Ecologia

La NASA studia la guerra nucleare per contrastare l’effetto serra

Guerra nucleareAlan Robock, assieme ad uno staff di ricercatori nordamericani e russi, ha confermato la teoria dell’inverno nucleare. Robock inoltre ha studiato l’introduzione di aerosol in atmosfera per modificare intenzionalmente il clima della terra.

Da tali studi nasce il suo avviso di NON adoperare uno strumento che rischia di creare disastri senza fine, anche dove si optasse per una limitata applicazione locale. Robock mette in guardia non solo rispetto ad una guerra regionale nucleare, ma anche sulle probabili conseguenze in caso di irrorazioni atmosferiche.

La NASA ha voluto approfondire tramite simulazioni al computer l’ipotesi di un dosaggio mirato di esplosioni di bombe nucleari, per comprendere l’effetto sul clima. Più di 2000 test atomici realmente effettuati (anche se poco noti all’opinione pubblica) hanno fornito dati significativi. (1)

Risultato: la simulazione dei ricercatori della NASA porta alla conclusione che una “piccola” guerra nucleare diminuirebbe l’effetto serra del pianeta influendo sul clima terrestre e innescando un raffreddamento globale. La causa sarebbero gli incendi derivati dalle esplosioni. Circa 6 milioni di tonnellate di carbonio andrebbero a depositarsi nella troposfera. Il carbonio assorbendo il calore solare si eleverebbe andando poi a finire nello strato più esterno della nostra atmosfera dove impiegherebbe molto più tempo per abbandonare il cielo.

500 miliardi per risolvere la questione Fukushima

Fukushima30-40 anni e un fiume di miliardi per risolvere la questione Fukushima, sempre se ci si riesce. Con buona pace di “Il nucleare è tanto conveniente".

Riporta Reuters che alcuni esperti hanno effettuato uno studio per tentare di stabilire gli step di chiusura della centrale nucleare di Fukushima, quella distrutta dallo tsunami del 2011 e di cui abbiamo tanto parlato.

È stato il peggior incidente nucleare dai tempi di Chernobyl, e riuscire a capire come chiudere la partita è un problema impellente per il governo giapponese.

Anzitutto si dovrà trovare un modo per sistemare le barre esauste -e non- che si trovano ancora nelle sette piscine: si comincerà nel 2021 e l'intera operazione durerà la bellezza di 30 o 40 anni.

Se si considera che il piccolo robot spedito nei meandri della centrale per esplorarla ha smesso di funzionare dopo pochi mesi, ed è tuttora disperso in combattimento e non si riesce a ritrovare, è comprensibile come agire all'interno di quel luogo pericolosissimo sia un'impresa titanica. Poi c'è la questione dei costi.

Il Giappone affronta un clean-up senza precedenti che, dicono gli esperti, potrebbe costare almeno 100 miliardi di dollari per il decommissionamento dei reattori, e altri 400 miliardi di dollari per risarcire le vittime e decontaminare l'area attorno all'impianto.

In Svezia le foreste e la biodiversità sono in declino

Paesaggio svedeseLe foreste svedesi sono all'orlo del collasso. Non perché manchino gli alberi, ma perché le foreste naturali lasciano oramai il passo a monocolture produttive, con poca o nulla ricchezza di biodiversità.

Il 75 per cento delle popolazioni di specie minacciate, è in declino. Il taglio a raso delle foreste naturali continua su larga scala. Monocolture e taglio a raso sembrano essere l'unica metodologia di gestione forestale accettata in Svezia.

Dato che la monocoltura consiste nel piantare alberi (della stessa specie) è considerata “sostenibile” in quanto in grado di mantenere nel tempo la produttività. Ma una foresta non è soltanto una fabbrica di legno, e la sua gestione, per essere davvero sostenibile, deve mantenerne intatti tutti i servizi, le funzionalità e la biodiversità. Un recente studio pubblicato in Svezia da ricercatori dell'Università di Scienze Agricole e Forestali dimostra come una vasta gamma di specie di alberi per la produzione di legname contribuisce a mantenere i servizi ecosistemici.

I ricercatori hanno verificato, assieme a tasso di crescita degli alberi, sei diversi servizi ecosistemici assicurati offerte dalle foreste (la crescita degli alberi, lo stoccaggio del carbonio, la produzione di frutti di bosco, il cibo per la fauna selvatica, la presenza di legno morto, e la diversità biologica). Il risultato è che “tutti e sei i servizi sono proporzionalmente correlati al numero di specie arboree”, suggerendo che le foreste miste siano in grado di offrire una gamma più ampia di prodotti forestali.

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