Diritti umani

Il fenomeno delle auto-immolazioni è una tragedia sociale

Suicidio col fuocoDai paesi del Maghreb all’Italia flagellata dalla recessione e dalla disoccupazione. Il fenomeno delle auto-immolazioni per protesta ha attraversato il Mediterraneo. Sono grida disperate, che parlano di noi stessi e a noi stessi. E testimoniano il fallimento della politica.

Il 25 febbraio scorso un immigrato tunisino, del quale ignoriamo il nome, la biografia e la sorte, si dà fuoco a Genova, nella stazione di Brignole. Da una frase scarna che la cronaca ci restituisce possiamo immaginare che fosse rimasto senza lavoro e senza alloggio.

Il suicidio col fuoco, si sa, è un grido di protesta disperato, è una pretesa di rispetto e dignità. È il mezzo ultimo e plateale cui ricorrono i senza potere e senza voce, per spezzare il silenzio e attirare l’attenzione pubblica su un’ingiustizia o un’umiliazione, personale o collettiva. Dietro ogni suicidio, ancor più se col fuoco, c’è l’intento di comunicare e di mettere in discussione violentemente un ordine relazionale e/o sociale sentito e vissuto come ingiusto o annichilente, perciò insopportabile.

Per il nostro tunisino senza nome, invece, l’atto di annientarsi in pubblico nel modo più atroce possibile è stato l’ennesimo ed estremo fallimento personale. Definito sbrigativamente “clochard” o col più pudico “senza tetto”, egli non ha meritato altro che quattro righe d’agenzia. Il Secolo XIX, quotidiano genovese, ha pensato che fossero troppe, sicché ha ripreso la notizia in modo ancor più conciso, a dimostrazione non solo della noncuranza verso gli ultimi fra gli ultimi, ma anche dello scarso mestiere di certi giornalisti d’oggi.

Secondo Adusbef le banche istigano al suicidio

Elio LannuttiÈ questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Sono ipotizzati anche i reati di truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.

Le banche istigano al suicidio. È questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Oltre all’istigazione al suicidio, sono ipotizzati altri reati: truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.

L’accusa parte dalle due operazioni di Ltro. Cioè dai finanziamenti concessi dalla Bce a un tasso agevolato dell'1%. L'iniziativa ha permesso agli istituti italiani di incamerare 251 miliardi di euro. Una iniezione di liquidità che, secondo Adusbef, gli istituti hanno tenuto per sé. “Quel finanziamento – afferma Lannutti – doveva servire a immettere nuova liquidità sul mercato e aumentare la disponibilità di credito verso le aziende. E invece è stato usato per pagare i bonus dei manager o per ripianare i bilanci delle banche. Mentre la crisi ha portato una catena di fallimenti, licenziamenti e suicidi”.

Lei lo lascia e lui per vendicarsi la aggredisce versandole addosso acido solforico

Patricia LefrancLe due fotografie ritraggono Patricia Lefranc: una immagine prima del tentato omicidio e l’altra dopo tale devastante aggressione. La signora Lefranc aveva interrotto la relazione sentimentale col 57enne Richard Remes e, poco tempo dopo, l’uomo la attese fuori dall’ascensore del palazzo in cui viveva, il Molenbeek-Saint-Jean, e l’aggredì versandole addosso, sulla testa e sul corpo, l’acido solforico. Era il primo dicembre del 2009, le urla di dolore e terrore improvvise richiamarono l’attenzione di alcune persone che subito avvisarono i soccorsi. Patricia pensò che sarebbe morta lì e in quel momento. Entrò in coma ma tre mesi dopo si svegliò ritrovandosi in un ospedale di Bruxelles con accanto i suoi tre figli: Laetitia di 28 anni, Marie di 18 e Joey di 13.

Patricia è sopravvissuta e in due anni ha dovuto affrontare 86 operazioni chirurgiche e 30 innesti di pelle. Il 13 marzo accompagnata dal suo avvocato, Daniel Spreutels, si è recata in tribunale, a Bruxelles, per il processo di Richard Remes, accusato di tentato omicidio e arrestato grazie a un testimone oculare.

"Sono determinata a guardarlo negli occhi e mostrargli il danno che mi ha fatto. - ha spiegato Lefranc alla stampa - Ho perso la vista dall'occhio sinistro e l'udito da un orecchio. Il mio dito anulare destro è stato amputato. Dopo l'ottantesima operazione di chirurgia estetica e di ricostruzione, ho smesso di contarle." L’acido ha intaccato anche il cuore e i polmoni, ma le protesi al seno li hanno protetti un po'.

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