Degrado sociale

Giornata mondiale del gabinetto: nel mondo 2,4 mld di persone vivono senza un bagno

Bambini africaniPuò sembrare una di quelle Giornate Mondiali strane e bizzarre, ma non lo è affatto.

Oggi nel mondo 2,4 miliardi di persone vivono senza un bagno domestico che smaltisce in sicurezza i rifiuti.

Sì, avete letto bene, 2,4 miliardi di persone non hanno un bagno in casa come quello che conosciamo noi, qui in Occidente. Per questo il 19 novembre è anche la Giornata mondiale del gabinetto, istituita dall’Onu nel 2013 come obiettivo di sviluppo sostenibile: garantire che tutti abbiano accesso a un bagno domestico gestito in sicurezza entro il 2030.

Ciò rende i servizi igienico-sanitari fondamentali per sradicare la povertà estrema.

La World Toilet Day è coordinata da UN-Water in collaborazione con governi e partner.

Qualche numero per riflettere

  • Il quotidiano Metro ha messo in fila alcuni numeri fondamentali per sintetizzare un’emergenza planetaria, quella dei servizi igienici di base.
  • “Ogni dollaro investito in acqua e servizi igienici porta a 4 dollari per i rendimenti economici”, Ban Ki Moon, VIII segretario generale delle Nazioni Unite.
  • La scarsa igiene è la causa principale della mortalità infantile. Quasi 1 miliardo di persone (15% della popolazione mondiale) defeca all’aperto.
  • La diarrea è la seconda causa principale di morte tra i bambini sotto i 5 anni. Si può prevenire con una corretta igiene e l’accesso all'acqua pulita.
  • Ognuno di noi in Occidente utilizza in media 15 kg di carta igienica all’anno.
  • Una persona media trascorre circa 3 anni di vita alla toilette.
  • Sono di più le persone che hanno un cellulare di quelle che hanno un gabinetto.

In Libia aste di schiavi. Video shock

In Libia aste di schiaviQuanto vale la vita di un uomo?

In Libia, se si tratta di un centrafricano «forte, adatto al lavoro nei campi» meno di 800 euro. Con una base d’asta di 500. Una cifra inferiore a quella spesa per arrivare fin lì, affidando il proprio destino ai trafficanti.

È un agghiacciante reportage della Cnn che svela i contorni più crudi della tratta di esseri umani in Libia, dove i migranti vengono venduti all’asta come schiavi. Braccia da sfruttare al di là del Mediterraneo, non essendo più possibile buttare quei corpi su un gommone da mandare in direzione dell’Europa, dell’Italia, alla deriva.

Il documento giornalistico arriva nel giorno della grande accusa lanciata dall’Onu per il piano che ha chiuso la rotta del Mediterraneo Centrale insieme con gli occhi di Italia e Unione Europea. Un patto “disumano” con le autorità libiche - secondo l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Raad Al Hussein - che ha risolto solo l’ultima parte del problema immigrazione, quello visibile «al di qua». Sono diminuiti gli sbarchi e le vittime in mare. Ma al di là del Mediterraneo continua a succedere quello che succedeva prima. Anzi, con il blocco delle partenze, forse pure peggio.

«Migliaia di detenuti denutriti e traumatizzati».

In questo pianeta difendere le foreste può costare la vita. Nel 2016 uccise oltre 200 persone

DeforestazioneQuasi quattro persone alla settimana sono state assassinate nel 2016, perché difendevano le loro foreste, i loro orti o i loro fiumi dalle compagnie dello sfruttamento forestale, minerario o agricolo. E’ quanto denuncia un rapporto di Global Witness pubblicato di recente. Oltre 200 persone sono state uccise nel 2016, con una crescita netta del fenomeno (rispetto alle 185 dell’anno precedente) e una diffusione sempre più estesa, con 24 paesi coinvolti, rispetto ai 16 segnalati nel 2015.

Il rapporto riferisce la triplicazione degli omicidi in India, dove la brutalità della polizia è il principale fattore.

L'America Latina resta la regione più colpita, con il 60% degli omicidi.

La difficoltà nel reperire informazione lascia però sospettare che il numero reale degli omicidi sia ben più alto. L'omicidio solo è la punta dell’iceberg di una ben più vasta serie di metodologie utilizzate per mettere a tacere i difensori delle terre comuni, che vanno dalle minacce di morte, agli arresti, alle violenze sessuali, ai rapimenti e alle azioni legali aggressive.

“Mi minacciano per farmi tacere. Ma io non posso tacere. Non posso restare in silenzio di fronte a quello che sta accadendo al mio popolo. Ci battiamo per le nostre terre, per la nostra acqua, per la nostra vita", ha spiegato Jakeline Romero a Global Witness. Jakeline è una attivista indigena colombiana che ha affrontato anni di minacce e intimidazioni per aver denunciato gli impatti devastanti della più grande miniera a cielo aperto del mondo, El Cerrejón. Di proprietà di imprese quotate e Londra, BHP Billiton e Anglo-american, il progetto è stato accusato di aver distrutto le falde acquifere e causato deportazioni di massa. Ma il management locale, come sempre accade in questi casi, ha negano gli impatti e accusato gli attivisti di violenze.

"Questi rapporti raccontano una storia molto triste. La battaglia per proteggere il pianeta si sta rapidamente intensificando e il costo si conta nel numero di vite umane sacrificate. Sempre più persone, in sempre più più paesi, sono state lasciate senza altra scelta che battersi contro il furto delle loro terre e la distruzione del loro ambiente. Troppo spesso vengono brutalmente messi a tacere dalle élite politiche e economiche, mentre gli la polizia e i finanziatori fanno finta d non vedere ", spiega Ben Leather, di Global Witness.

Quasi il 40% degli omicidi è ai danni di indigeni, poiché la terra che hanno abitato per generazioni è stata rubata da imprese, latifondisti o da consorzi statali. I progetti vengono imposti alle comunità senza chieder loro previo e informato consenso, e l'inizio dei lavori è accompagnato dal presidio di polizia ed esercito. Questi ultimi sono responsabili di almeno 43 omicidi. Le proteste sono spesso l'unica opzione rimasta alle comunità proteggere il loro ambiente.

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