Economia

I paesi ricchi depredano i paesi poveri

Economia mondiale"Land grabbing". Ecco una nuova forma di colonialismo. L'espressione è stata creata nel 2011 dall'International Land Coalition, un'organizzazione fondata nel 1995 in Belgio. Terreni fertili, risorse comprese, acquisiti o presi in affitto dai Paesi ricchi in quelli poveri.

Con l'aggravante che un ettaro di terreno può costare solo uno o due dollari all'anno. Meno di un trancio di pizza. Intere regioni del mondo cedute così a prezzi ridicoli.

Ne ha parlato nei giorni scorsi il “Corriere della sera" citando una ricerca pubblicata da Pnas alla quale ha collaborato anche Cristina Rulli, docente del Politecnico di Milano.

Lo studio si occupa per la prima volta di questa questione dal punto di vista agro-idrologico, calcolando cioè il rapporto tra i terreni acquisiti e la quantità d'acqua indispensabile per la coltivazione estensiva.

I risultati? Tutt'altro che positivi. Ma partiamo dall'inizio: ormai da una decina d'anni, la domanda nel mondo di cibo e di biocarburanti è in aumento. E gli Stati con le tasche piene, ma che per svariate ragioni non hanno a disposizioni adeguate estensioni di terreno, vanno all'estero per acquistare o affittare terra da sfruttare per la produzione di cibo. Nel mirino è finito, ad esempio, il Madagascar, la cui metà dei terreni agricoli (1.300.000 ettari) è stata comprata dalla Corea del Sud, e verrà usata per le coltura di mais e palme da olio.

Ma anche Cina, Giappone e Arabia Saudita stanno allargando, per così dire, i loro confini. Arriviamo al dunque: per comprare un terreno, però, non si chiama in causa la gente che ci abita.

In Italia le banche beneficiano dell'immunità fiscale

UnicreditLa sentenza, c’è da scommetterci, farà discutere. Secondo la Corte di Cassazione per le banche e le grandi società “ben può parlarsi di una vera e propria impunità fiscale” dato che “l'attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari" è “inefficace e evidenzia una disparità di trattamento in riferimento alla previsione della confisca”.

I magistrati, insomma, non avrebbero armi per sottrarre a banche e società i frutti dell’evasione fiscale. Tutto è partito dalla vicenda Brontos, l’operazione di swap in lire turche fatta da Unicredit con Barclays e che secondo i magistrati avrebbe comportato un evasione fiscale di 245 milioni di euro.

La banca, all’epoca guidata da Alessandro Profumo, ha patteggiato con il Fisco versando 260 milioni circa per chiudere tutte le pendenze con l’Agenzia delle Entrate. Ma processo penale e processo tributario in Italia, hanno strade parallele ma separate. Dunque chiudere i conti con il Fisco non significa mettersi a posto anche con i magistrati.

La procura di Milano aveva sequestrato ad Unicredit 245 milioni di euro “per equivalente”. Una norma cautelare (un po' come la carcerazione preventiva, ma che a differenza di questa non ha scadenze) che permette di congelare il presunto provento dell’illecito. La somma era stata liberata dal riesame, ma la procura aveva fatto ricorso in Cassazione. Che ha respinto la richiesta. Ma a sorprendere sono le motivazioni depositate oggi.

Con la moneta elettronica ci guadagnano solo ed esclusivamente le banche

Cento EuroDomanda facile, il passaggio alla moneta elettronica ha un solo grande vincitore: le banche.

Non credo possano esserci dubbi sulla questione, ciò che è meno noto è quanto sia la ricchezza che ci verrebbe espropriata se la libera circolazione e l’utilizzo del contante venisse vietata per legge o ulteriormente compressa.

Prendiamo alcuni dati di partenza:

1) 100€ … trasformati in impulsi digitali.

2) Le commissioni “normali” che ciascun negoziante paga al sistema bancario per l’utilizzo di un POS, la macchinetta che legge i bancomat e le carte di credito. Prendiamo ad esempio il Banco Posta (il negoziante poi ve le ribalterà sul prezzo del bene acquistato, non esistono pasti gratis.):

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