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Non è vero che il calcio migliora la salute delle ossa

Non è vero che il calcio migliori la salute delle ossaÈ noto a tutti che assumere più calcio, tramite alimenti o integratori, migliori la salute delle nostre ossa, prevenendo il rischio di andare incontro a fratture, soprattutto in età avanzata.

E invece no.

A smontare questa tesi, arrivano ora due studi apparsi sul British Medical Journal, secondo cui l’assunzione di calcio non solo non migliorerebbe la salute delle nostre ossa, ma non ci sarebbero neanche le prove per cui un aumento del calcio nella dieta ridurrebbe il rischio di fratture.

Per dimostrarlo, alcuni ricercatori hanno confrontato i risultati di oltre quaranta studi, precedentemente pubblicati, scoprendo che il link tra l’assunzione di calcio e l’aumento delle densità dei minerali di cui fa parte nelle ossa non era confermato statisticamente.

Il team di ricercatori ha analizzato i dati disponibili da studi randomizzati controllati e studi osservazionali su donne e uomini di età superiore ai 50 anni.

In uno studio, gli scienziati hanno scoperto che aumentando l’assunzione di calcio, con alimenti o integratori, si verificano piccoli aumenti della densità ossea, in una percentuale (1-2%) però insufficiente per poter pensare a una riduzione clinicamente significativa del rischio di una frattura.

Un tumore si può individuare 4 anni prima che si manifesti

Clicca per ingrandireL’oncologa Patrizia Paterlini Bréchot dirige il centro Inserm a Parigi, ma grazie al suo test, già utilizzato in 20 centri in tutto il mondo e presentato all’Istituto SDN, riesce ad osservare la presenza di cellule neoplastiche, almeno 4 anni prima che si manifesti la malattia.

Non a caso in Italia non se ne è più parlato, ma in Francia la dottoressa Paterlini Bréchot, continua la sua ricerca portando avanti il test che sarà di conseguenza commercializzato, ma non in Italia.

Scoprire la presenza di un tumore quattro anni prima che si manifesti. Grazie a una analisi di laboratorio messa a punto dall’oncologa Patrizia Paterlini Bréchot, a Parigi, dove dirige l’Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) all’Université Descartes, è già possibile da oggi far diagnosi di cancro in netto anticipo rispetto a Tac, Pet e Risonanza.

Il test, già utilizzato in 20 centri in tutto il mondo, è stato presentato ufficialmente, prima volta in Italia, all’Istituto Sdn, nell’ambito del ciclo di incontri “L’infor-mazione al servizio della salute”, ideato dal direttore scientifico Marco Salvatore. La scienziata, emiliana di nascita e da 25 anni in Francia, spiega al quotidiano “La Repubblica” lo stato dell’arte, le possibili applicazioni e gli sviluppi della ricerca sul test Iset (Isolation by Size of Tumor Cells).

Cellulare: il suo utilizzo è un indicatore del grado di depressione

Studio della Northwestern Medicine. Lo smartphone racconta la salute di una persona. Più tempo si passa al telefono e più si è a rischio. Il Gps rivela anche l’isolamento a casa

Si può anche far finta di sorridere, ma il nostro telefonino conosce la verità: in base a quanto lo usiamo, e agli spostamenti che facciamo e che vengono tracciati dal Gps, può sapere se siamo depressi.

È ciò che sostiene uno studio della Northwestern Medicine, secondo cui grazie al cellulare si possono individuare i sintomi della depressione e la sua gravità.

Per gli esperti più tempo si passa al telefono, più è probabile che la depressione sia in agguato. Un altro indicatore è ciò che facciamo durante la giornata: stare molto a casa può essere un segnale della malattia.

Una persona depressa, si legge nello studio pubblicato sul «Journal of Medical Internet Research», trascorre in media 68 minuti al giorno al telefono, durante i quali evita di pensare a ciò che non va, mentre chi non è depresso ha una media di 17 minuti.

Si può ipotizzare la depressione anche se il Gps dello smartphone indica che un individuo trascorre la maggior parte del tempo a casa o in pochissimi luoghi, mostrando una tendenza a isolarsi e la mancanza di motivazione ed energia per uscire.

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