Degrado ambientale

Indonesia “Zero Deforestazione”. I conti non tornano...

Deforestazione in IndonesiaCirca un terzo del legname utilizzato dall'industria forestale in Indonesia nel 2014 proviene dall’abbattimento delle foreste pluviali o di altre fonti illegali, secondo uno studio pubblicato dal centro ricerche Forest Trends e dalla tre indonesiana Anti Forest-Mafia Coalition.

Con le due principali imprese cartarie che vantano politiche di “Zero Deforestazione”, i conti non tornano. Secondo il rapporto, l’anno scorso, il legname di origine illegale ha superato di ben 20 milioni di metri cubi le forniture legali.

Lo studio si basa sui dati del Ministero delle foreste, e sostiene che il paese non dispone di piagnoni abbastanza estese per allineare la capacità produttiva dell’industria.

Lo studio dimostra l'inefficacia della moratoria sancita dal governo sui permessi di nuove concessioni. Il nuovo presidente indonesiano Joko Widodo, insediatosi lo scorso ottobre, ha promesso di ripristinare le foreste degradate, ma poi ha unificato i ministeri delle foreste e dell'ambiente e ha sciolto l'agenzia incaricata di ridurre le emissioni causate dalla deforestazione.

In 11 aree l’80% della deforestazione mondiale

Clicca per ingrandireSono undici are in tutto il mondo quelle in cui si concentra l’ottanta per cento della deforestazione. Dieci di queste si trovano ai tropici.

Le aree a rischio sono l’Amazzonia, la foresta atlantica, Gran Chaco, le foreste del Borneo, il Cerrado, il Choco-Darien, il bacino del Congo, le boscaglie dell’Africa Orientale, l’Australia orientale, il Grande Mekong, la Nuova Guinea e Sumatra. Questi ecosistemi sono tra i più ricchi al mondo di fauna selvatica, e ospitano le specie in via di estinzione, come oranghi e tigri.

Tutte queste aree sono essenziali per le popolazioni indigene che le abitano.

Fino a 170 milioni di ettari di foresta rischiano di essere perduti tra il 2010 e il 2030 lungo la linea del “fronte della deforestazione", se non verranno adottate misure per invertire il trend.

E’ quanto emerge dalla ricerca del WWF. “Immaginate un bosco che si estende in tutta la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo spazzato via nel giro di 20 anni”, dice Rod Taylor, del WWF. “Dobbiamo scongiurare questo rischio e salvare le comunità e le culture che dipendono dalle foreste, e assicurare che le foreste continuino ad immagazzinare carbonio, filtrare la nostra acqua, il legno di fornitura e di fornire l'habitat per milioni di specie”.

Oceani distrutti dall'uomo

Sacchetti di plastica in mareSono un ammiratore delle inchieste di Dahr Jamail. In questo articolo, Oceani in crisi, Jamail ci dice che stiamo perdendo gli oceani. Parla della distruzione degli oceani da parte dell’uomo.

È una distruzione reale, con conseguenze ad ampio spettro.

Il fatto è inequivocabile.

Dal mio punto di vista la distruzione degli oceani da parte dell’uomo è un ulteriore sintomo della natura rovinosa del capitalismo privato. Nel capitalismo non c’è alcun pensiero volto al futuro del pianeta e dell’umanità, solo per i bonus e i profitti a breve termine. Di conseguenza i costi sociali sono ignorati.

Il capitalismo può funzionare se i costi sociali ed esterni possono essere inclusi nei costi di produzione. Però le compagnie più potenti possono bloccare un capitalismo socialmente funzionante grazie ai loro contributi alle campagne politiche.

Di conseguenza, sono i capitalisti stessi a fare del capitalismo un sistema disfunzionale. Potremmo aver raggiunto il punto in cui i costi esterni di produzione sono maggiori del valore del tornaconto capitalista. L’economista Herman Daly ha fatto un caso studio su questo punto.

Mentre i potenti capitalisti usano l’ambiente per se stessi come una discarica gratuita, i costi accumulati minacciano la vita di tutti.

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