Nelle barriere coralline il pesce robot del MIT nuota accanto a quelli veri

Un team del MIT ha creato 'SoFi', un pesce robot che può nuotare indipendentemente, insieme agli altri pesci, nell'oceano a una profondità di oltre 15 metri

Realizzato in gomma siliconica, il pesce robot “SoFi” di CSAIL potrebbe consentire uno studio più attento della vita acquatica.

Qualche mese fa gli scienziati hanno divulgato rari filmati(1) di uno degli squali più strani dell'Artico. I risultati dimostrano che, anche con molti progressi tecnologici, negli ultimi anni, rimane un compito impegnativo documentare da vicino la vita marina. Ma gli informatici del MIT credono di avere una possibile soluzione: usare i robot.

Un team del MIT’s Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL)(2) ha messo a punto 'SoFi', un pesce robot che può nuotare indipendentemente insieme agli altri pesci nell'oceano. Durante le immersioni di prova nella 'Rainbow Reef' alle Fiji, 'SoFi' ha nuotato a una profondità di oltre 15 metri per un massimo di 40 minuti alla volta, gestendo agilmente le correnti, scattando foto e girando video ad alta risoluzione con un obiettivo fisheye.

La sua coda ondulata conferisce al robot una capacità unica di controllare la propria galleggiabilità: 'SoFi' può nuotare in linea retta, girare e tuffarsi su o giù. Il team ha anche utilizzato un controller Super Nintendo impermeabilizzato e sviluppato un sistema di comunicazioni acustiche personalizzato che ha permesso loro di cambiare la velocità di 'SoFi' e far compiere movimenti e svolte specifici.

Studio sulle simulazioni atomistiche del sistema cellulare composto da proteine e Rna

Una simulazione ha permesso di far luce, per la prima volta al mondo a livello atomico, sul funzionamento del sistema spliceosoma, composto da RNA e proteine

Per la prima volta una ricerca della Sissa e del Cnr fa luce con simulazioni atomistiche sul funzionamento di un complesso sistema cellulare, composto da proteine e Rna, i cui difetti sono coinvolti in più di 200 malattie.

Un passo fondamentale per lo sviluppo di possibili farmaci. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Pnas.(1)

Una raffinata simulazione al computer ha permesso ai ricercatori della Sissa e dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) di far luce, per la prima volta al mondo a livello atomico, sul funzionamento di un sistema biologico importantissimo, il cui nome è spliceosoma, che lavora come il più abile maestro di atelier. Lo spliceosoma è composto da 5 filamenti di RNA e centinaia di proteine. I ricercatori hanno scoperto che tra questi elementi la proteina Spp42 del lievito (la cui corrispondente nell’uomo si chiama Prp8) coordina i diversi componenti che, tutti assieme, maneggiano i loro strumenti di sartoria per portare a termine un minutissimo processo di taglia e cuci grazie al quale l’informazione genetica può essere correttamente trasformata in un prodotto di perfetta fattura e quindi funzionante, come le proteine. Un processo cellulare molto delicato, il cui difetto è alla base di più 200 malattie nell’uomo, tra cui alcuni tipi di cancro. La comprensione del funzionamento delle componenti dello spliceosoma potrebbe essere di basilare importanza per la cura di queste patologie, ad esempio per lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di regolare e modulare l’attività di questi ‘sarti molecolari’. La ricerca è appena stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America (Pnas).

Il ‘taglia e cuci’ dell’informazione genetica

Per dar vita al suo prodotto finale, un gene deve essere prima di tutto copiato da uno specifico apparato. La copia, denominata RNA messaggero o mRNA, è incaricata di trasportare l’informazione contenuta nel DNA agli altri apparati della cellula dove viene trasformata in proteine.

Il rapido sviluppo in Africa aumenta il rischio di epidemie e di malattie infettive

La rapida urbanizzazione e la crescita economica in Africa centrale renderà la regione più vulnerabile agli attacchi di epidemie e di malattie infettive

Gli scienziati chiedono investimenti nelle infrastrutture sanitarie in Africa per contrastare le malattie.

La regione dell'Africa centrale sta vivendo una rapida urbanizzazione, crescita economica e sviluppo delle infrastrutture.

Secondo un gruppo internazionale di scienziati, questi cambiamenti, sebbene generalmente positivi e graditi, rendono la regione più vulnerabile agli attacchi di malattie infettive esplosive.

Scrivendo nel New England Journal of Medicine,(1) gli autori, che hanno tutti esperienza di ricerca sul campo nella regione, osservano che gli sforzi per costruire l'infrastruttura sanitaria in Africa centrale sono critici per mitigare o prevenire un grande focolaio di Ebola o altra malattia infettiva nella regione. Gli autori rappresentano 12 diverse organizzazioni, tra cui l'Istituto Nazionale di allergie e malattie infettive, parte del National Institutes of Health.

Citando l'esempio dell'epidemia di Ebola del 2013-2016 in Africa occidentale, si nota che la Liberia, la Sierra Leone e la Guinea hanno tutti una grande popolazione urbana e mobile. Tra gli altri fattori, questo ha permesso al virus Ebola di diffondersi rapidamente attraverso questi paesi e sopraffare le loro limitate infrastrutture sanitarie, provocando oltre 28.000 casi di malattia da virus Ebola e 11.000 morti.

Attraverso il loro campo in Africa centrale lavorano per diversi anni - principalmente nella Repubblica del Congo e nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) - i ricercatori hanno osservato quello che descrivono come il tasso di urbanizzazione più veloce al mondo. Entro il 2030, scrivono, si prevede che metà della popolazione dell'Africa centrale vivrà in aree urbane.

Pagine