Le 10 malattie spirituali trasmissibili

Le 10 malattie spirituali contagiose

C’è una giungla là fuori e questo è vero per la vita spirituale non meno che per ogni altro aspetto della vita. Crediamo davvero che una persona, per il semplice fatto di aver fatto meditazione per cinque anni, o aver fatto 10 anni di pratiche yoga, sarà meno nevrotica di un’altra? Nel migliore dei casi sarà un po' più consapevole di esserlo. Giusto un po'.

E’ per questo che ho speso gli ultimi 15 anni della mia vita facendo ricerche e scrivendo libri sulla coltivazione del discernimento nel percorso spirituale […]

Diversi anni fa trascorsi un’estate vivendo e lavorando in Sud Africa. Appena arrivata dovetti confrontarmi subito con la viscerale realtà di trovarmi nel paese con il più alto tasso di omicidi al mondo, dove lo stupro era la norma e più della metà della popolazione era sieropositiva — uomini, donne, gay e non.

Dopo aver conosciuto centinaia di insegnanti spirituali e migliaia di praticanti attraverso il mio lavoro e i viaggi, sono rimasta colpita dal modo in cui le nostre opinioni spirituali, esperienze e prospettive diventino similmente “infette” da “contaminanti concettuali” — del resto una relazione confusa e immatura con principi spirituali complessi può risultare invisibile e insidiosa quanto una malattia sessualmente trasmissibile.

Le seguenti 10 classificazioni non si intendono come definitive ma sono offerte come uno strumento per rendersi consapevoli di alcune delle più comuni malattie spiritualmente trasmissibili:

1- Spiritualità Fast-Food: Mescolando la spiritualità con una cultura che celebra la velocità, il multitasking e la gratificazione istintiva il risultato è molto simile ad una Spiritualità Fast Food. E’ un prodotto della fantasia comune e comprensibile secondo cui il sollievo dalla sofferenza della condizione umana può essere veloce e facile. Una cosa è chiara comunque: la trasformazione spirituale non può essere ottenuta con una soluzione tampone.

In questo pianeta difendere le foreste può costare la vita. Nel 2016 uccise oltre 200 persone

DeforestazioneQuasi quattro persone alla settimana sono state assassinate nel 2016, perché difendevano le loro foreste, i loro orti o i loro fiumi dalle compagnie dello sfruttamento forestale, minerario o agricolo. E’ quanto denuncia un rapporto di Global Witness pubblicato di recente. Oltre 200 persone sono state uccise nel 2016, con una crescita netta del fenomeno (rispetto alle 185 dell’anno precedente) e una diffusione sempre più estesa, con 24 paesi coinvolti, rispetto ai 16 segnalati nel 2015.

Il rapporto riferisce la triplicazione degli omicidi in India, dove la brutalità della polizia è il principale fattore.

L'America Latina resta la regione più colpita, con il 60% degli omicidi.

La difficoltà nel reperire informazione lascia però sospettare che il numero reale degli omicidi sia ben più alto. L'omicidio solo è la punta dell’iceberg di una ben più vasta serie di metodologie utilizzate per mettere a tacere i difensori delle terre comuni, che vanno dalle minacce di morte, agli arresti, alle violenze sessuali, ai rapimenti e alle azioni legali aggressive.

“Mi minacciano per farmi tacere. Ma io non posso tacere. Non posso restare in silenzio di fronte a quello che sta accadendo al mio popolo. Ci battiamo per le nostre terre, per la nostra acqua, per la nostra vita", ha spiegato Jakeline Romero a Global Witness. Jakeline è una attivista indigena colombiana che ha affrontato anni di minacce e intimidazioni per aver denunciato gli impatti devastanti della più grande miniera a cielo aperto del mondo, El Cerrejón. Di proprietà di imprese quotate e Londra, BHP Billiton e Anglo-american, il progetto è stato accusato di aver distrutto le falde acquifere e causato deportazioni di massa. Ma il management locale, come sempre accade in questi casi, ha negano gli impatti e accusato gli attivisti di violenze.

