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Come mantenere in forma la colonna vertebrale

Colonna vertebraleLa manutenzione si fa così: molto moto, mangiare sano. E occhio agli zaini pesanti

Per rimanere efficiente, la colonna vertebrale deve lavorare, cioè muoversi. Quando è sottoposta a uno sforzo prolungato, infatti, anche se non intenso, si generano correnti elettriche che stimolano la creazione di nuovo tessuto osseo.

La scarsità di moto, o addirittura l’immobilismo, può provocare invece osteoporosi. Vale a dire fragilità delle ossa. Se si è costretti a rimanere immobili per più giorni, l’organismo preleva il calcio dalle ossa per utilizzarlo dove è più necessario, come accade durante le malattie prolungate.

Quali altre regole occorre osservare per mantenerla in forma?

Recupero limitato.

Il lavoro fa bene alla colonna vertebrale ma, in certi casi, può anche danneggiarla. Succede quando la si sottopone a sforzi prolungati per lungo tempo. I dischi intervertebrali si accorciano di giorno per la perdita di liquido che poi recuperano di notte, allungandosi, ma se il recupero non è sufficiente, i dischi non riacquistano le dimensioni normali, le vertebre si avvicinano l’una all’altra, si riducono le possibilità di movimento reciproco e la conseguenza è l’artrosi.

Produrre latte implica un devastante impatto ambientale

L'impatto ambientale degli allevamenti

Il mondo moderno industrializzato minaccia l'ambiente naturale in più e più modi. Di queste minacce, e di come porvi rimedio, si discute con passione da anni in vari ambiti.

Ma viene sempre trascurato un fattore fondamentale: l'allevamento di animali per l'alimentazione umana, causa di un devastante impatto sull'ambiente. Che sia per la produzione di “carne” o di uova o di latte, non fa differenza, perché sempre di allevamento si tratta, e il fatto che gli animali, prima di essere uccisi per la loro carne, abbiano prodotto latte, o abbiano prodotto uova, cambia poco, per quanto riguarda il problema dell'impatto ambientale.

Ormai la metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, proteaginose, destinati agli animali. Per far fronte a questa immensa domanda - in continuo aumento, in quanto le popolazioni che tradizionalmente consumavano pochi alimenti animali oggi iniziano a consumarne sempre di più - si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, per far spazio a nuovi pascoli o a nuovi terreni da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano, e si fa un uso smodato di prodotti chimici per cercare di ricavare raccolti sempre più abbondanti.

Sono ormai sempre di più gli studiosi che denunciano con articoli ben circostanziati - sia su riviste tecnico-scientifiche che divulgative - che uno dei modi più potenti di proteggere l'ambiente è quello di cambiare modo di mangiare, tornando a modelli più tradizionali e diminuendo quindi drasticamente il consumo di carne e altri alimenti di origine animale (latte, uova), la cui produzione è estremamente dispendiosa in termini di risorse (terreni, energia, acqua) e di inquinanti emessi (gas serra, sostanze chimiche, deiezioni ad alto potere inquinante).

Zero privacy, il progetto del potere mondiale. Tutti controllati 24 ore su 24

Zero privacyInvitiamo a leggere questo articolo pubblicato nel mese di luglio 2013. Si sta tutto concretizzando! E sarà sempre peggio...

Secondo Marlon Brando, la privacy non era «semplicemente un diritto, ma un prerequisito assoluto per vivere». Bei tempi.

Oggi, «proteggere è veramente un parolone, anche un po’ improprio», accusa Glauco Benigni: «Ciò che appare è che la sfera pubblica globalizzata – i governi, i militari, i trader, i tecnocrati – vogliano impedire che la raccolta e il trattamento dei dati sia ostacolata dal sacrosanto bisogno di riservatezza, e per far questo hanno organizzato un sistema molto complesso di protezione regolata, al quale è impossibile sottrarsi e nel quale è quasi impossibile intervenire».

Ma allora Orwell aveva ragione? «La domanda ormai appare retorica». Governi ossessionati dalla sicurezza, trader ossessionati dal guadagno e tecnocrati facilitatori del controllo formano una terna che non consente scampo: «La privacy è stata abbindolata, sedotta e stuprata da bambina. E ora, i suoi stupratori travestiti da padri di famiglia ne fanno mercimonio».

Inutile scandalizzarsi per il caso Snowden: da anni siamo diventati tutti “trasparenti”, a nostra insaputa. «Telecamere, smartphone, Internet e in generale ogni technodevice digitale, unitamente alla velocità di raccolta, consultazione, riproducibilità dati e alla loro archiviazione – scrive Benigni nel suo blog – hanno sgretolato la barriera che la privacy tentava di erigere». Così, «il diritto è diventato un sogno infantile e la protezione evocata si è sostituita al problema».

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