una tipologia di neuroni la cui esistenza è stata rilevata per la prima volta verso la metà degli anni '90 da Giacomo Rizzolatti e colleghi presso il dipartimento di neuroscienze dell'Università di Parma. Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, questi ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.

Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l'esistenza di sistemi simili anche negli uomini. Sembrerebbe che essi interessino diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio.

I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri.

Monitoraggio satellitare del fitoplancton nelle regioni polari

Monitoraggio satellitare del fitoplancton nelle regioni polariUn articolo pubblicato sulla rivista “Nature Geoscience” descrive l’analisi dei dati raccolti tra il 2006 e il 2015 sul fitoplancton nelle regioni polari, che hanno permesso di ricostruirne i cambiamenti e i cicli.

Un team di ricercatori guidato da Michael Behrenfeld, un esperto di plancton della Oregon State University, ha ottenuto questi dati grazie al satellite CALIPSO della NASA.

Il termine plancton è estremamente generico perché include organismi marini molto eterogenei, che possono essere piante, animali, virus, batteri, archea e altre creature ancora che sono considerate plancton. Per questo motivo, fino a poco tempo fa le nostre conoscenze riguardanti il plancton erano piuttosto limitate ma le cose stanno cambiando notevolmente grazie a ricerche come quella pubblicata nel maggio 2015 sulla rivista “Nature”.

Nella grande diversità del plancton, il termine fitoplancton indica gli organismi considerati parte di questo grande gruppo capaci di fotosintesi. Molti di questi organismi sono piante ma non tutti: ad esempio questa categoria include i cianobatteri. Il fatto che essi usino la fotosintesi significa che rilasciano ossigeno nell’atmosfera e ricerche compiute nel decennio scorso avevano mostrato come il fitoplancton produca circa metà dell’ossigeno totale prodotto dalle piante nel mondo.

In sostanza, è giustissimo preoccuparsi dello stato delle foreste mondiali ma anche il fitoplancton ha un ruolo fondamentale nella produzione dell’ossigeno che respiriamo.

Stabilita la datazione del lago più antico d’Europa

Clicca per ingrandireLo studio, pubblicato sulla rivista Eos, è stata realizzato da un team internazionale con l’importante contributo dei ricercatori dell’Università di Pisa

È più giovane di quanto si credesse, sebbene la sua età, oltre un milione di anni, sia comunque ragguardevole. Si tratta del lago di Ohrid (Ocrida), il lago più antico d’Europa, che si trova a metà fra l’Albania e la Macedonia.

L’esatta datazione è stata calcolata da un team internazionale di cui fa parte un gruppo di studiosi italiani guidato da Giovanni Zanchetta, ricercatore del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, e composto da esperti degli Istituti CNR-IGAG (Geologia Ambientale e Geoingegneria) di Roma e CNR-IGG (Geoscienze e Georisorse) di Pisa, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Pisa e di Roma e delle Università di Bari e La Sapienza di Roma.

La ricerca è partita nel 2013 con una campagna di carotaggio profonda in cinque siti del lago. I primi risultati emersi dall’analisi dei sedimenti estratti (in totale oltre 2 km di “carote” ora conservate all’Università di Colonia in Germania) sono stati resi noti nel 2014 in articolo sulla rivista internazionale Eos.

“Il nostro obiettivo – ha spiegato Giovanni Zanchetta – era di raggiungere, attraverso dei carotaggi profondi, la base dei sedimenti lacustri e di ricostruire la storia climatica e biologica del luogo. La ricchissima messe di dati emersa ci ha permesso, per la prima volta, di indicare l’età orientativa del lago, oltre un milione di anni, e di avanzare alcune ipotesi preliminari sulla formazione delle faune endemiche del bacino”.

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