"Questi rapporti raccontano una storia molto triste. La battaglia per proteggere il pianeta si sta rapidamente intensificando e il costo si conta nel numero di vite umane sacrificate. Sempre più persone, in sempre più più paesi, sono state lasciate senza altra scelta che battersi contro il furto delle loro terre e la distruzione del loro ambiente. Troppo spesso vengono brutalmente messi a tacere dalle élite politiche e economiche, mentre gli la polizia e i finanziatori fanno finta d non vedere ", spiega Ben Leather, di Global Witness.

Quasi il 40% degli omicidi è ai danni di indigeni, poiché la terra che hanno abitato per generazioni è stata rubata da imprese, latifondisti o da consorzi statali. I progetti vengono imposti alle comunità senza chieder loro previo e informato consenso, e l'inizio dei lavori è accompagnato dal presidio di polizia ed esercito. Questi ultimi sono responsabili di almeno 43 omicidi. Le proteste sono spesso l'unica opzione rimasta alle comunità proteggere il loro ambiente.

Un prototipo di naso elettronico

NasoSiamo così abituati a usarlo in modo spontaneo e automatico, che non ci rendiamo conto di quanto l'olfatto guidi le nostre scelte e condizioni la nostra vita. Uno dei passaggi più famosi de 'À la recherche du temps perdu' di Marcel Proust è quello in cui il protagonista, assaggiando un dolce, ricorda l'infanzia passata dalla zia malata a Combray.

Gli aromi innescano ricordi o desideri che influenzano in modo subliminale gli esseri umani: un odore è capace di emozionarci, ricordandoci una persona o una situazione precisa. Negli anni Ottanta, il fisiologo inglese Krishna Persaud ha immaginato addirittura di utilizzare sensori chimici per realizzare uno strumento in grado di imitare il comportamento dell'olfatto naturale, dando vita al primo naso elettronico.

Il naso elettronico si compone di sensori che simulano i recettori olfattivi situati nelle narici e di un sistema di elaborazione dati che classifica gli odori mimando il ruolo della corteccia cerebrale; è però complicato riprodurre l'ampio spettro di applicabilità, perché a fronte dei circa 100 milioni di recettori utilizzati dall'olfatto umano i nasi elettronici attuali fanno uso di poche unità o al massimo decine di sensori.

Al momento questi dispositivi sono in grado di fornire risposte solo a problemi specifici e trovano applicazione soprattutto nel settore alimentare, dove rappresentano un valido supporto per il controllo della qualità dei prodotti.

In questo ambito svolge attività di ricerca anche l'Istituto di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Palermo, che ha utilizzato un naso elettronico per valutare la qualità delle mele ready-to-eat (pronte da mangiare) che, nonostante la durata di conservazione fissata dal punto di vista microbiologico a circa una settimana sotto refrigerazione, in pochi giorni subiscono degradazioni biochimiche che producono cattivi sapori e cambiamenti nell'aspetto. “Parametri di qualità come acidità, solidi solubili e fermezza sono stati determinati a diversi tempi di conservazione (0, 4, 8 e 12 giorni) e i dati ottenuti dal naso elettronico sono stati confrontati con la valutazione sensoriale eseguita da un comitato di giudici, esperti assaggiatori”, spiega Valeria Guarrasi, tecnologo alimentare e ricercatrice dell'Ibf-Cnr. “Il cambiamento aromatico delle fette di mela confezionate, inoltre, è stato analizzato rispetto a due modalità di conservazione: in aria e in atmosfera modificata, conservate entrambe a 4 °C. I nostri dati mostrano che i cambiamenti aromatici rilevati dal naso elettronico sono in accordo con quelli ottenuti dalle analisi fisiche e chimiche e dal panel di valutazione. Si conferma che la conservazione di prodotti in atmosfera modificata con azoto è capace di prolungare la shelf-life delle fette di mela fresca tagliata fino a una settimana in più rispetto alla conservazione in aria non modificata”.

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