Ecologia

La storia delle foreste islandesi abbattute dai Vichinghi

IslandaCome trovare l’uscita da una foresta islandese? Basta alzarsi in piedi. È la vecchia battuta sulle minuscole foreste del paese, che infatti ricoprono appena il 2 per cento della sua superficie nazionale.

Ma non è sempre stato così. Quando i primi vichinghi sbarcarono sull’isola la trovarono coperta di foreste. Secondo un'antica prime saga, “a quel tempo, l'Islanda era coperta di boschi, tra le montagne e la riva”.

Ma i vichinghi cominciarono prontamente ad abbattere le foreste per fabbricare navi, e a dissodare il suolo per farne campi e pascoli. “Così hanno eliminato il pilastro dall'ecosistema”, spiega al New York Times Gudmundur Halldorsson, ricercatore del Soil Conservation Service island.

E non basta. I vichinghi hanno anche importato pecore nell’isola, che hanno impedito la ricrescita degli alberi “Il pascolo ovino ha impedito la rigenerazione delle betulle dopo il taglio e l'area boschiva ha continuato a ritirarsi”, spiega il Servizio forestale islandese. In passato la scomparsa delle foreste è stata imputata a una specie di la piccola era glaciale, o alle eruzioni vulcaniche, ma la più recente ricerca ha individuato il vero responsabile: l’uomo.

In questo pianeta difendere le foreste può costare la vita. Nel 2016 uccise oltre 200 persone

DeforestazioneQuasi quattro persone alla settimana sono state assassinate nel 2016, perché difendevano le loro foreste, i loro orti o i loro fiumi dalle compagnie dello sfruttamento forestale, minerario o agricolo. E’ quanto denuncia un rapporto di Global Witness pubblicato di recente. Oltre 200 persone sono state uccise nel 2016, con una crescita netta del fenomeno (rispetto alle 185 dell’anno precedente) e una diffusione sempre più estesa, con 24 paesi coinvolti, rispetto ai 16 segnalati nel 2015.

Il rapporto riferisce la triplicazione degli omicidi in India, dove la brutalità della polizia è il principale fattore.

L'America Latina resta la regione più colpita, con il 60% degli omicidi.

La difficoltà nel reperire informazione lascia però sospettare che il numero reale degli omicidi sia ben più alto. L'omicidio solo è la punta dell’iceberg di una ben più vasta serie di metodologie utilizzate per mettere a tacere i difensori delle terre comuni, che vanno dalle minacce di morte, agli arresti, alle violenze sessuali, ai rapimenti e alle azioni legali aggressive.

“Mi minacciano per farmi tacere. Ma io non posso tacere. Non posso restare in silenzio di fronte a quello che sta accadendo al mio popolo. Ci battiamo per le nostre terre, per la nostra acqua, per la nostra vita", ha spiegato Jakeline Romero a Global Witness. Jakeline è una attivista indigena colombiana che ha affrontato anni di minacce e intimidazioni per aver denunciato gli impatti devastanti della più grande miniera a cielo aperto del mondo, El Cerrejón. Di proprietà di imprese quotate e Londra, BHP Billiton e Anglo-american, il progetto è stato accusato di aver distrutto le falde acquifere e causato deportazioni di massa. Ma il management locale, come sempre accade in questi casi, ha negano gli impatti e accusato gli attivisti di violenze.

"Questi rapporti raccontano una storia molto triste. La battaglia per proteggere il pianeta si sta rapidamente intensificando e il costo si conta nel numero di vite umane sacrificate. Sempre più persone, in sempre più più paesi, sono state lasciate senza altra scelta che battersi contro il furto delle loro terre e la distruzione del loro ambiente. Troppo spesso vengono brutalmente messi a tacere dalle élite politiche e economiche, mentre gli la polizia e i finanziatori fanno finta d non vedere ", spiega Ben Leather, di Global Witness.

Quasi il 40% degli omicidi è ai danni di indigeni, poiché la terra che hanno abitato per generazioni è stata rubata da imprese, latifondisti o da consorzi statali. I progetti vengono imposti alle comunità senza chieder loro previo e informato consenso, e l'inizio dei lavori è accompagnato dal presidio di polizia ed esercito. Questi ultimi sono responsabili di almeno 43 omicidi. Le proteste sono spesso l'unica opzione rimasta alle comunità proteggere il loro ambiente.

I nove punti del disastro ambientale globale

Cambiamenti climaticiCarestia, collasso economico, un sole che ci cuoce: cosa possono infliggerci i cambiamenti climatici – più presto di quello che pensiamo.

1. Il giorno del giudizio

Sbirciando oltre le reticenze scientifiche…

E’ peggio di quello che pensate, ve lo assicuro. Se le vostre preoccupazioni sul riscaldamento globale sono dominate dalla paura per l’innalzamento del livello del mare, state appena scalfendo la superficie dei terrori possibili, anche riferendosi al tempo di vita di un teenager di oggi. E si che il rigonfiarsi dei mari – e le città che affogheranno – hanno dominato l’immagine del riscaldamento globale, e così travolto la nostra capacità di panico climatico, impedendoci di percepire altre minacce, molto più a portata di mano. L’innalzamento degli oceani è una brutta cosa, in effetti molto brutta; ma fuggire dalle coste non sarà sufficiente.

Di certo, non essendoci un adeguamento significativo del modo di vivere di miliardi di persone, parte della Terra diventerà probabilmente pressoché inabitabile, e l’altra parte terribilmente inospitale, prima della fine del secolo.

Anche quando abbiamo l’occhio allenato ai cambiamenti climatici, non riusciamo a comprendere il suo scopo.

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