Inquinamento

Percolato, un rischio per l’ambiente e per l’uomo

Il percolato è una sostanza altamente tossica che si forma quando l'acqua piovana entra a contatto con i rifiuti oppure dalla decomposizione degli stessi

Il percolato è una sostanza che ha origine nelle nostre discariche e che inquina le nostre falde acquifere

Nella puntata delle Iene del 14 ottobre 2018, l’inviato Filippo Roma(1) si è recato in Sicilia, dove una discarica che tratta i rifiuti del polo petrolchimico di Siracusa è ferma perché in attesa di via libera di due assessorati della Regione. Oltre all’ingente disagio creato ai dipendenti della discarica, è importante sottolineare il problema ambientale che potrebbe causare un abbandono dell’impianto: la fuoriuscita del percolato dalla vasca dei rifiuti.(2)

Il percolato è una sostanza altamente tossica che si forma quando l'acqua piovana entra a contatto con i rifiuti oppure dalla decomposizione degli stessi. Può avere composizione chimica molto differente in funzione di molti parametri tra cui il tipo di rifiuto che l'ha prodotto e l'età della discarica. Solitamente si valutano le caratteristiche medie del percolato tramite alcuni indicatori come il pH, il BOD e il COD, due parametri che indicano la concentrazione di sostanza organica, e il contenuto di metalli.

Per legge, il percolato deve essere captato, tramite tubi immersi appena al di sopra dello strato di impermeabilizzazione, e opportunamente trattato nel sito stesso della discarica o trasportato in impianti autorizzati allo smaltimento di rifiuti liquidi. Se questo procedimento non viene seguito, il percolato fuoriesce dal bacino e si riversa nel territorio circostante.

Nell’ultimo anno e mezzo sono stati spesi 1.600.000 euro per smaltire il percolato prodotto nella discarica siciliana, e oggi che la discarica è ferma c’è il rischio che tutto venga abbandonato e che quindi un’ingente quantità di percolato si riversi nella campagna circostante.

Un modello per ridurre l'inquinamento atmosferico in Cina

Uno studio di Harvard dimostra che una soluzione per l'inquinamento in Cina potrebbe ridurre le emissioni di formaldeide piuttosto che il biossido di zolfo.

La formaldeide - non l'anidride solforosa - potrebbe essere la chiave per l'ostinato problema dell'inquinamento atmosferico invernale della Cina

Per oltre 15 anni, il governo cinese ha investito miliardi di dollari per ripulire il suo inquinamento atmosferico, concentrandosi intensamente sulla riduzione delle emissioni di biossido di zolfo dalle centrali a carbone. Questi sforzi sono riusciti a ridurre le emissioni di biossido di zolfo, ma l'inquinamento estremo rappresenta ancora un normale evento invernale e gli esperti stimano che più di 1 milione di persone muoiono ogni anno in Cina per gli alti livelli di particolato.

Nuove ricerche degli scienziati di Harvard potrebbero spiegare i meccanismi di questo fenomeno. Gli studi dimostrano che una soluzione per ridurre l'inquinamento atmosferico invernale estremo potrebbe ridurre le emissioni di formaldeide piuttosto che il biossido di zolfo. La ricerca è stata pubblicata da Geophysical Research Letters.(1)

“Noi dimostriamo che le politiche volte a ridurre le emissioni di formaldeide possono essere molto più efficaci nel ridurre la foschia estrema invernale rispetto alle politiche volte a ridurre solo il biossido di zolfo”, ha detto Jonathan M. Moch,(2) studente laureato alla Harvard John A. Paulson Scuola di Ingegneria e Scienze applicate (SEAS) e primo autore dell'articolo. “La nostra ricerca punta sulle modalità in grado di ripulire più rapidamente l'inquinamento atmosferico. Ciò potrebbe aiutare a salvare milioni di vite e generare miliardi di dollari di investimenti per creare strutture adatte alla riduzione dell'inquinamento atmosferico”. Il dottor Jonathan M. Moch è anche un affiliato del Dipartimento di Scienze della Terra e dei Pianeti di Harvard.

Inquinamento atmosferico derivato dalla combustione di legna

Le emissioni da combustibili solidi ad uso domestico provoca livelli elevati di inquinamento atmosferico da polveri sottili, con superamenti dei valori limite

Pubblicato recentemente, su Nature Sustainability, uno studio dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr che mostra come elevati livelli di inquinamento da polveri sottili, in ambiente urbano, possano derivare dalla combustione della biomassa ad uso domestico

In un articolo pubblicato recentemente su Nature Sustainability, con il contributo di Maria Cristina Facchini e Matteo Rinaldi, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), vengono descritti livelli straordinari di inquinamento atmosferico, con superamenti dei valori limite di riferimento un giorno ogni cinque e concentrazione in massa di aerosol sub-micronico (PM1) superiore a 300 µg m-3, osservati in una città europea di medie dimensioni (Dublino, Irlanda).

“Tale inquinamento è attribuito alle emissioni da combustibili solidi ad uso domestico”, spiega Maria Cristina Facchini, direttore del Cnr-Isac. “Le analisi chimiche ci hanno permesso di identificare le ‘impronte digitali’ delle diverse sorgenti nel particolato analizzato. Il risultato è che il consumo di torba e legna, che a Dublino riguarda rispettivamente il 12% e l'1% delle abitazioni, contribuisce fino al 70% della concentrazione di PM1 durante gli episodi notturni di picco di inquinamento presi in esame”.

I picchi sono associati a condizioni di freddo e stagnazione dell’atmosfera, quando si consuma più combustibile per riscaldamento domestico e c’è meno dispersione. “La ‘green agenda’, per limitare l’impatto umano sul clima, promuove il passaggio da combustibili fossili a fonti rinnovabili o a basso tenore di carbonio.

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