Scienza

Metodo per diventare un “atleta della memoria”

MemoriaLa tecnica utilizzata dagli "atleti della memoria" per ricordare lunghissime sequenze di numeri o di parole consente anche alle persone normali di raggiungere prestazioni mnemoniche simili: lo ha dimostrato una nuova ricerca sperimentale, che ha evidenziato alcune differenze nelle connessioni cerebrali dei soggetti sottoposti a uno specifico addestramento (red)

Li chiamano “atleti della memoria” e il loro sport è ricordare lunghissime sequenze di numeri, parole o di simboli senza nessuna correlazione tra loro.

Molte di queste persone attribuiscono la loro capacità straordinaria all'uso del cosiddetto “metodo dei loci” o di sistemi mnemonici simili. Un nuovo studio apparso sulla rivista “Neuron” e firmato da un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha dimostrato ora che il metodo può essere insegnato a persone senza particolari doti di memoria, che così si avvicinano per capacità mnemoniche ai soggetti più dotati.

Il motivo è da ricercare, secondo i dati di imaging cerebrale, negli schemi di attività cerebrale che vengono attivati dal metodo dei loci.

Il metodo vanta antichissime origini: veniva infatti usato dagli oratori greci e latini e ha lasciato traccia anche nel lessico italiano, nelle espressioni “in primo luogo” e “in secondo luogo”.

Human Connectome Project: mappare il funzionamento e la struttura del cervello umano

Human Connectome ProjectStudiare la 'forma' del nostro cervello può fornirci sorprendenti indizi sulla nostra personalità e sul rischio di sviluppare disturbi mentali. La scoperta, pubblicata su Social Cognitive and Affective Neuroscience, è di un gruppo di ricerca internazionale che coinvolge l’Ibfm-Cnr, l’Università di Tor Vergata e l’Università Magna Graecia

In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica 'Social Cognitive and Affective Neuroscience', un team internazionale di ricercatori provenienti da Italia, Regno Unito e Usa (Luca Passamonti - Università di Cambridge e Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche Ibfm-Cnr; Nicola Toschi - Università Tor Vergata di Roma; Roberta Riccelli - Università Magna Græcia di Catanzaro; Antonio Terracciano - Università della Florida) ha analizzato più di 500 risonanze magnetiche cerebrali ottenute nell’ambito di 'Human Connectome Project', un’iniziativa statunitense di grandi dimensioni che ha l’obiettivo di mappare il funzionamento e la struttura del cervello umano.

Nello specifico, i ricercatori hanno studiato le differenze anatomiche della corteccia cerebrale in più di 500 individui sani attraverso l’uso di tre indici: lo spessore, l’area ed il grado di girificazione o 'ripiegamento' corticale (in altre parole da quante 'fessure' e 'rigonfiamenti' è caratterizzata la superficie cerebrale). Il principale scopo dello studio era valutare come ognuna di queste misure, che caratterizzano la struttura delle diverse aree cerebrali, fosse collegata ai cinque principali tratti di personalità.

Nanocubi per individuare malattie neurodegenerative

Nanocubi per individuare malattie neurodegenerativeIl metodo innovativo utilizza nanocristalli d’argento che, attivati con luce laser, consentono di individuare anche minime tracce molecolari di malattie neurodegenerative. Lo ha messo a punto un team, guidato dall’Ifac-Cnr di Firenze, e formato da ricercatori dell’Imm-Cnr di Catania, dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università di Saratov (Russia). Lo studio è stato pubblicato su Acs Nano

Grazie a una tecnica innovativa è possibile identificare l’‘impronta digitale’ di proteine e biomarcatori quando sono ancora presenti in minime tracce, riuscendo così a effettuare una diagnosi precoce di malattie neurodegenerative, quali l’Alzheimer e il Parkinson.

A metterla a punto, un team di ricercatori dell’Istituto di fisica applicata (Ifac-Cnr), in collaborazione con i colleghi dell’Istituto di microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr), del Dipartimento di chimica e scienze geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università statale di Saratov (Russia). La ricerca è stata pubblicata su Acs Nano.

“La metodologia si basa sull’attivazione laser di nanocristalli (cristalli che hanno dimensioni dell'ordine del nanometro, unità di misura equivalente a un miliardesimo di metro) d’argento a forma di cubo; attivazione che consente di identificare molecole precursori della malattia presenti nei fluidi biologici (sangue, urina, fluido cerebrospinale)”, spiega Paolo Matteini dell’Ifac-Cnr, primo autore del lavoro e coordinatore del team.

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