Società

In Ecuador 400 indigeni della tribù Kitchwa sono pronti a fare la guerra al petrolio

Membro della tribu kitchwaSono pronti a combattere con le cerbottane contra le armi da fuoco. I 400 indigeni della tribù Kitchwa vivono bel cuore del Parco Nazionale delle Yasuni, in Ecuador, che la Chevron Oil si prepara a invadere. La compagnia mira a mettere le mani sui 70 mila ettari di foresta pluviale, dove sono state identificate risreve petrolifere per un valore di 7,2 milioni di dollari. "Combatteremo fino alla morte. Ognuno di noi difenderà il proprio territorio" sostengono gli indigeni".

La comunità ha deciso di rifiutare un'offerta della compagnia petrolifera perché preoccupata per gli effetti a lungo termine dell'attività estrattiva sull'ambiente. Di recente, inoltre, si è saputo che il capovillaggio, senza alcuna autorizzazione, avrebbe firmato per conto suo un contratto che dava il via libera alle prospezioni.

Il documento lascia cadere tutte le precedenti offerte di costruire una nuova scuola e garantire agli abitanti del villaggio l'assistenza sanitaria e prevede un indennizzo di appena 40 dollari per ettaro. Ma più dell'80 per cento degli indigeni è contrario alle ricerche petrolifere e pronto a battersi con le armi per salvare paesaggi che ricordano il pianeta "Pandora" di "Avatar".

"Se ci sarà uno scontro fisico - ammette lo sciamano Patricio Jipa- finirà certamente in tragedia, Noi possiamo solo morire per difendere la foresta. Preferiremmo la resistenza passiva, ma in questo caso non è più possibile. Non saremo noi a iniziare, ma tenteremo di fermarli e poi accadrà quel che deve accadere".

Le fabbriche cinesi di iPad impiegano ancora tanti minorenni

FoxconnQuesta volta è Apple stessa che anticipa la stampa e racconta la situazione nelle fabbriche cinesi dove si producono e assemblano componenti e dispositivi come iPad e iPhone.

Il report riferito al 2012 rivela di 106 casi di lavoratori minorenni (spesso proprio bambini) sotto i 16 anni d’età impiegati illegalmente nelle catene di montaggio.

Di questi, ben 74 erano concentrati presso uno stabilimento che è stato poi immediatamente depennato dall’elenco dei fornitori. Il titolo del report è “Responsabilità dei fornitori” e racconta all’istante la posizione in cui si mette Apple: la responsabilità di questi scempi è delle aziende manifatturiere e Cupertino – in questo senso – si pone come vittima.

Tim Cook – l’AD – sta combattendo da tempo il fenomeno, ma al momento della scelta delle aziende manifatturiere si era ben consci della situazione dei lavoratori (non solo quelli minorenni).

Apple e Foxconn: condizioni lavorative estreme per produrre iPhone 5

Apple e Foxconn ancora al centro delle critiche: questa volta viene attaccata la Fair Labor Association ossia l’associazione che dovrebbe monitorare su e tutelare i diritti dei lavoratori.

I paesi ricchi depredano i paesi poveri

Economia mondiale"Land grabbing". Ecco una nuova forma di colonialismo. L'espressione è stata creata nel 2011 dall'International Land Coalition, un'organizzazione fondata nel 1995 in Belgio. Terreni fertili, risorse comprese, acquisiti o presi in affitto dai Paesi ricchi in quelli poveri.

Con l'aggravante che un ettaro di terreno può costare solo uno o due dollari all'anno. Meno di un trancio di pizza. Intere regioni del mondo cedute così a prezzi ridicoli.

Ne ha parlato nei giorni scorsi il “Corriere della sera" citando una ricerca pubblicata da Pnas alla quale ha collaborato anche Cristina Rulli, docente del Politecnico di Milano.

Lo studio si occupa per la prima volta di questa questione dal punto di vista agro-idrologico, calcolando cioè il rapporto tra i terreni acquisiti e la quantità d'acqua indispensabile per la coltivazione estensiva.

I risultati? Tutt'altro che positivi. Ma partiamo dall'inizio: ormai da una decina d'anni, la domanda nel mondo di cibo e di biocarburanti è in aumento. E gli Stati con le tasche piene, ma che per svariate ragioni non hanno a disposizioni adeguate estensioni di terreno, vanno all'estero per acquistare o affittare terra da sfruttare per la produzione di cibo. Nel mirino è finito, ad esempio, il Madagascar, la cui metà dei terreni agricoli (1.300.000 ettari) è stata comprata dalla Corea del Sud, e verrà usata per le coltura di mais e palme da olio.

Ma anche Cina, Giappone e Arabia Saudita stanno allargando, per così dire, i loro confini. Arriviamo al dunque: per comprare un terreno, però, non si chiama in causa la gente che ci abita.

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