Tumori

Nuovi farmaci per il tumore al seno

Tenere sotto controllo la produzione di estrogeni e quindi la proliferazione delle cellule tumorali del seno con nuovi farmaci che riducano gli effetti collaterali

Nuovi strumenti farmacologici per terapie che combattano i fenomeni di resistenza e riducano gli effetti collaterali nella cura del tumore al seno.

Queste le prospettive aperte da una ricerca condotta dall'Istituto officina dei materiali del Cnr e finanziata dall'Airc. Il lavoro, che ha coinvolto anche Università di Trieste e Istituto nazionale dei tumori di Milano, è pubblicato su European Journal of Medicinal Chemistry

Il 30% delle donne malate di cancro è affetta da un tipo di tumore al seno, particolarmente frequente dopo la menopausa, indotto da un'eccessiva concentrazione di estrogeni, gli ormoni sessuali femminili. Questi vengono prodotti dall'enzima aromatasi e si legano, attivandola, a una particolare proteina, il recettore agli estrogeni (ERa), che a sua volta è responsabile della proliferazione cellulare alla base della malattia.

Approcci terapeutici classici prevedono quindi di inibire l'enzima aromatasi al fine di interrompere la produzione di estrogeni o di bloccare l'azione di quest'ultimi impedendogli di legarsi al recettore ERa. In questo modo ERa rimane inattivo e non può svolgere la sua funzione di trasmissione del segnale di crescita e riproduzione cellulare.

Questi metodi, sebbene abbiano consentito dei grandi passi avanti nella cura dei tumori al seno, manifestano alcuni limiti rispetto ai quali una ricerca condotta dall'Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) e finanziata dall'Airc apre interessanti prospettive.

Nuovo meccanismo delle proteine BRCA1 BRCA2 nella riparazione del DNA

Il nuovo studio dimostra che l’RNA sintetizzato nel sito del danno si appaia al DNA da cui è trascritto, formando una particolare struttura ibrida

In una ricerca condotta nei laboratori dell’IFOM di Milano alcuni ricercatori hanno osservato per la prima volta un nuovo aspetto del meccanismo di reclutamento delle proteine BRCA1 e BRCA2 nella riparazione del DNA.

Sono le strutture ibride di DNA e RNA che si creano dove il DNA è danneggiato ad attrarre i due fattori, che poi cooperano a riparare il danno stesso. Gli scienziati, oltre ad aver chiarito il meccanismo, stanno individuando una strategia terapeutica per intervenire sulla formazione e funzione di questi ibridi tramite l’utilizzo di molecole antisenso. In questo modo si impedirà la riparazione del DNA esistente, attaccando perciò un punto debole della cellula tumorale.

Le proteine codificate dai geni BRCA1 e BRCA2 hanno un ruolo importante e riconosciuto: mantengono la stabilità del genoma e in particolare contribuiscono a riparare il DNA quando è danneggiato. In caso di mutazioni in BRCA1 e BRCA2, l’organismo è esposto all’accumulo di difetti non riparati nel DNA e alla potenziale conseguente formazione di neoplasie tumorali, tra cui i principali sono tumori femminili di mammella e ovaio.

Nonostante il ruolo delle proteine BRCA1 e BRCA2 nella riparazione del DNA sia da tempo noto, il meccanismo del loro intervento era ancora oscuro. Una scoperta fatta dal gruppo di Fabrizio d’Adda di Fagagna dell’Ifom di Milano e dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm), nel solco delle ricerche sulla caratterizzazione del ruolo dell’RNA nella risposta cellulare al danno al DNA, ha svelato un nuovo aspetto di tale modalità di intervento e ha individuato una potenziale prospettiva terapeutica.

Per capire come si sia arrivati a questa scoperta bisogna partire da due ricerche precedenti in cui il laboratorio di d’Adda di Fagagna ha messo in evidenza per la prima volta che l’RNA ha un ruolo fondamentale nella protezione del DNA: dove il DNA è danneggiato sono prodotte delle molecole di RNA che contribuiscono al riconoscimento e alla riparazione della lesione stessa (i risultati sono stati pubblicati rispettivamente su Nature (1) nel 2012 e su Nature (2) Cell Biology nel 2017).

La comprensione del microbioma per fermare il cancro al colon

L'obiettivo di questa ricerca è quello di scoprire nuovi trattamenti contro il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto

I dati sulla diffusione del cancro del colon-retto sono sconcertanti: nel 2018, è stato il terzo tumore più comunemente diagnosticato negli Stati Uniti e i dati indicano che i giovani adulti interagiscono sempre di più con questa patologia.

Con lo scopo di aiutare a sviluppare nuovi trattamenti e misure preventive per fermare la malattia, Cancer Research UK ha assegnato circa 26 milioni di dollari a un team di ricercatori di Harvard T.H. Chan School of Public Health, Dana-Farber Cancer Institute e Harvard Medical School. Il finanziamento, annunciato alla fine dello scorso mese di gennaio, fa parte del progetto Grand Challenge del Cancer Research UK, un'iniziativa di finanziamento internazionale che mira a rispondere ad alcune delle maggiori questioni che riguardano la ricerca sul cancro.

Il team concentrerà i suoi sforzi per comprendere come il microbioma - una raccolta di trilioni di microrganismi che si trovano nel nostro corpo - influisce sullo sviluppo del cancro del colon-retto. Il gruppo di lavoro cercherà anche soluzioni strategiche per manipolare il microbioma al fine di prevenire e curare meglio il cancro del colon-retto.

La dottoressa Wendy Garrett, professoressa di immunologia e malattie infettive presso la Harvard Chan School e uno degli investigatori principali della squadra, (1) ha dichiarato: “Il colon è l'ambiente microbico più densamente popolato del pianeta. Abbiamo riunito un team globale con un interesse permanente per il microbioma e il suo enorme impatto sulla salute umana. Abbiamo già identificato alcuni tipi di batteri che sembrano associati a un rischio maggiore di cancro del colon-retto, ma questa è solo la punta dell'iceberg. In questo progetto speriamo: di capire in che modo il microbioma influenza la risposta del cancro al trattamento; di sviluppare nuovi trattamenti che alterano il microbioma; di esplorare come l'ambiente esterno di una persona possa influenzare il rischio di microbioma e cancro del colon-retto.”

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