Geologia

Scoperta in Antartide una foresta che risale a 260 mln di anni fa

AntartideUn team di geologi ha scoperto i resti di una foresta antica 260 milioni di anni fa nel cuore dell’Antartide. Questo continente infatti non è sempre stato un deserto di ghiaccio: 260 milioni di anni fa, era ricoperto da lussureggianti e rigogliose foreste, una delle quali è stata appunto rinvenuta dagli scienziati.

I paleoecologi dell'università del Wisconsin-Milwaukee hanno trascorso la scorsa estate scalando le montagne transantartiche dell’Antartide, alla ricerca di fossili del passato verde e boscoso del continente.

“Conoccevamo già i fossili rinvenuti in Antartide dalla spedizione di Robert Falcon Scott del 1910-12", spiega Erik Gulbranson, capo squadra del team ricerca paleoecologico. “Ma, la maggior parte dell'Antartide è ancora inesplorata, si ha spesso l’impressione di essere la prima persona a scalare una certa montagna.”
I ricercatori hanno scoperto che gli alberi erano proliferati in Antartide alla fine del periodo Permiano, quando il continente era più caldo e umido di oggi.

All'epoca l'Antartide faceva parte del Gondwana, un supercontinente che attraversava l'emisfero australe e comprendeva l'Australia, il Sud America, l'Africa e l'India.

Solchi di pneumatici risalenti a milioni di anni fa

dottor Alexander KoltypinFa un certo effetto ascoltare la dichiarazione del dottor Alexander Koltypin, se non altro per il fatto che si tratta di un geologo e direttore del Natural Science Research Center presso l’Università Internazionale Indipendente di Ecologia e Politologia di Mosca.

Secondo il ricercatore russo, in diverse località del pianeta è possibile osservare solchi di pneumatici lasciati nel terreno da veicoli pesanti che si possono far risalire a circa 12 milioni di anni fa.

Come è possibile?

Certamente si tratta di un’affermazione discutibile, dal momento che l’archeologia classica fa risalire l’inizio della civiltà umana a diverse migliaia di anni fa, non milioni.

Eppure, Koltypin si dice convinto che sul nostro pianeta esistono numerosi siti archeologici dove è possibile riscontrare indizi che avvalerebbero l’esistenza di civiltà vissute milioni di anni fa. Koltypin è un appassionato sostenitore di questa teoria, tanto da aver denominato il suo sito web ‘Earth before the flood: Disappared Continents and Civilizations‘ (La Terra prima del Diluvio: Continenti e Civiltà scomparse).

È proprio dal suo sito che il ricercatore russo afferma che le tracce riscontrate nel sito spagnolo di Castellar de Meca, nella provincia di Valencia, risalirebbero al Miocene medio e tardo (tra i 12 e i 14 milioni di anni fa circa).

Ortles: ghiacciaio in movimento dopo 7.000 anni

CNR OrtlesGrazie a una carota di ghiaccio, l’Idpa-Cnr e un team internazionale scoprono l’accelerazione del movimento della parte più profonda del ghiacciaio più elevato dell’Alto Adige, dovuta al riscaldamento atmosferico, per la prima volta dai tempi dell’Uomo del Similaun. Lo studio pubblicato su The Cryosphere

Grazie a uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr), pubblicato su The Cryosphere, è stato rilevato che il ghiaccio più profondo e antico presente sul Monte Ortles (3.905 m, sulle Alpi orientali, a 37 chilometri dal luogo del ritrovamento dell’Uomo del Similaun), ha cominciato a muoversi per la prima volta dai tempi dell’Uomo del Similaun, 7.000 anni fa. Le prime carote di ghiaccio estratte indicano come il ghiacciaio più elevato dell’Alto Adige abbia cominciato una fase di accelerazione del movimento che non avrebbe precedenti nel periodo osservato.

Le prove vengono dagli strati più profondi, datati con la tecnica del carbonio 14, e da misurazioni condotte nel foro di perforazione mediante un inclinometro, strumento in grado di rilevare anche minimi movimenti glaciali. “Queste carote di ghiaccio offrono l’eccezionale opportunità di studiare le caratteristiche dell’atmosfera quando l’Uomo del Similaun viveva in questa regione, in modo da poter conoscere anche l’ambiente ed il clima in cui era immerso”, dichiara Carlo Barbante, direttore dell’Idpa-Cnr di Venezia.

La rapida fusione dei ghiacci è connessa al surriscaldamento globale.

Pagine