Tecnologia

Nano-laser costituito da una rete di nanofibre polimeriche

Il Nano-laser non-convenzionale è una sorta di minuscola e impalpabile ragnatela, un intreccio di nanofibre polimeriche che emettono e amplificano la luce

Ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Cnr, Imperial College e Università di Pisa realizzano un nuovo tipo di Nano-laser basato su un reticolo di filamenti plastici che emettono e amplificano la luce.

Pubblicato su Nature Communications, lo studio apre la strada a una nuova classe di dispositivi che potranno essere usati come sorgenti di luce miniaturizzate e sensori ottici ad alta efficienza

Un team di ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (CnrNano) ha sviluppato un nuovo tipo di laser costituito da una rete di filamenti miniaturizzati di polimeri. Il risultato della collaborazione tra Imperial College di Londra, CnrNano, Università di Pisa, Università del Salento e Università di Exeter è pubblicato su Nature Communications, (1) e apre la strada ad una nuova classe di dispositivi laser che potranno essere usati come sorgenti di luce miniaturizzate e come sensori ottici ad alta efficienza.

Il cuore del laser non-convenzionale è una sorta di minuscola e impalpabile ragnatela, un intreccio di nanofibre polimeriche che emettono e amplificano la luce. “Contrariamente ai laser convenzionali che usano specchi o strutture periodiche per intrappolare ed amplificare la luce, in questo dispositivo essa è prodotta e amplificata dalla rete di filamenti”, spiega Andrea Camposeo di CnrNano. “Le nanofibre emettono luce e poi funzionano come fibre ottiche lungo le quali questa si propaga: intrappolata nel reticolo lungo i percorsi di una matrice disordinata la luce è soggetta a interferenze in centinaia di nodi ed emerge amplificata come luce laser”.

I ricercatori hanno realizzato una rete di nanofili composti da materiale fotoattivo, con un diametro di tra i 200 e i 500 nanometri (un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro) e con un elevato numero di nodi e di rami. Ogni struttura è una rete disordinata planare, ramificata così da connettere ciascun nodo al loro vicino più prossimo.

Modelli di estrapolazione verticale della velocità del vento

La ricerca ha analizzato 332 applicazioni inerenti alla velocità del vento condotte negli ultimi 40 anni, su 96 località nel mondo

Uno studio dell'Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr di Firenze, riflette sui modelli di estrapolazione verticale della velocità del vento ai fini della predicibilità eolica.

La ricerca, pubblicata su Renewable and Sustainable energy reviews, ha analizzato 332 applicazioni condotte negli ultimi 40 anni, su 96 località nel mondo

“Poter prevedere, sulla base di semplici misure a terra, il profilo verticale della velocità del vento fino a quote difficilmente raggiungibili con strumentazione dai costi contenuti è un evidente vantaggio, soprattutto nella fase di prefattibilità di un progetto d'impianto eolico”, spiega Giovanni Gualtieri dell'Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibimet) di Firenze e autore dello studio.

Questo compito è affidato ai modelli di estrapolazione della velocità del vento, la cui utilità pratica diventa oggigiorno sempre più stringente se si considera il costante aumento delle dimensioni dei moderni aerogeneratori, caratterizzati da un'altezza dei mozzi regolarmente al di sopra di 60-80 m, ma che arriva a superare (soprattutto nei modelli offshore) anche i 150 m.

La ricerca, pubblicata su Renewable and Sustainable energy reviews, (1) passa in rassegna 332 applicazioni condotte in un arco temporale di 40 anni (1978–2018) su 96 località nel mondo poste ad altitudini comprese tra 0 e 2230 m s.l.m.. Tre famiglie di modelli sono state prese in esame: i modelli basati sul profilo logaritmico; (ii) modelli basati sulla legge di potenza; (iii) modello di Deaves ed Harris. Il lavoro documenta l'accuratezza dei modelli applicati su ogni specifica località e ne discute nell'insieme l'andamento prendendo in esame quattro diversi tipi di sito: (i) pianeggiante e prevalentemente privo di ostacoli; (ii) collinare/ondulato con vegetazione/alberi; (iii) montuoso con orografia complessa; (iv) in mare aperto. Le prestazioni dei modelli sono state analizzate nella capacità di prevedere accuratamente il valore della velocità del vento in quota, ma anche nel riuscire a raggiungere quote particolarmente elevate, come richiesto dai moderni modelli di turbina eolica. "Oltre alla mera accuratezza numerica grande risalto è stato dato alla convenienza economica di un modello piuttosto che di un altro, e quindi alla strumentazione più o meno a basso costo richiesta per ogni applicazione", evidenzia il ricercatore Cnr-Ibimet.

Tra i principali risultati raggiunti, lo studio evidenzia che i modelli basati sul profilo logaritimico (utilizzati in passato all'incirca nel 25.6% dei casi) risultano inadatti allo scopo, in quanto non in grado di raggiungere l'altezza tipica delle moderne turbine; essi presentano inoltre lo svantaggio di richiedere un'accurata stima della lunghezza di rugosità del sito (z0), cosa di norma alquanto complessa.

La logica del calcolatore nei linguaggi procedurali

Le complesse procedure a calcolatore si riducono a pochissimi passi logici di base e rispettano le regole di deduzione stabilite dalla logica formale

Una macchina “intelligente”, ovvero un calcolatore, dovrebbe essere in grado di districarsi tra questi concetti che sembrano paradossali.

Vediamo più da vicino quali strumenti di base abbiamo a disposizione per costruire un calcolatore. In particolare analizziamo il funzionamento di un calcolatore, la macchina che è maggiormente candidata al raggiungimento di un simile obiettivo.

La logica del computer, nei linguaggi procedurali soliti, si basa su tre paradigmi:

1) sequenza - le istruzioni vengono eseguite in successione;

2) IF condizione THEN azione - Se si verifica una certa condizione allora viene eseguita una determinata azione;

3) salto - la sequenza delle operazioni passa ad un certo punto del programma antecedente o successivo all'istruzione corrente.

Come si vede le complesse procedure a calcolatore si riducono a pochissimi passi logici di base e da un certo punto di vista i programmi scritti per calcolatore sono logici, nel senso che rispettano le regole di deduzione stabilite dalla logica formale. Anche il neurone, costituente di base del cervello, funziona con un meccanismo di tutto o niente; ciascun neurone scarica un unico impulso elettrico, se eccitato sopra un determinato livello di soglia oppure non scarica affatto. I neuroni però sono collegati tra di loro in maniera molto complessa e, mentre si può isolare quale istruzione di programma viene eseguita in un determinato momento in un calcolatore, non è possibile determinare quale neurone possa essere responsabile di una determinata risposta in un particolare momento nel cervello. L'informazione nel cervello non è localizzata e probabilmente si diffonde in maniera olografica per aree molto vaste del cervello stesso.

Se l'approccio neuronale non ci è di grande aiuto per comprendere la logica del cervello vivente possiamo tentare con la psicologia cognitiva per trovare qualche suggerimento che ci aiuti nella comprensione delle somiglianze e delle differenze tra il procedere umano e l'esecuzione di algoritmi programmati a calcolatore.

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