Società

Feste natalizie: NON SPRECHIAMO IL CIBO!

Cibo sprecatoIl 30% del cibo prodotto viene sprecato e se le emissioni di gas serra derivanti dallo spreco di cibo fossero assimilabili a quelle di un paese, si tratterebbe del terzo emettitore al mondo come entità, dopo USA e Cina.

L'impatto sull'ambiente dello spreco alimentare è pesantissimo, più di quanto forse tanti immaginano. A fare conti e stime è il rapporto della FAO.

Dal rapporto FAO Global food losses and waste. Extent, causes and prevention emerge che va sprecato il 30% del cibo prodotto.

Lo spreco proviene da tutte le fasi della filiera:

produzione agricola primaria (inclusi gli allevamenti di animali), trasporto e stoccaggio dei prodotti primari, lavorazione degli stessi, distribuzione del prodotto finito alle rivendite e da queste ai consumatori, consumo, rifiuto dei residui.

Nella stima FAO non sono considerate altre fonti di cibo tranne quelle terrestri, evidentemente tralasciando la parte marina.

Circa 1 miliardo di abitanti del pianeta è sotto-alimentato e il quantitativo di cibo sprecato ne potrebbe alimentare circa 2 miliardi, quindi occorre veramente agire su questo fronte.

Riflessioni sul fenomeno immigrazionista

ImmigrazioneE’ in atto una trasformazione epocale, in cui la nostra società così come l’abbiamo conosciuta finora, potrebbe presto scomparire grazie ad una globalizzazione che sta proseguendo spedita, assieme all’attacco finale contro gli stati nazionali.

Essi sono per definizione costituiti da popolo, territorio e sovranità, tre elementi ormai in via di profonda modificazione, se non di estinzione. Una sovranità ormai completamente sostituita da un virulento potere finanziario, da interessi stranieri e da istituzioni sovranazionali spesso non elette da nessuno. Un territorio che non appartiene più al suo popolo ma è diventato libera terra di conquista, vendita e installazione di teste di ponte straniere. Rimane da estirpare il primo punto, ovvero il popolo autoctono, e lo si sta facendo tramite l’immigrazione di massa.

Qui di seguito sono riassunte le armi che ancora rimangono per combattere questa deriva, utili in primo luogo a mettere in luce i danni e le contraddizioni dell’ideologia immigrazionista. Fatene buon uso!

1) “Gli immigrati sono una risorsa”

Qualsiasi persona che decida di trasferirsi in un altro Paese deve mantenersi, e può farlo solo in tre modi:

Spettro povertà ed esclusione sociale per 17,5 mln di italiani

Povertàl dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014, ma peggiorano le condizioni delle famiglie con almeno 5 componenti

La fotografia scattata dall'istat sulla povertà in Italia è impietosa: oltre uno su quattro è a rischio, con dati drammatici al Sud del Paese, dove la percentuale si avvicina a metà della popolazione. Di più, la diseguaglianza tra i redditi dei ricchi e dei poveri è tra le maggiori in Europa. Il 'metro' per misurare la situazione è la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020, ovvero deve verificarsi almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro.

I DATI - Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale. La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).

Si rilevano segnali di peggioramento tra chi vive in famiglie con almeno cinque componenti (dal 40,2% al 43,7%) e, in particolare, tra chi vive in coppia con almeno tre figli (da 39,4% a 48,3%, pari a circa 2.200.000 individui). Tale peggioramento è associato ad un incremento sia del rischio di povertà (+7,1%) sia della grave deprivazione materiale (+3%). Per gli stessi individui si osserva, invece, un miglioramento per la bassa intensità lavorativa (che passa dal 14,6% al 12,4% tra gli individui delle famiglie numerose e dal 14,1% all'11,4% tra le coppie con almeno tre figli).

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