Immigrazione

Anna Bono: la maggior parte degli africani arrivano in Europa per cercare lavoro

Esiste sul tema dell’immigrazione un falso mito: la maggioranza degli africani non fugge da situazioni di estrema povertà. Il grosso dei migranti appartiene al ceto medio

I migranti che arrivano in Europa dall’Africa sono per lo più (oltre l’80%) giovani maschi, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, che viaggiano da soli.

Le coppie e le famiglie sono una minoranza. Provengono da una serie di paesi dell’Africa subsahariana, anche se quest’anno c’è stato un picco di emigranti tunisini, con una prevalenza dall’Africa centrale e occidentale, da paesi come Nigeria, Senegal, Camerun, Costa d’Avorio, Ghana.

La loro condizione sociale? Non è facile dirlo, perché ci sono situazioni anche molto diverse tra loro. Va detto, comunque, che esiste sul tema dell’immigrazione un falso mito: la maggioranza non fugge da situazioni di estrema povertà. In genere sono persone provenienti da centri urbani, ed è lì che maturano l’idea di lasciare il paese.

Dunque mi sembra corretto sostenere che il grosso dei migranti appartenga al ceto medio: persone non ricche, ma nemmeno povere, in grado di pagare profumatamente chi organizza i viaggi. Un paio d’anni fa, in un’intervista, il ministro dei Senegalesi all’Estero ha detto: «Qui non parte gente che non ha nulla, parte gente che vuole di più». L’idea diffusa in Africa è che basta arrivare in Europa per godere del benessere, senza considerare però che dietro la ricchezza prodotta ci sono dei sacrifici.

Ad alimentare questa illusione sono vari fattori. Uno su tutti: i trafficanti, che come è noto gestiscono la gran parte dei viaggi verso l’Europa. Sono loro che rafforzano questa idea, lo fanno ovviamente per procurarsi clienti.

Ilaria Bifarini: i miliardi di dollari di aiuti all’Africa? Che fine hanno fatto?

Ilaria Bifarini, migranti africaniIngenti prestiti da parte delle organizzazioni finanziarie internazionali, consistenti sgravi del debito statale, fondi raccolti da iniziative private, che hanno mobilitato tutti, dai singoli cittadini occidentali attraverso forme organizzate di beneficenza alle star dello spettacolo, che si sono spese per i diritti dei più deboli attraverso concerti ed esibizioni. Fiumi di miliardi di dollari che non sembrano aver intaccato per nulla il problema del sottosviluppo e della povertà endemica del Terzo Mondo. Anzi.

È stato riscontrato che, dalla metà degli anni Novanta, circa 60 paesi in via di sviluppo siano diventati più poveri in termini di reddito pro-capite rispetto a 15 anni prima. Entro il 2030 i due terzi dei poveri di tutto il mondo proveranno dall’Africa. L’Africa dunque è sempre più povera, ma di una povertà nuova rispetto a quella del passato coloniale.

Il continente africano annovera infatti i paesi con i più alti livelli di disuguaglianza al mondo, in cui il divario tra una ristretta élite dedita al lusso e il resto della popolazione che vive in uno stato di miseria è abissale.

Dunque, cosa non ha funzionato?

Dove sono finiti i fiumi di miliardi di dollari?

La risposta in realtà è alquanto intuitiva: hanno seguito la stessa corrente che trascina la ricchezza collettiva su scala mondiale. Sono finiti in conti offshore, hanno arricchito a dismisura élite locali consenzienti e complici dei grandi speculatori internazionali e soprattutto hanno arricchito loro, i Signori del debito.

Dove ci porterà la robotizzazione e l'immigrazione?

Robotizzazione e l'immigrazioneSe ormai da tempo, con l'accrescere del fenomeno migratorio sostenuto dalle istituzioni UE e dalla maggioranza dei governi europei, si parla di 'grande sostituzione', contestualmente un'altra grande sostituzione potrebbe avvenire nella nostra società: quella degli esseri umani con i robot. Per il momento questa prospettiva, che per molti (ma non per i nostri lettori più fidati) suonerà come fantascientifica, riguarderà l'occupazione lavorativa, che allo stato attuale è indispensabile per la sopravvivenza della maggioranza di noi.

Infatti, diversi sono gli studi che negli ultimi mesi hanno segnalato una prospettiva di possibile disoccupazione di massa per gli esseri umani, che già nei prossimi anni comincerebbero ad essere sostituiti dall'automazione e dalla robotizzazione. Tra questi, una previsione presentata al Forum Economico Mondiale dalla International Data Corporation (IDC), società a cui le aziende che si occupano di tecnologia informatica commissionano analisi e previsioni per programmare i propri investimenti.

Secondo lo studio, pubblicato il 6 dicembre 2016 e segnalato da Bernard Marr su Forbes del 27 Aprile, entro il 2020 cinque milioni di posti di lavoro potrebbero scomparire, robotizzati, in quindici nazioni sviluppate; in percentuali, secondo l'Oxford Martin School, si tratta del 47% di posti di lavoro nel mondo, calcolati nella prospettiva temporale dei prossimi vent'anni. Numeri che porterebbero anche alla chiusura di molte aziende: negli USA, il 40% di quelle attualmente nella Fortune 500, la classifica delle 500 migliori società statunitensi misurate sulla base del loro fatturato dalla rivista Fortune.

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