Tendenze

In Gran Bretagna vivono in povertà 14 milioni di persone

Nel Regno Unito vivono 14 milioni di persone in povertà, cifra che corrisponde a un quinto della popolazione. Quattro milioni di loro sono bambini

Mentre la classe politica inglese è lacerata a causa della Brexit, una crisi molto più grave continua a colpire i milioni di persone vittime dell’austerity voluta dai conservatori.

Un devastante rapporto delle Nazioni Unite sulla povertà nel Regno Unito evidenzia in modo incontrovertibile che il vero nemico del popolo britannico è la sua stessa classe politica che negli ultimi anni ha fatto di tutto per convincerlo che è colpa della Russia.

Il Professor Philip Alston, nella sua veste di incaricato speciale delle Nazioni Unite per l’estrema povertà e i diritti umani, ha trascorso due settimane in giro per il Regno Unito per verificare l’impatto di otto anni di uno dei più radicali programmi di austerità tra le economie avanzate del G20 adottato in risposta al crollo finanziario del 2008 e alla conseguente recessione globale.

Quello che ha riscontrato è l’evidenza di una guerra sistematica, intenzionale, concertata e brutale condotta dall’ala destra del partito conservatore contro la classe più povera e vulnerabile della società britannica, guerra che ha coinvolto la vita di milioni di persone che non erano responsabili del crollo finanziario ma che sono state costrette a pagarne il prezzo.

Si legge nell’introduzione del rapporto: “… Appare profondamente ingiusto e contrario ai valori britannici che così tante persone vivano in povertà. Ciò è di assoluta evidenza per chiunque apra gli occhi e veda l’impressionante moltiplicarsi dei banchi alimentari con le lunghe code all’esterno, le persone che dormono in strada, l’aumento dei senzatetto, il senso di profonda disperazione che porta perfino il Governo a costituire un apposito Ministero per la prevenzione dei suicidi con il compito di indagare a fondo gli inauditi livelli di solitudine e isolamento raggiunti”.

Mutamenti del clima: danneggiati 100 siti militari negli USA

Cento strutture militari statunitensi danneggiate da eventi derivati dal mutamento del clima. I cambiamenti climatici sono il nuovo nemico degli USA

Negli Stati Uniti gli eventi estremi, causati dal mutamento del clima, hanno seriamente danneggiato decine di strutture militari. L'esercito Usa d'ora in poi dovrà 'combattere' contro un nuovo potentissimo nemico: i mutamenti climatici

Nello scorso mese di ottobre, l'uragano Michael ha devastato la base aerea di Tyndall(1) nella striscia di terra della Florida, strappando i tetti dagli edifici, forzando l'evacuazione della base e provocando ciò che l'Air Force ha definito "danno catastrofico".(2) Alcune settimane prima in California, un incendio ha indotto all'evacuazione il Marine Corps Mountain Warfare Training Center.

È ormai certo che il clima estremo sta influenzando negativamente anche gli apparati militari statunitensi all'interno degli Stati Uniti.

Secondo un'indagine condotta dal Dipartimento della Difesa tra il 2013 e il 2015,(3) almeno un sito militare in ogni stato è stato influenzato negativamente da alcuni tipi di condizioni meteorologiche estreme, inondazioni o incendi. Il sondaggio indica che il danno è stato fatto alle operazioni aeroportuali, alle strutture di addestramento e alle infrastrutture di trasporto ed energetiche. Con l'evoluzione dei cambiamenti climatici questi rischi cresceranno ulteriormente. Alcune delle località più vulnerabili si trovano lungo le coste, dove un innalzamento del livello del mare di circa tre metri (stima prudente di un aumento entro il 2100) dovrebbe proiettare circa 130 basi a rischio di danni dovuti a maremoti e mareggiate.(4)

C'è anche una forte tendenza al riscaldamento in queste località in tutti gli Stati Uniti: dal 1950, tutte le 100 basi militari scelte per la nostra analisi stanno diventando più calde. Queste basi sono state scelte in base alla loro dimensione, importanza e popolazione.

I lati oscuri della Legge sul Copyright

Il modo in cui percepiamo la nostra realtà è cruciale. Ci potrebbe essere un Universo in cui esisti o sei esistito attraverso la stessa cronologia storica.

la Legge sul Copyright sembra non aver nulla a che fare col diritto d’autore, e infatti non ce l’ha, quello è solo il pretesto per fermare la libera informazione.

Il 12 settembre il Parlamento Europeo ad ampia maggioranza ha approvato la legge sul copyright. In Italia il Movimento 5 Stelle tuona il suo parere contrario per voce del leader Di Maio, mentre sui più blasonati giornali online si festeggia. Ufficialmente gli articoli 11 e 13, vero cuore della riforma, sembrano indirizzati a preservare i diritto d’autore, ma, come dice il poeta, “fatta la legge trovato l’inganno”.

Lascerei perdere l’idea che il pericolo stia dietro il divieto di pubblicare immagini o spezzoni di contenuti altrui sotto forma di link (chiamati snippet). Se fosse davvero tutto qua ci sarebbe solo da festeggiare: basterebbe infatti evitare di richiamare le puttanate che puntulamente scrivono le testate giornalistiche mainstream e saremo a cavallo. Anzi, messa giù così l’agonia del giornalismo prezzolato subirebbe una forte accelerazione perché le piattaforme più importanti del web come Google e Facebook si troverebbero nella condizione di impedire la divulgazione tramite modalità ipertestuale dei vari Espresso, Repubblica, Corriere, Sole24ore, Huffingtonpost, ecc. Per i blog, i canali privati di youtube e le testate giornalistiche medio-piccole sarebbe una manna caduta dal cielo di Strasburgo.

Siccome le lobby degli editori, invece, hanno fatto pressione proprio nel senso opposto a quello sopra descritto, occorre allora chiedersi che diamine nasconda questa legge.

Il trucco sta tutto negli algoritmi che facebook e google news dovranno implementare per difendere il diritto d’autore. Con ogni probabilità, Zuckerberg e amici dovranno pagare costosissimi algoritmi allo scopo di individuare tutti quei siti e post che non pagano gli editori per avere il diritto di pubblicare un loro link nella forma evoluta dello snippet. In altri termini, se possiedi un sito web che divulga informazioni, alla fine dell’iter attuativo della legge, potresti trovarti bloccato da facebook o da qualsiasi piattaforma internet. Perché?

Pagine